Dopo la sceneggiata di Palermo, Garibaldi, massoni, mafiosi e mercenari cominciano a mostrare il vero volto: quello di chi è piombato in Sicilia per conto di una monarchia di falliti (i Savoia). I garibaldini depredano l’Isola e impongono la coscrizione obbligatoria togliendo i giovani all’agricoltura
Intanto il vento cambia un po’. Il solito Giuseppe Cesare Abba non capisce, ma registra:
“Questo popolo che ci ha fatta la luminara la notte del 25 maggio quando eravamo pochi e con poche speranze, adesso non ci riconosce più. Ma che abbiamo fatto?”.
Bestia! Che cosa avete fatto? Glielo spiega fra Pantaleo da Castelvetrano, il monaco guerriero:
“Questa gente ci si è fatta nemica per la coscrizione decretata dal Dittatore”.
Altra bestia! E si capisce! Chi andrà a lavorare nelle campagne se si deve fare obbligatoriamente il servizio militare? E in una terra di contadini in cui figli sono tutto, che si fa? Si abbandonano le campagne? Che testa l’eroe dei due mondi! Però a Salemi, nei suoi proclami, di questo non aveva parlato!
Ma il peggio deve ancora venire, quando si tratterà di mantenere una promessa fatta: la terra a chi la lavora.
La compagnia si divide. Una parte dei mille più mille si dirige verso l’interno della Sicilia, con l’obbiettivo di raggiungere Catania; un’altra, guidata da Garibaldi, orbita sulla Sicilia tirrenica.
I Borboni sono scomparsi (ma vi rendete conto?). Ma anche i siciliani.
Ancora Abba:
“. . . i soldati vanno e vengono per le vie sudice (grazie!). Cittadini se ne vedono pochi, scamiciati, indifferenti. Però, scrive, è sempre la stessa storia. Se un borgo ci accoglie bene, quello che viene dopo ci tiene il broncio, poi l’altro appresso torna a far festa”.
Se oltre a saperli descrivere, capisse che nei paesi in festa sono presenti quello che vogliono che tutto cambi perché nulla cambi, avrebbe la risposta.
Misilmeri (brutta accoglienza), Villafrati (scaramuccia con picciotti di sgarro), Roccapalumba (in campagna, un deserto che vive, il paese in festa). Alia, Vallelunga, Santa Caterina, Resuttano (con siparietto di un tribunale militare con annesse esecuzioni) e Caltanissetta.
“Fatti i conti – osserva Abba – dei siciliani che ci seguirono da Palermo in qua, un mezzo centinaio se ne sono già andati…”.
Viva la rivoluzione! Viva il popolo!
Fine settima puntata/ continua
Garibaldi e i Mille in Sicilia 3/ Lo sbarco a Marsala? Un affare di inglesi, massoni e mafiosi
Garibaldi e i Mille in Sicilia 2/ La storia del primo tradimento: il brigadiere Francesco Cossovich
Garibaldi e i Mille in Sicilia 1/ La partenza da Quarto: già venduti ai Savoia prima di imbarcarsi
Foto tratta da Il Talebano