In questo articolo proviamo a raccontare come l’Unione europea, con l’avvento della moneta unica, ha impoverito l’Italia. L’attacco dell’Europa alla sanità italiana certificato dalla Corte dei Conti. Il tentativo di gruppi esteri – in parte tedeschi – di mettere le mani sull’Italia. L’attacco all’agricoltura, a partire dal Sud Italia, per togliere ai meridionali e siciliani il controllo di grano duro e olio d’oliva extra vergine
di Economicus
Il direttore de I Nuovi Vespri mi ha chiesto di scrivere un articolo nel quale dovrei illustrare, possibilmente con parole semplici, il perché l’Unione europea sta affossando l’economia italiana. Confesso che la richiesta mi è stata notificata quando è iniziata la sceneggiata sul Recovery fund; e confesso anche che, da allora, prendo tempo perché non so da dove iniziare. Oggi ho deciso di provarci, anche per l’insistenza del direttore.
Allora, cominciamo da quello che sta succedendo in questi giorni e che è sotto gli occhi di tutti. Tutti i Paesi del cosiddetto Occidente industrializzato sono stati colpiti dal Coronavirus o COVID-19. Ma, se ci avete fatto caso, solo in Italia è successo un fatto estremamente grave: milioni di persone chiuse in casa lasciate senza aiuto da parte dello Stato.
CORONAVIRUS: MANCATI AIUTO IN ITALIA – Sia chiaro: la disoccupazione è esplosa in tutte le aree del mondo colpite dal virus. Ma se si fa un raffronto tra l’Italia e il resto d’Europa, o tra l’Italia e altri Paesi industrializzati del mondo, ebbene solo in Italia si registrano difficoltà economiche enormi per milioni di persone.
Questo blog, nei giorni scorsi, ha raccontato come si sta affrontando l’emergenza economica in Germania, dove il sostegno dello Stato a famiglie e imprese è stato costante.
In Italia, invece, la costante è stata rappresentata dalle chiacchiere televisive del capo del Governo, Giuseppe Conte, e dai provvediment farlocchi, dai 400 miliardi di euro di prestiti bancari-flop alla Cassa integrazione-fantasma, dai 600 euro che molti italiani in difficoltà ancora non hanno visto fino alla farsa prima degli Eurobond e, adesso, del Recovery fund.
La verità è che l’Italia, economicamente parlando, è con il culo a terra ed è governata da soggetti che non hanno né la credibilità, né la forza per opporti a un’Unione europea di affaristi e strozzini.
La citata vicenda del Recovery fund è emblematica non solo del nullismo politico dell’Italia e del suo Governo, ma anche dell’atteggiamento di un’Unione europea che si prende gioco dell’Italia anche in un momento drammatico.
Come abbiamo scritto più volte, il Recovery fund è un fondo – ancora tutto da definire – che diverrà operativo (ammesso che diventi operativo) nel marzo del prossimo anno. Ma in Italia l’emergenza è adesso. I soldi per far ripartire l’economia italiana servono oggi, non tra un anno!
Stiamo entrando nel cuore del perché l’Europa dell’euro sta affossando l’Italia. Ovviamente, non possiamo raccontare quasi vent’anni di storia della moneta unica europea. Semplificando, possiamo ricordare cosa avvenne in Italia nel Gennaio del 2002, quando l’euro ha sostituito la vecchia lira.
COME L’EURO HA RIDOTTO L’EXPORT ITALIANO – Chi ha un po’ di memoria ricorderà che tantissime imprese italiane, nel giro di 24 ore, da competitive nell’esportazione di prodotti si ritrovarono svantaggiate, perdendo quote di mercato importanti. Perché? perché chi aveva trattato ed accettato il cambio-lira-euro non aveva fatto gli interessi dell’Italia, ma della Germania.
L’euro è una moneta che è stata pensata per favorire le esportazioni della Germania. Come ha reagito l’economia italiana all’euro? Il dato positivo è l’Italia si è liberata in parte della Fiat. Contrariamente a quello che hanno cercato di far credere, l’industria automobilistica, in Italia, è sempre stata scadente. Se è sopravvissuta, questo è stato possibile grazie a un fiume di denaro pubblico.
Forse se nella seconda metà degli anni ’80 i giapponesi avessero acquisito l’Alfa Romeo, il destino dell’industria automobilistica italiana sarebbe cambiato. Ma il Governo Craxi, alla fine, ha ceduto alla Fiat, comportandosi peggio di come si comportavano i democristiani e i comunisti.
La Fiat, dicevamo, ha in parte lasciato l’Italia. Ma mantiene ancora un piede nel nostro Paese, continuando a drenare denaro allo Stato italiano: basti pensare alle polemiche sul prestito da 6,3 miliardi di euro di cui ho scritto qualche settimana fa.
C’è, poi, il problema dei problemi: la gestione della moneta europea da parte dei tedeschi. In un sistema economico la moneta è tutt’altro che neutra. Senza il controllo della moneta il governo dell’economia diventa problematico. Se poi – come accade in questa assurda Unione europea – un solo Paese, cioè la Germania, controlla la moneta europea a proprio uso e consumo, tutto diventa difficile, se non impossibile.
IL RICATTO DEL DEBITO PUBBLICO – Di fatto, da oltre un quindicennio, il nostro Paese vive sotto ricatto. E la responsabilità è di chi ha ‘infilato’ l’Italia in un sistema monetario gestito con ferree regole di strozzinaggio: un sistema imperniato sul ricatto permanente sul debito pubblico.
Fino ad oggi l’Italia ha già pagato oltre 4 mila miliardi di euro di interessi su debito. Una somma enorme che è maggiore dell’attuale debito pubblico, che supera di poco i 2 mila e 400 miliardi di euro.
E’ interessante notare quanto avvenuto nell’economia italiana e nella sanità italiana dal 2011 ad oggi. Nel Novembre del 2011 il debito pubblico italiano si attestava intorno a mille e 800 miliardi di euro. Oggi, dopo enormi sacrifici chiesti agli italiani – si pensi ai tagli al sistema sanitario, alla mancata sostituzione dei medici (i medici che operano nel sistema sanitario pubblico italiano sono tra i più anziani in Europa) – dopo l’IMU, dopo la sostanziale scomparsa delle Province, dopo ai tagli ai Comuni – il debito pubblico italiano è aumentato in nove anni di oltre 700 miliardi di euro!
Questo dato dovrebbe fare riflettere: l’Italia è diventata più povera, ma il debito pubblico, contemporaneamente, è cresciuto (prima dell’esplosione del Coronavirus in Italia si contavano 13 milioni di poveri, di cui 5 milioni indigenti: oggi con la crisi economica provocata dal Coronavirus si è perso il conto, tra perdita netta di posti di lavoro, titolari di partite IVA in grandissima difficoltà, per non parlare del sistema delle piccole e medie imprese e delle industrie turistiche).
E’ ancora più interessante quello che scrive la Corte dei Conti. I giudici contabili dicono che i morti causati in Italia dall’emergenza Coronavirus vanno messi in relazione anche ai tagli operati alla sanità italiana a causa dei vincoli imposti dall’Unione europea.
“La Corte dei Conti – scrive Scenarieconomici.it – al contrario dei vari governi che si sono susseguiti, ha avuto il dubbio che proprio la progressiva chiusura degli ospedali sia stata la causa della maggiore mortalità dovuta alla COVID-19. Un pensiero che è corso per la mente di buona parte degli italiani, i quali dovrebbero anche chiedersi come mai si è scelto di tagliare ospedali, di non mandare in pensione i medici, e di spedire all’estero personale perfettamente formato. Il motivo è semplice e si chiama ‘Vincoli Strutturali di Bilancio’; cioè l’insieme di norme e leggine imposte dall’Unione, dai vincoli di Maastrich ai Patti di stabilità e de-crescita, che hanno condizionato le politiche fiscali e le scelte dei governi degli ultimi 30 anni. Dispiace dirlo, ma la causa di molti morti non è negli ospedali, ma negli ovattati uffici di Bruxelles, Strasburgo e Francoforte”.
LA UE IMPOVERISCE L’ITALIA – E’ evidente che l’Unione europea massacra l’Italia. E’ evidente che se la sanità pubblica si è trovata impreparata a gestire l’emergenza Coronavirus, ciò è stato causato dai tagli imposti dall’Unione europea.
Finiranno le ruberie della Ue ai danni dell’Italia? Assolutamente no! Gli italiani – se l’Italia resterà nella Ue – continueranno ad essere derubati fino a quando rimarranno titolari del proprio risparmio: conti correnti bancari e postali, fondi comuni d’investimento altre forme di risparmio.
Attenzione: l’obiettivo della Ue non è solo quello di impossessarsi del risparmio degli italiani. Vogliono altro. Cosa? Intanto vogliono continuare a fare incetta di aziende e asset italiani. Vogliono gestire le coste italiane e vogliono impossessarsi della gestione dei beni culturali. E, soprattutto, vogliono togliere l’agricoltura agli italiani.
L’attacco all’agricoltura italiana non si sostanzia solo nei Regolamenti che penalizzano gli agricoltori. Il grimaldello con il quale la Ue a ‘trazione’ tedesca contava di distruggere l’agricoltura italiana è la Grande distribuzione organizzata.
Cominciate a chiedervi il perché la Lidl – colosso tedesco della Grande distribuzione organizzata – si è piazzata in Italia e, soprattutto, in Sicilia.
Il progetto dei tedeschi è di impossessarsi di parti strategiche dell’agricoltura italiana a partire dal Sud e dalla Sicilia. Proviamo a illustrare che cosa sta succedendo.
Cominciamo con un esempio semplice: i consumi alimentari in tre Regioni del Sud Italia: Puglia, Calabria e Sicilia. Tutti sappiamo che queste tre Regioni possono contare su agricolture di prim’ordine. Eppure si verifica un paradosso: tanti, troppi agricoltori e allevatori pugliesi, calabresi e siciliani non sanno a chi vendere i propri prodotti, mentre i consumatori pugliesi, calabresi e siciliani, per una somma di fattori che esamineremo brevemente, finiscono con il portare in tavola prodotti freschi e trasformati che arrivano da altre Regioni italiane e da Paesi esteri.
Nel piano per impossessarsi dell’agricoltura italiana – e quindi dei terreni agricoli, che sono la cosa che veramente interessa – la Grande distribuzione organizzata e la gestione della moneta europea giocano un ruolo centrale.
Restiamo sempre in Puglia, Calabria e Sicilia. Più poveri sono i cittadini pugliesi, calabresi e siciliani, meno denaro hanno a disposizione, più saranno portati ad acquistare i prodotti scadenti che la Grande distribuzione organizzata offre a prezzi scadenti.
L’OLIO D’OLIVA EXTRA VERGINE – L’esempio dell’olio d’oliva extra vergine è emblematico. Una bottiglia di olio d’oliva extra vergine in Puglia, in Calabria e in Sicilia (che, per inciso, producono il 90% dell’olio d’oliva extra vergine italiano) non può costare meno di 8-12 euro (prezzo che varia a seconda delle zone e delle annate).
Ebbene, se vi recate nei centri commerciali troverete olio d’oliva extra vergine a 6 euro a bottiglia, a 5 euro a bottiglia, a 4 euro a bottiglia, perfino a meno di 3 euro a bottiglia (le “offertissime”). Che cosa pensano di acquistare i consumatori? Come hanno spiegato al nostro amico Cosimo Gioia due signore che facevano incetta di olio extra vergine di oliva a 3 euro a bottiglia, “noi qui possiamo arrivare”: nel senso che non hanno i soldi per acquistare il vero olio d’oliva extra vergine.
Lo stesso discorso vale per il grano duro del Sud Italia. Per anni il prezzo di questo prodotto è rimasto inchiodato a 18 euro al quintale. Chi deve fare fallire i produttori di grano del Sud Italia pensava di essere a buon punto. Lo scorso anno, però, è avvenuta una cosa inaspettata: l’aumento del prezzo a livello mondiale dovuto a una riduzione dell’offerta.
Non potete capire quale ‘dispiacere’ si sono presi i gruppi ‘europeisti’ che debbono rilevare i seminativi dagli agricoltori del Sud Italia. In sette-otto anni erano riusciti a costringere gli agricoltori del Sud Italia ad abbandonare circa 600 mila ettari di terreni a grano; e mentre erano in corso le trattative per rilevarli (in alcuni casi per realizzare impianti per la produzione di energia solare) il prezzo del grano è schizzato all’insù!
Però chi deve scippare i terreni a grano agli agricoltori del Sud Italia non demorde. Pensate che, per cercare di affossarli, nei tre mesi di chiusura provocati dall’emergenza Coronavirus, tra il porto di Bari in Puglia e il porto di Pozzallo in Sicilia (con qualche toccata e fuga nel porto di Catania), sono arrivati con le navi oltre 2 milioni di quintali di grano duro estero!
Ma nonostante questo il prezzo del grano duro continua a salire, o quanto meno non scende. Non solo. L’emergenza Coronavirus, che ha prodotto danni enormi, ha anche portato qualcosa che non favorisce la Grande distribuzione organizzata: l’aumento delle vendite on line.
Con il Coronavirus tantissimi consumatori hanno cominciato ad acquistare prodotti locali via internet. E questo – per la Grande distribuzione organizzata, in buona parte controllata da soggetti esteri – è un problema perché non possono più far mangiare agli italiani prodotti esteri.
Con molta probabilità, se dovesse arrivare un’altra ‘passata’ di Coronavirus, magari in Autunno, la Grande distribuzione organizzata prenderebbe un altro ‘colpo in testa’.
Cosa possiamo fare noi siciliani e, in generale, noi meridionali? Non recarci più nei Centri commerciali e, soprattutto, nei Centri commerciali non italiani. E abituarci, sempre di più, ad acquistare prodotti agricoli on line dalle aziende locali o nei mercati locali.
Foto tratta da Startmag