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5G a Palermo, Nadia Spallitta: chi ha autorizzato l’installazione delle antenne? Cosa prevede la legge

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Visto che in questi giorni stiamo dedicando ampio spazio al 5G a Palermo pubblichiamo alcune considerazioni giuridiche di Nadia Spallitta, avvocato, già consigliere comunale a Palermo. Son passaggi di un’intervista che Nadia Spallitta ha rilasciato a L’inchiesta Sicilia 

“Il quadro di riferimento può sintetizzarsi, per grandi linee. Secondo la Carta mondiale della natura (1982), pur se giuridicamente non vincolante, le attività che comportano un elevato grado di rischio per la natura devono essere precedute da un esame approfondito e i loro promotori devono dimostrare che i benefici derivanti dall’attività prevalgono sui danni eventuali alla natura; qualora gli effetti nocivi di tali attività siano conosciuti in maniera imperfetta, esse non dovranno essere intraprese (art. 11)”.

 

“La tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale”.

“Ed al successivo art. 301, c. 1 stabilisce che ‘In applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione. A ciò si aggiunga che la nostra Costituzione prevede la tutela della salute come diritto fondamentale ed inviolabile come emerge dagli art. 2, 3, 9, 32, 117 commi 1 e 3, Cost. , espressamente richiamati dal TU sull’ambiente. Anche la l. n. 36/2001, “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, art. 1, c. 1, lett. b) rinvia al principio di precauzione”.

Orbene – sottolinea Nadia Spallitta – in applicazione di detti principi, nessun impianto 5G potrebbe essere autorizzato in Italia (o in Sicilia) in quanto, al momento, manca un valutazione ex ante e non risulta che sia stata scientificamente certificata la mancanza di pericoli o rischi per l’ambiente e per la salute”.

Si legge in una recente interrogazione parlamentare del 24 ottobre 2019, seduta n. 245, che: ‘Ugualmente è stato denunciato che non esistono studi preliminari d’impatto ambientale per gli effetti sull’umanità e sull’ecosistema, per l’irradiazione da inesplorate radiofrequenze (possibili cancerogene dal 2011), pensate in maniera ubiquitaria 24 ore al giorno addosso al 99 per cento della popolazione, sul 98 per cento del suolo italiano”.

In altri termini non sono state accertate le conseguenze sulla salute, dei campi magnetici prodotti dall’istallazione di milioni di antenne che si andranno, peraltro, a sommare a quelle già esistenti ed ai campi magnetici di fonti naturali (terra e sole) e tuttavia si ritiene di procedere, pacificamente, con la sperimentazione“.

“Tornando al quadro normativo, la citata l.36/2001 attribuisce alle Regioni il potere di legiferare in materia (individuazione dei siti, definizione dei tracciati etc) ed affida ai Comuni le funzioni di vigilanza sanitaria e di controllo ambientale, anche previa adozione di apposito regolamento. Orbene la Regione siciliana non ha ancora legiferato in materia; inoltre molti Comuni, e quello di Palermo tra questi, non hanno adottato alcun regolamento. Rimane quindi poco chiaro quale sia stata la procedura seguita o che si intende seguire per il rilascio delle autorizzazioni all’istallazione delle infrastrutture necessarie al 5G”.

“Sempre la citata l. 36/2001 prevede all’art. 14 che le amministrazioni locali si avvalgono dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) che ha il compito di verificare l’eventuale superamento dei limiti di esposizione consentiti, previsti dal DM dell’8 luglio 2003 (attuativo della Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 12 luglio 1999 n. 1999/519/CE relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici e rivolta alla protezione dei cittadini da eventuali effetti negativi sulla salute). Senonché sembrerebbe, come emerge dalla citata interrogazione parlamentare, che le Agenzie regionali/provinciali per la protezione ambientale ad oggi non hanno strumenti tecnici, né uno standard per misurare l’elettrosmog del 5G”.

“L’ARPA del Lazio tra l’altro ha affermato che l’irradiazione delle micro-celle del 5G spesso considerate a scarso impatto elettromagnetico sono invero tutt’altro che trascurabili; se «installale in ambienti ad alta frequentazione ne risulta un’esposizione complessiva della popolazione meritevole di attenzione da parte degli enti di controllo». Al riguardo anche numerosi scienziati come i medici di Isde e gli scienziati dell’Istituto Ramazzini hanno dichiarato che in assenza di strumentazione validata per misurarne l’irradiazione non è possibile monitorarne l’impatto sulla salute”.

“Non si comprende allora come sia stato possibile avviare in molte città italiane, e Palermo fra queste, la ‘cd sperimentazione’. A quanto detto si aggiunga che ai sensi della l. 833/1978 è necessario acquisire il preventivo parare sanitario, da parte delle competenti autorità, che devono esercitare il controllo ‘sulla produzione dell’energia termoelettrica’. Anche questo parere, sembrerebbe che non sia stato acquisito, come emerge anche dalla citata interrogazione. Tale parere appare ancor più necessario alla luce delle risultanze di numerosi studi scientifici per i quali il 5G è da ritenere una tecnologia pericolosa. A tali conclusioni pervengono ad esempio l’Istituto Ramazzini di Bologna o il CNR di Bologna per i quali è alto il rischio di assorbimento, da parte dell’uomo delle onde millimetriche prodotte dal 5G, con frequenze così elevate , con probabili (ed inesplorati ) danni alla salute”.

“Invero l’art. 5 del TU sull’ambiente introduce per tali finalità nel nostro ordinamento la Valutazione di impatto sanitario , la ‘VIS’, che è un elaborato predisposto dal proponente sulla base delle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell’Istituto superiore di sanità, al fine di stimare gli impatti complessivi, diretti e indiretti, che la realizzazione e l’esercizio del progetto può procurare sulla salute della popolazione. Orbene non sembra che tale valutazione sia stata fatta, in evidente violazione del citato principio di precauzione”.

“Viene in rilievo infine un’ ulteriore considerazione relativa al diritto dei cittadini a conoscere ed a partecipare ai procedimenti che possano coinvolgere l’assetto del territorio, dell’ambiente e della salute, tanto più se viene attuata su larga scala ‘una sperimentazione’ sull’uomo. Il TU sull’ambiente all’art. 3-sexies prevede il Diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione a scopo collaborativo per cui in attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e delle previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia con la legge 16 marzo 2001, n. 108, e ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell’ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale”.

“Inoltre la legge 36/2001, all’art 1° comma 1 impone in presenza di possibile esposizione a campi magnetici ed elettromagnetici l’obbligo di coinvolgere i cittadini attraverso apposite campagne di informazione ed educazione ambientale, come, del resto sancito in tempi recenti anche dal del TAR Lazio sentenza n. 500 del 15 gennaio 2019 (che ha condannato il Ministero dell’Ambiente ad ottemperare). Senonché di tale informazione non esiste traccia, e nella maggior parte delle città dove è stata avviata la fase sperimentale i cittadini sono all’oscuro di tutto e non c’è alcuna conoscenza , né chiarezza, né trasparenza nel modus operandi delle amministrazioni pubbliche”.

“A Palermo un gruppo di cittadini, proprio per la mancanza di ogni obbligatoria e preventiva informazione, ha già presentato una ben articolata istanza di accesso agli atti, per acquisire la documentazione relativa agli impianti in corso di istallazione in città, documentazione che tra l’altro, in violazione dell’obbligo di pubblicità, sancito dall’art 87 del Codice delle Comunicazioni elettroniche, (Dlvo 1 agosto 2003, n.259), non risulta pubblicata dall’amministrazione”.

“Per concludere sul punto, deve altresì osservarsi che la portata dei progetti di infrastrutture 5G potrebbe far venire in rilievo l’aspetto dell’impatto ambientale, con il conseguente obbligo di attivare le procedure di acquisizione della VAS (Valutazione di Impatto ambientale ), disciplinata dal dlvo 152/2006. In particolare la VAS presuppone la partecipazione attiva, al procedimento, dei soggetti portatori di interessi collettivi, garantendo trasparenza dell’azione e tutela dei diritti fondamentali legati all’utilizzo del territorio. Anche questa procedura di democratico coinvolgimento dei cittadini, sottoposti a loro insaputa e senza avere dato alcun consenso , a sperimentazione, per la città di Palermo, non è stata seguita”.

In sintesi le eventuali autorizzazioni fino ad oggi rilasciate per la sperimentazione del 5G, a mio avviso devono ritenersi illegittime; corrette appaiono le posizioni di molti sindaci che si sono opposti all’installazione delle infrastrutture del 5G sui loro territori, invocando il principio di precauzione sopra ricordato”.

Foto tratta da Salviamo il paesaggio

QUI L’ARTICOLO DE l’INCHIESTA SICILIA

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