Le fughe da Forza Italia in Sicilia contro Gianfranco Miccichè, sempre più ‘generale’ nel suo labirinto…

16 maggio 2020

Ormai è arrivato. Sì, Gianfranco Miccichè è ormai al capolinea. Siede su una poltrona importante, è riuscito a salvare l’assessorato all’Agricoltura, incasinando un Nello Musumeci disattento e pasticcione, che si è tirato addosso mille polemiche causa una frettolosa designazione di un leghista all’assessorato ai Beni culturali. Ma Miccichè non è messo meglio di Musumeci. Anzi… 

Chi se ne va con Matteo Renzi, chi se ne va con la Lega di Salvini. L’importante è andare via, l’importante è lasciare Forza Italia siciliana e il suo ‘capo’, Gianfranco Miccichè, che ricorda un po’ Il Generale nel suo labirinto, il protagonista di un celebre romanzo di Gabriel Garcia Marquez, anche se con le dovute differenze. Vero è che Miccichè ha bazzicato, negli anni ’70 del secolo passato, le suggestioni della sinistra rivoluzionaria da salotto, ma il paragone, in questo caso, non è, ovviamente con Simón Bolívar, ma con un ‘generale’ della politica siciliana che ha inanellato sì le sue vittorie, ma che oggi sembra in caduta libera, abbarbicato al potere che divide con alcuni dei ‘cascami’ della finta sinistra siciliana.

Oggi, da Forza Italia di Sicilia, scappano tutti. L’ultimo ad andare via, in ordine di tempo, è stato Francesco Scoma, più volte parlamentare e assessore regionale e poi parlamentare nazionale. Scoma, figlio d’arte, scuola democristiana (suo padre è stato sindaco di Palermo), è stato tra i primi ad aderire a Forza Italia, legandosi, tra alti e bassi, a Miccichè. Oggi Scoma è un neo-acquisto renziano, tra i possibili candidati del centrosinistra a sindaco di Palermo.

Si dice che anche un altro parlamentare nazionale di ‘peso’ sarebbe pronto a passare, armi e bagagli, con i renziani: si tratterebbe del parlamentare nazionale Nino Germanà, che gode di un grande seguito elettorale a Messina e dintorni.

Ma c’è anche chi dà un’altra chiave di lettura: dalla Sicilia potrebbe partire la possibile fusione tra Forza Italia e i renziani. Insomma, i passaggi tra i renziani dei due parlamentari nazionali ormai ex azzurri sarebbero solo l’inizio di un processo che, dalla Sicilia, dovrebbe risalire lungo lo ‘Stivale’, con la ‘benedizione di Berlusconi.

L’ex Cavaliere, anche se un po’ arrugginito, vorrebbe evitare che tutto quello che ha costruito dal 1993 ad oggi venga ereditato dalla Lega di Salvini, che peraltro già qualcosa ha preso da Forza Italia. Non va dimenticato che con la Lega sono già passati i parlamentari Nino Minardo, Orazio Ragusa e Marianna Caronia.      

Ormai Miccichè è all’ultimo giro. Grazie ai voti dei parlamentari del PD è riuscito a farsi eleggere presidente del Parlamento siciliano. E a tenersi stretto l’assessorato regionale all’Agricoltura. Il ‘casino’ che sta travolgendo da qualche giorno il presidente della regione, Nello Musumeci, è opera di Miccichè.

Infatti, i leghisti di Salvini, per entrare nella Giunta regionale di Musumeci, avevano chiesto l’assessorato all’Agricoltura, dove Miccichè ha piazzato, ad inizio di legislatura, Edy Bandiera. Il braccio di ferro è durato settimane. Con Musumeci – che non è proprio ‘innamorato’ di Miccichè – che ha ricevuto pressioni fortissime per lasciare l’Agricoltura allo stesso Miccichè.

Il gioco è stato sottile. Miccichè, in Sicilia, è sempre stato in buoni rapporti con l’ex assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici. Rompere con Miccichè, per Musumeci, non sarebbe stato un grande affare politico: non dobbiamo dimenticare che il Parlamento siciliano ha approvato una manovra economica e finanziaria 2020 che si configura come un grande punto interrogativo. Quasi tutte le entrate, infatti, non sono altro che fondi europei che la Regione siciliana potrà spendere solo con il placet di Roma, alla faccia dell’autonomia siciliana, che non ha nemmeno il potere di riprogrammare i propri fondi europei.

Così come Miccichè, in Sicilia, è ‘agganciato’ al PD attraverso uno storico rapporto con alcuni ‘pezzi’ di questo partito, a Roma Berlusconi si è schierato con il Governo Conte sul MES (e su altro).

Insomma, Musumeci non poteva rompere con Miccichè. Così aveva l’assessorato ai Beni culturali libero (il presidente della Regione ha l’interim da quando è venuto meno l’ex assessore Sebastiano Tusa) e, senza riflettere a sufficienza, lo ha ‘girato’ ai leghisti. Non calcolando il ‘casino’ che sarebbe scoppiato. Disattenzione e, forse, un pizzico di sicumera.

Ma il tema di questo articolo non è Musumeci e il vicolo stretto nel quale è andato a cacciarsi, ma Miccichè, che ha vinto sì lo scontro con Musumeci grazie alla ‘sponda’ del PD, ma che sta perdendo su tutta la linea. E qui ritorna l’immagine del generale ‘dipinto’ da Marquez.

Benché seduto sul più alto scranno del Palazzo Reale di Palermo, sede del Parlamento dell’Isola, Miccichè è ormai senza futuro. Forza Italia di Sicilia frana. Gli rimangono, come al Generale nel suo labirinto, solo i ricordi: la vittoria alle elezioni politiche del 1994 – quando convinceva tanti ex democristiani a imbarcarsi con Berlusconi.

Gli rimane la vittoria, nell’uninominale, nel 1996, quando ha battuto Luciano Violante.

Gli rimane una parte del celebre 61 a zero, che in realtà è merito di Totò Cuffaro e non suo: perché Miccichè, alle elezioni regionali del 2001, Cuffaro candidato alla presidenza della Regione siciliana non lo voleva proprio. Cuffaro, la candidatura alla Regione se la guadagnò sul campo, prima alle elezioni europee del 1999 con una lista fai-da-te che prese circa 100 mila voti e, poi, appunto, con il 61 a zero, quando Cuffaro, insuperabile nella preparazione delle liste, individuò, ad uno ad uno, i punti deboli degli avversari.

Può essere considerata una vittoria la prima elezione di Miccichè alla presidenza dell’Ars nel 2006? No, fu un’operazione di ripiego, perché ancora una volta gli è stata negata la candidatura alla presidenza della Regione.

Un altro ripiego è l’elezione di Raffaele Lombardo alla presidenza della Regione, quando Miccichè, che ancora una volta voleva candidarsi alla presidenza della Regione, una volta incassato il no, per ripicca spacca il centrodestra siciliano per partecipare al ribaltone con il centrosinistra.

Altro ripiego è la sua candidatura alla presidenza della Regione nel 2012, quando doveva indebolire la candidatura di Nello Musumeci per fare eleggere Rosario Crocetta. Missione compiuta! La disastrosa presidenza Crocetta è anche un ‘regalo’ di Miccichè ai siciliani!

Dopo avere spaccato il centrodestra, Miccichè è tornato alla guida di Forza Italia in Sicilia. Una forzatura imposta dal solito Berlusconi, misteriosamente impossibilitato a dire no a Miccichè. Si è candidato alle elezioni regionali del 2017 e ha preteso e ottenuto la presidenza dell’Ars, come già ricordato, grazie al PD.

L’ultima ‘zampata’ l’ha assestata alle elezioni europee dello scorso, quando ha portato dalla sua parte una manciata di voti di ex democristiani. Mossa che ha fatto vincere Giuseppe Milazzo a spese di Saverio Romano.

Ma, da allora, Miccichè non ne ha più indovinata una. la sua gestione dei lavori parlamentari è sempre improvvisata e, spesso, disastrosa.

Non parliamo della gestione del suo partito. Tutti vanno via da Forza Italia. Oltre alle fughe verso la Lega e verso i renziani ci sono altre fughe: il sindaco di Catania, Salvo Pogliese con Basilio Catanoso; e poi Luigi Genovese, Vincenzo Figuccia, Salvatore Lentini, Rosanna Cannata…   

Ah, dimenticavamo: che ha fatto, in tanti anni, per la Sicilia Miccichè? A nostro avviso molti danni. poi, è chiaro, la parola va ai nostri lettori.

 

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