Il Trentino Alto Adige – Regione ricca – se lo può permettere, perché questo assegno lo pagano le Province autonome (assegno di disoccupazione che si aggiunge a quello dell’INPS). Si potrebbe fare la stessa cosa nelle altre Regioni italiane con i titolari del Reddito di cittadinanza? Il discorso è un po’ più complesso
Mentre in Italia, all’insegna della confusione, si cerca di trovare una soluzione per le campagne prive di manodopera (fenomeno che interessa in maggioranza il Nord Italia per via del fatto che i rumeni sono andati via e non ne vogliono sapere di tornare per paura del Coronavirus), dal Trentino Alto Adige – Regione a Statuto speciale dove l’Autonomia funziona e dove non c’è il Reddito di cittadinanza, perché ai disoccupati pensano loro – arriva una notizia che vale la pena di leggere e commentare: i disoccupati del Tentino, che percepiscono l’assegno unico, sono stati invitati a lavorare nelle campagne, pena la perdita dello stesso assegno.
La notizia la leggiamo su l’Adige.it:
“Il disoccupato trentino che non accetterà di andare a lavorare nei campi come stagionale, si vedrà revocare l’Assegno unico di disoccupazione. È la clamorosa novità annunciata dalla assessore all’agricoltura Giulia Zanotelli, presentando in conferenza stampa i dettagli del disegno di legge della giunta «Covid 19”.
In Trentino – come del resto in tutto il Nord Italia – come già accennato, mancano i lavoratori stagionali, che sono per lo più rumeni. E siccome dalla Romania, quest’anno, di manodopera ne arriverà poca per paura della pandemia (che nel Nord Italia, è noto, è stata particolarmente pesante), ecco che il Trentino ha deciso di mandare nei campi (si pensi alla raccolta delle mele, ma non soltanto) i disoccupati, cioè coloro i quali percepiscono l’indennità provinciale che la loro Agenzia del lavoro eroga alle persone che sono state licenziate (cioè a chi ha perso il lavoro a tempo indeterminato per inidoneità sopravvenuta alla prestazione o per superamento del periodo di comporto). Indennità che si somma a quella erogata dall’INPS.
Il Trenino lo può fare perché si tratta di una propria indennità. Diverso è ciò che si vorrebbe fare nel resto d’Italia, utilizzando i titolari del Reddito di cittadinanza pagato dallo Stato. Qui la confusione è tanta, perché nel nostro Paese il Reddito di cittadinanza è stato gestito e continua ad essere gestito malissimo.
Il Reddito di cittadinanza, per definizione, va assegnato ai disoccupati in attesa che quelli che un tempo erano gli Uffici pubblici del lavoro (oggi si chiamano Centro per l’impiego) gli trovino una nuova occupazione.
Purtroppo il PD e i grillini hanno trasformato il Reddito di cittadinanza in uno strumento clientelare, facendo lavorare i titolari di questo Reddito – o una parte di questi – presso i Comuni, trasformando, di fatto, questo personale che dovrebbe trovare lavoro prezzo imprese in precari che, tra qualche anno chiederanno la stabilizzazione. Le solite vergogna italiane.
Ora il Reddito di cittadinanza dovrebbe ‘approdare’ in agricoltura. Come? Facendo lavorare chi lo percepisce nelle campagne. E qui la confusione è tanta. Da quello che abbiamo capito noi, gli agricoltori pensano di far lavorare questo personale nella raccolta dei prodotti (ortaggi e frutta) mentre lo Stato continuerebbe a pagarli. In questo modo le aziende agricole risparmierebbero gli 80 euro al giorno circa che dovrebbero pagare a un operaio o bracciante agricolo.
Il problema è che un operaio agricolo, lavorando 5 giorni alla settimana, con la retribuzione prevista dall’attuale contratto normato dalle leggi italiane, dovrebbe portare a casa in un mese circa mille e 600 euro. Mentre il titolare del Reddito di cittadinanza dovrebbe lavorare le stesse ore per 600 euro al mese.
Forse i rappresentanti di Stato, Regioni ed agricoltori si dovrebbero sedere tutto attorno a un tavolo per capire cosa fare.
Foto tratta da ardusat.org
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