Per non dimenticare. Per non dimenticare i giornalisti che sono caduti nella lotta contro la mafia. Giornalista era Peppino Impastato, che dai microfoni di ‘Radio Aut’ si prendeva gioco dei mafiosi. Che l’hanno ucciso nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978. Nei giorni scorsi l’Unione Cronisti ha ricordato anche Cosimo Cristina, giovane corrispondente del giornale ‘L’Ora di Palermo, trovato morto il 5 maggio del 1960
Sono trascorsi 42 anni dall’assassinio di Peppino Impastato, giornalista e attivista politico che, dalle frequenze di Radio Aut, denunciava le collusioni tra i mafiosi ed i “colletti bianchi”. Il Gruppo siciliano dell’Unione Cronisti (Gruppo di specializzazione della Fnsi-Assostampa) oggi ricorda Impastato al quale soltanto dopo il barbaro assassinio è stato riconosciuto il tesserino di giornalista.
Impastato, nella notte tra l’8 ed il 9 maggio 1978, venne sequestrato vicino alla sua abitazione e portato dai suoi carnefici in un casolare di Marina di Cinisi (Palermo) – poco distante dall’aeroporto di Punta Raisi – poi torturato e infine trucidato con una carica di tritolo lungo la strada ferrata Palermo-Trapani.
I mafiosi, a cominciare da Gaetano Badalamenti, capocosca di Cinisi, hanno subito provato a depistare le indagini. La morte di Peppino, infatti, doveva passare per un fallito attentato terroristico e per diverso tempo gli inquirenti hanno seguito questa pista. L’impegno del fratello Giovanni e soprattutto della madre Felicia Bartolotta ha portato magistrati e investigatori, negli anni ‘90, al vero contesto in cui è maturato l’assassinio.
“Dai microfoni dell’emittente privata Radio Aut – ha osservato il presidente dell’Unci Sicilia, Leone Zingales – Impastato quotidianamente condannava la mafia e faceva i nomi dei boss mafiosi e dei politici collusi con la mafia. Peppino Impastato raccontava di comitati d’affari e di appalti sui quali bisognava indagare. Il tritolo che lo ha ucciso non ne ha minimamente scalfito la memoria e l’impegno civile. Il casolare di via 9 maggio 1978, a Marina di Cinisi, è stato dichiarato nel 2014, dalla Regione siciliana, edificio di interesse culturale. Diverrà – ha concluso Zingales – un luogo di memoria proprio come il Giardino di Ciaculli, alla periferia di Palermo, dove Unci e Anm, ricordano le vittime della mafia con la piantumazione degli alberi. Anche a Peppino, come agli altri sette giornalisti uccisi dalla mafia in Sicilia, abbiamo dedicato un albero”.
Nei giorni scorsi il Gruppo siciliano dell’Unci (Gruppo di specializzazione della Fnsi-Assostampa) ha ricordato il giornalista Cosimo Cristina (nella foto a sinistra tratta da HimeraLive.it) il cui cadavere fu trovato il 5 maggio del 1960 in una galleria della linea ferroviaria Palermo-Messina, fra Trabia e Termini Imerese.
Cristina, 25 anni, era il corrispondente del giornale L’Ora di Palermo.
Nel 1959 aveva fondato il settimanale “Prospettive siciliane” puntando oltre che sull’attualità anche sulla cronaca nera e giudiziaria: dalla mafia di Termini e di Caccamo, alle indagini sull’omicidio del sindacalista Salvatore Carnevale (Sciara, 1955) e sulla morte di un prete (Cefalù, 1955).
“Il giovane cronista di Termini Imerese – ha scritto Vincenzo Bonadonna nel volume curato dall’Unci Sicilia dedicato ai giornalisti uccisi da mafie e terrorismo e dato alle stampe in questi giorni – era entusiasta della vita, che gli si apriva davanti. Era nato l’11 agosto 1935. Chi lo ha conosciuto lo descrive come un tipo allegro, gioioso, che non si abbatteva, nonostante le difficoltà”.
“Celebriamo il sacrificio di Cosimo Cristina o Co.Cri, come preferiva firmare tanti dei suoi efficacissimi resoconti – ha dichiarato Leone Zingales, presidente dell’Unci Sicilia –. Era un cronista di valore che aveva nel suo dna il giornalismo d’inchiesta. Un cronista vero che ha denunciato gli intrecci tra mafia e politica onorando il suo impegno professionale oltre che il suo impegno civile. La Giornata della Memoria 2020 sarà celebrata a Termini Imerese nel nome di Cosimo Cristina e di tutti i giornalisti uccisi da mafie e terrorismo”.
Foto di Peppino Impastato tratta da Intellettuale Dissidente
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