Storia & Controstoria

Nuove schegge di storia 5/ La vera storia di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia. Era figlio di un garzone di macellaio?

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In effetti, la ‘rusticità’di questo casato troverebbe una corretta spiegazione in questo scritto confermato, peraltro, da Massimo D’Azeglio. Eh sì, questa quinta puntata di ‘Nuove schegge di storia’ – rubrica curata da Giovanni Maduli – illumina di nuova luce i Savoia 

Il 15 settembre (1822 n.d.r.), poco prima della mezzanotte, avviene un misterioso episodio nella villa del Granduca Leopoldo II a Poggio Imperiale, vicino Firenze (come descrive don Sante Tredici nella sua opera “Dal Granducato al Regno Unito” edito a Cecina nel 1995). In questa villa muore bruciato per un incendio, causato inavvertitamente dalla sua balia torinese di 26 anni, Teresa Racca, maritata Zanotti, il vero erede dei Savoia, il piccolo Vittorio Emanuele di appena trenta mesi, figlio di Carlo Alberto.

Costui, avendo assolutamente bisogno di un figlio maschio, per la successione del ramo Carignano dei Savoia, impone il silenzio sull’accaduto e pone nella culla il figlio naturale di un garzone di macellaio che stava fuori di Porta Romana di Firenze, un tale analfabeta Gaetano Tiburzi (soprannominato “Maciacca” ed anche “sor Tanaca” che aveva avuto un bambino illegittimo, quindi non registrato, da una certa “Regina Bettini”).

Quel piccolo bastardo diventerà poi, Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia. Il silenzio del macellaio è pagato a peso d’oro: con quei soldi, infatti, il macellaio acquista un mattatoio e, quando muore, lascia in eredità quarantatre appartamenti ai suoi ben diciassette figli avuti dalla sua sposa Rosa Galletti.

L’avvenimento è, in seguito, confermato da Leopoldo II, fratello di Maria Teresa, che quella sera si trovava nella villa di Poggio Imperiale.

Lo stesso Massimo D’Azeglio, che aveva sposato Giulia, la figlia di Alessandro Manzoni, così affermerà in un suo scritto:

“Il vero Vittorio Emanuele è morto a Firenze, bruciato nella sua culla, quando aveva due anni”, confermando questa dichiarazione anche in punto di morte.

Per la verità il piccolo aveva due anni e mezzo, essendo nato il quattordici marzo 1820. La balia Teresa morirà poi in circostanze ancor più misteriose il 6 ottobre “per infiammazione”, ma il marito e gli altri parenti, venuti da Torino per l’estremo saluto non trovano nemmeno la tomba. Tuttavia, in seguito, sono “largamente ricompensati” per tutta la loro vita.

Antonio Pagano, Napolitania Booksprint Edizioni, pag. 208

Foto tratta da Sassari ‘900

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