Un’illuminante e anticonformista riflessione del filosofo e commentatore marxista, Diego Fusaro, ci descrive la tristezza del presente con i suoi paradossi. Come la celebrazione odierna del 25 Aprile con la quale “con ebete letizia” in tanti, nel nome della libertà, accettano “i nuovi soprusi e le nuove violenze che popolano il nostro presente”
di Diego Fusaro
Sull’utilità e il danno della storia per la vita. Era questo il titolo della
Con queste categorie nietzscheane, direi che dovremmo rapportarci al 25 aprile nei termini della storia critica: dobbiamo apprendere dalla lezione di chi lottò contro la repressione e i soprusi, per fare sì che quella lezione torni a inverarsi, ogni qual volta prendano di nuovo forma repressione e soprusi.
È la lezione imperitura del 25 aprile. E invece accade troppo spesso che la Liberazione venga celebrata con i fasti della storia monumentale: con la conseguenza paradossale per cui molti che la celebrano accettano con ebete letizia i nuovi soprusi e le nuove violenze che popolano il nostro presente.
Quanto più cantano a squarciagola bella ciao, tanto più rivelano di non aver appreso nulla dalla storia della Liberazione. E di essere addirittura, molto spesso, complici della violenza e della repressione che dovrebbe con forza combattere chi avesse appreso davvero la lezione del 25 aprile.
Penso alle memorabili scene – apice della più abietta subalternità – di chi anni addietro cantava bella ciao e, insieme, appoggiava con gaudio la UE, che è poi la nuova versione – rigorosamente economica – della violenza contro cui combatterono i partigiani.
Penso a quanti oggi cantano convintamente bella ciao e lottano contro un fascismo immaginario, che coincide o con gruppetti irrilevanti e folklorici o, non di rado, con forme di reale resistenza alla nuova violenza dell’economia capitalistica (popoli e Stati non allineati, demonizzati come fascisti): usano l’antifascismo in assenza di fascismo come alibi; come alibi per giustificare, con la lotta al fascismo che non c’è più, la loro piena adesione al totalitarismo della civiltà dei mercati, a cui hanno venduto testa e cuore.
Penso, ancora, a quanti in questo 25 aprile 2020 canteranno bella ciao reclusi in casa, con l’esercito per strada e i droni che li sorvegliano dall’alto: urleranno contro il fascismo e, insieme, accetteranno silenziosamente con la più idiota subalternità la sua nuova figura, che è quella del “distanziamento sociale” e del nuovo ordine mondiale, reso ancora più forte dal virus.
L’ho detto e lo ridico: se avessimo davvero appreso qualcosa dal 25 aprile, oggi saremmo in prima linea a combattere contro il nuovo potere, che non è più quello clerico-fascista, ma è quello nichilista e relativista della civiltà dei consumi e, oggi, dello stato terapeutico globalista.