All’indomani della baraonda sul MES e del discorso in televisione del premier Giuseppe Conte, abbiamo intervistato il senatore Saverio De Bonis. Che traccia un quadro molto realistico e amaro dell’Unione europea di oggi. L’allarme per le imprese italiane, quelle del Nord soprattutto. E la possibile soluzione per uscire dal tunnel economico provocato dal Coronavirus
“Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte? Non è in cattiva fede. E’ un giurista, non è un economista. Non ha una strategia economica e finanziaria. E non conosce l’attuale Europa dell’euro. Va a sedersi nei tavoli europei pensando di affrontare i problemi da giurista. O manda lì il Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, uno storico che di economia e finanza ne sa quanto lui. Ma lì ci sono faine e squali. Nei Palazzi’ dell’Unione europea hanno capito che, complice la crisi economica provocata dall’emergenza Coronavirus, possono rubare al sistema delle imprese industriali del Nord Italia quote di mercato importanti. E sono certo che proveranno anche a farne fallire un bel po’. Il resto sono polemiche sterili”.
All’indomani di uno dei tanti discorsi in televisione del premier Conte abbiamo deciso di fare una chiacchierata al telefono con il senatore Saverio De Bonis. Senatore della Basilicata eletto nel Movimento 5 Stelle, oggi nel gruppo misto, De Bonis, nella vita fa l’imprenditore.
Allora, senatore De Bonis, ci racconta, intanto, come sono andate le cose con questo MES, Meccanismo Europea di Stabilità.
“Le cose, per quello che so, sono andate come sempre vanno in questi casi. Prima del vertice dell’Eurogruppo c’è stata una riunione dei direttori generali dei Ministeri dell’Economia. Per l’Italia c’era il direttore generale, Alessandro Rivera. Lì è stato raggiunto un accordo di massima”.
E poi cos’è avvenuto durante la riunione dell’Eurogruppo?
“Quello che è avvenuto durante la riunione dell’Eurogruppo conta poco. Anche perché, a differenza di altri Paesi europei che si presentano a queste riunioni con tecnici che conoscono molto bene una materia insidiosa, noi italiani mandiamo lì politici che, nella migliore delle ipotesi, sono convinti che l’Unione europea sia ancora quella degli anni ’50 e ’60 del secolo passato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, specie in queste ore”.
E quali sono ‘sti risultati?
“Guardi, al di là delle formule linguistiche, il risultato è che l’Italia potrà utilizzare i fondi senza le condizionalità del MES, che sono tremende, solo per acquistare mascherine, guanti e per qualche posto letto negli ospedali. Costi sanitari diretti e indiretti. Non sono previsti interventi a fondo perduto per sostenere il sistema delle imprese italiane. La vera notizia è questa: l’attuale Unione europea non ha alcuna intenzione di sostenere le imprese italiane che sono, per lo più, le imprese del Nord Italia”.
Perché?
“Perché, lo ribadisco, l’Unione europea di oggi è fatta da faine e squali. Complice l’emergenza Coronavirus, alcuni Paesi europei stanno provando a strappare al sistema industriale del Nord Italia quote importanti di mercato. E lo stanno facendo in modo scorretto. Se invece di mandare in Europa giuristi e storici avessimo mandato lì, ad esempio, un Flavio Briatore, ebbene, le cose non sarebbero finite come sono finite. Secondo voi un imprenditore che conosce questi meccanismi si fa mettere nel sacco dagli squali di Bruxelles? Secondo voi un paradiso fiscale come l’Olanda avrebbe bloccato uno dei Paesi manifatturieri più importanti del mondo? Invece, purtroppo, è successo. Secondo voi perché, in Europa, continuano a rinviare di volta in volta le decisioni da assumere? Prima dieci giorni, poi quindici giorni, ora sette giorni. Ogni giorno che passa, per loro, sono quote di mercato scippate al sistema economico italiano”.
Ci faccia capire: mentre in Italia di discute MES sì, MES no, i nostri ‘alleati’ europei si prendono i clienti delle imprese italiane?
“Esattamente”.
Gli imprenditori l’hanno capito?
“Certo che l’hanno capito! Ed è per questo che gli imprenditori del Nord Italia stanno cercando in tutti i modi di riaprire. Il Coronavirus, quando non li ha fermati, li ha comunque indeboliti. Oggi, o sono fermi, o lavorano a ranghi ridotti. E, come ho già detto, ogni giorno che passa perdono fette di mercato. La pandemia li penalizza, lo Stato italiano non li aiuta. Sono soli. Con un’Europa che cerca di ‘mangiarseli’. Se non riaprono subito muoiono”.
Ma il Governo Conte non ha stanziato 400 miliardi di euro?
“Guardi, gli stanziamenti del Governo Conte possono servire per le piccolissime imprese. Per un barbiere che sta fermo un mese, beh, 25 mila euro gli risolvono il problema: mangia, paga le bollette e l’affitto. Ma una grande impresa con centinaia di dipendenti, con i provvedimenti adottati dal Governo Conte dovrebbe contrarre altri debiti. Quindi mentre quasi tutte le altre imprese del mondo sono sostenute dai propri Stati con interventi a fondo perduto, le imprese italiane ferme o al lavoro a ranghi ridotti, dopo aver perso quote di mercato e dopo aver accumulato debiti a causa della crisi, si dovrebbero indebitare ulteriormente? E per che cosa? Per pagare le tasse e i debiti? Contrarre debiti per pagare i debiti? E una follia! E’ una follia ora, figuriamoci dopo”.
In che senso dopo?
“In questo momento i signori dell’Europa hanno sospeso il Patto di stabilità. Ma tra qualche mese torneranno alla carica con il Patto di stabilità, con le varie Basilee di turno e con tutte le altre diavolerie che hanno inventato. Le imprese italiane, senza aiuti a fondo perduto, si ritroveranno con un fardello che ne pregiudicherà in modo irreversibile la competitività”.
Torniamo al problema del sostegno alle imprese.
“Che è un problema serio. Io sono un uomo del Sud. Ma in Italia se si fermano le imprese del Nord abbiamo chiuso. Uno Stato, sotto il profilo economico, si regge sulle imprese. Se muoiono le imprese è un disastro. Non si possono pagare più le pensioni, non si possono pagare più i professori di liceo, non si può più pagare la sanità. La situazione per l’Italia è drammatica. E piuttosto che vacue polemiche sarebbe il caso di trovare soluzioni”.
Lei che soluzioni propone?
“Oggi vedo all’orizzonte solo una soluzione radicale”.
Ovvero?
“Lasciare subito l’Eurozona ed entrare nell’area del dollaro. Gli Stati Uniti ci accoglierebbero a braccia aperte”.
Non c’è possibilità di mediazione nell’Eurozona?
“Non più. Non c’è più il tempo. E, ribadisco, ogni giorno che passa la situazione peggiora”.
Come vede il Sud Italia in questo scenario?
“Se resteremo nell’Eurozona malissimo. Molto peggio che al Nord. Non ci voglio nemmeno pensare”.
E l’agricoltura?
“Ecco, per l’agricoltura si apriranno nuove opportunità. Comunque andranno le cose molte imprese industriali scompariranno. I circa sei milioni di partite IVA italiane si ridurranno drasticamente, anche perché l’Europa sta facendo di tutto per farle scomparire. Molti di questi lavoratori, anche per una questione di sopravvivenza, torneranno alla terra”.
Foto tratta da Puglia Reporter Notizie
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