Non è un po’ strano che l’Italia, in un momento economico difficilissimo, vada a prestare soldi a Tunisia e Bolivia? Cosa c’è dietro questa storia?
Ci era sembrato che in Italia mancavano i soldi per per acquistare attrezzature sanitarie per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Evidentemente ci siamo sbagliati. Deve per forza di cosa essere così, perché altrimenti non si capirebbe il perché, proprio in questo momento, l’Italia ha prestato 50 di euro alla Tunisia (il Paese che esporta in Italia l’ottimo olio d’oliva ‘extravergine’ a 2 euro al litro…) e 21 milioni e mezzo alla Bolivia.
Della Tunisia sappiamo che i 50 milioni di euro sono stati prestati dalla Cassa Depositi e Prestiti (COME POTETE LEGGERE QUI); del prestito alla Bolivia sappiamo poco o nulla.
Certo, la cosa è piuttosto strana. La notizia del prestito di 50 milioni di euro alla Tunisia è stata data dall’Ambasciata italiana in Tunisia:
“L’Italia, tramite la Cassa Depositi e Prestiti, ha versato 50 milioni di euro (circa 157 milioni di dinari) a titolo di credito d’aiuto alla Banca Centrale tunisina. “Questa somma è destinata a sostenere le imprese tunisine e potrà essere utilizzata per rispondere all’impatto socioeconomico del Coronavirus in Tunisia, supportando le misure messe in campo dal Governo tunisino. È un primo passo, mano nella mano, per far fronte al Covid-19”.
Non sarebbe stato più corretto che il prestito alla Tunisia fosse stato erogato dall’Unione europea?
“Il post – leggiamo su Money.it – che comunque riprendeva un comunicato dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) ancora visibile sul sito, è stato quindi rimosso. In tempi di pace, un prestito da 50 milioni (spiccioli per un’economia del G8), non avrebbe fatto notizia. L’operazione – si legge sul portale dell’AICS – rientra nella linea di credito a sostegno del settore privato tunisino che ‘fornisce liquidità al sistema creditizio tunisino favorendo gli investimenti privati delle PMI e consolida le relazioni commerciali fra gli operatori economici italiani e tunisi’. Il piano è giustificato dalla volontà – diceva l’ambasciatore italiano a Tunisi Lorenzo Fanara all’AnsaMed – di ‘diverse aziende italiane di fama mondiale, tra cui la casa automobilistica Fiat e il gruppo tessile Marzotto”, di “investire in Tunisia, che è un sito attraente per gli investitori italiani”.
Ma la FIAT non si è trasferita negli Stati Uniti? E non ha sede in Olanda per pagare meno tasse? Un ‘impiego’ veramente interessante, per dirla in gergo bancario, quello della Cassa Depositi e Prestiti.