In Spagna, dopo le proteste di piazza, il Governo socialista è intervenuto con un Decreto e ha bloccato i prezzi dei prodotti agricoli: non potranno più essere commercializzati a prezzi inferiori ai costi di produzione dell’agricoltura spagnola. Provvedimento drastico, che non blocca la globalizzazione dell’economia, ma ne elimina alla radice gli effetti perversi. Perché non farlo in Sicilia? E perché non farlo in tutte le Regioni del Sud?
Anche in Spagna la globalizzazione dell’economia che l’Unione europea non vuole regolamentare sta distruggendo l’agricoltura. A differenza di quello che succede in Italia, dove – questo è un dato oggettivo – non ci sono sindacati degli agricoltori in grado di avviare una seria stagione di lotte nelle piazze, in Spagna gli agricoltori sono scesi in piazza e hanno minacciato di bloccare il proprio Paese. A questo punto – come abbiamo raccontato ieri – è intervenuto il Governo socialista a tutela degli agricoltori spagnoli.
In Spagna, come abbiamo raccontato ieri in un articolo, i prodotti agricoli non potranno più essere venduti a prezzi inferiori ai costi di produzione. Lo prevede un Decreto reale varato dal Governo (ricordiamo che la Spagna è una monarchia).
Mossa astuta: non si blocca la globalizzazione dell’economia, ma si obbligano i commercianti spagnoli a non vendere i prodotti a prezzi inferiori al costo di produzione degli stessi prodotti agricoli spagnoli. Per chi sgarra multe fino a un milione di euro!
Come si può notare, nessuna opposizione alla globalizzazione dell’economia tanto cara all’Unione europea. I commercianti spagnoli possono acquistare ortaggi, frutta e verdura da qualunque Paese del mondo. Ma… e qui sta la mossa del Governo spagnolo: debbono vendere tali prodotti a prezzi che non siano inferiori al costo di produzione degli stessi prodotti agricoli in Spagna.
La stessa cosa la può fare il Governo regionale di Nello Musumeci. Gli effetti positivi – come si stanno materializzando in Spagna – si avrebbero in Sicilia.
Citiamo un paio di esempi.
I nostri amici agrigentini potrebbero continuare ad acquistare tutto l’olio d’oliva ‘extra vergine’ tunisino che vogliono. Potrebbero acquistarlo ad 2 euro al litro o anche a un prezzo inferiore: poi, però, dovrebbero rivenderlo a 8 euro! Che succederebbe? Semplicissimo: che dai banchi dei Centri commerciali piccoli e grandi scomparirebbero le “offertissime”, ovvero le bottiglie di olio d’oliva extra vergine vendute a 3 euro a bottiglia!
Tutti sarebbero costretti a vendere una bottiglia d’olio d’oliva extra vergine a 8 euro (questo dovrebbe essere, grosso modo, il prezzo in Sicilia).
A questo punto i siciliani che producono il vero olio d’oliva extra vergine siciliano non avrebbero più bisogno di esportare all’estero il proprio prodotto, perché il prezzo interno sarebbe competitivo.
I consumatori siciliani capirebbero che non si risparmia sull’olio d’oliva extra vergine (perché acquistando finto olio d’oliva extra vergine si creano solo problemi alla salute) e sceglierebbero il prodotto siciliano.
E l’olio d’oliva ‘extra vergine’ estero a 2 euro al litro? I commercianti siciliani che lo acquistano lo dovrebbero vendere come tale: quanti in Sicilia acquisterebbero un olio d’oliva ‘extra vergine’ che arriva da chissà dove?
Lo farebbero passare per olio d’oliva extra vergine siciliano? Sarebbe una truffa: lo farebbero a loro rischio e pericolo!
Al massimo, l’andrebbero a vendere nel Centro Nord Italia: in quel Centro Nord Italia che, per ‘magia’, controlla da sempre il mercato dell’olio d’oliva extra vergine!
A nostro avviso, anche le altre Regioni del Sud dovrebbero adottare il blocco dei prezzi dei prodotti agricoli: dell’olio d’oliva extra vergine (con riferimento soprattutto a Puglia e Calabria) e di altri prodotti.
Quello dell’olio d’oliva extra vergine siciliano è solo un esempio.
Pensate un po’ cosa succederebbe con gli agrumi. Gli importatori di arance, limoni e mandarini sarebbero costretti a vendere questi agrumi ad un prezzo che non potrebbe essere inferiore al costo di produzione di arance, limoni e mandarini della Sicilia.
In questo caso ci guadagnerebbero? Sì, se riusciranno a far credere ai consumatori che vendono agrumi siciliani. Un ogni caso, gli agricoltori siciliani verranno tutelati!
Finirebbero, invece, gli imbrogli sulla frutta estiva. Perché quasi tutta la frutta estiva estera che arriva in Sicilia non ha alcun sapore. Se trova mercato, ebbene, questo succede perché il prezzo è basso.
Ma nel confronto tra la frutta estiva siciliana e la frutta estiva estera (per esempio africana) non c’è partita! Così come non c’è partita tra la frutta estiva prodotta nel Sud Italia e la frutta estiva che arriva da chissà dove!
Oggi i siciliani acquistano frutta estiva africana perché tanti agricoltori siciliani non hanno alcuna convenienza a coltivare frutta estiva che dovrebbero vendere sotto costo.
Ma se – facciamo questo esempio – ad un agricoltore siciliano, tra coltivazione e raccolta, un kg di albicocche costa un euro e si stabilisce che un kg di albicocche non può essere venduto meno di 2 euro, gli agricoltori siciliani tornerebbero in massa a coltivare le albicocche, mentre le albicocche senza gusto acquistate all’estero resterebbero sulla pancia dei commercianti!
La parola passa al Governo siciliano di Nello Musumeci.
Non ci dite che la Regione siciliana non ha il potere per adottare un provvedimento del genere: autorizza i Centri commerciali, che stanno distruggendo l’economia siciliana, e non può bloccare i prezzi dei prodotti agricoli?
Il Governo nazionale Conte bis interverrebbe bloccando l’iniziativa? E con che motivazione? In Spagna si fa e in Italia no? Questo sarebbe il modo – per il Governo Conte bis, che già di acqua ne fa tanta – per sputtanarsi definitivamente!
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