In una Sicilia nella quale i meridionalisti, gli autonomisti, i sicilianisti e gli indipendentisti ‘viaggiano’ da decenni rigorosamente divisi, è quasi un miracolo che il Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale di Pino Aprile abbia messo radici. Perché è importante, per il Sud, restare uniti nelle diversità. Evitando le polemiche sulle bandiere, come avvenuto a Rosolini
A fatica, piano piano, non senza qualche incomprensione, le ragioni del Sud Italia cominciano a fare breccia nell’Italia degli indifferenti e dei furbi. Non è un cammino facile. Il rigore economico che l’Unione europea continua a imporre non lascia molti margini di manovra. Proprio ieri sera abbiamo raccontato l’atteggiamento della Commissione europea, che accusa il Governo italiano di non effettuare investimenti al Sud e, per ‘punizione’, minaccia di colpire lo stesso Sud riducendo i fondi strutturali: cioè le risorse aggiuntive della Ue che vengono stanziati per Campania, Puglia, Calabria e Sicilia!
E che dire dell’Autonomia differenziata? L’ennesimo scippo di risorse al Sud Italia che, a quanto pare, è uno dei pochi argomenti che unisce i partiti politici che sostengono il Governo Conte bis.
Non è facile, difendere le ragioni del Sud. Sia perché gli avversari non sono deboli, sia perché non sempre nello stesso Sud si riscontra unità d’intenti. “In Sicilia ogni uomo è un’isola”, diceva Luigi Pirandello della sua terra.
Uno dei punti di unione del Sud Italia – forse il più importante – è la ricostruzione della storia del cosiddetto Risorgimento. Piano piano – la lentezza è una caratteristica del Mezzogiorno – qui al Sud ci stiamo riappropriando di una storia negata.
Contano i libri, certo. Da Carlo Alianello fino a Pino Aprile, passando per Nicola Zitara e tanti altri (non li citiamo tutti per mancanza di spazio), a partire dagli anni ’60 del secolo passato vanno emergendo pezzi di verità sulla ‘presunta’ unificazione italiana del 1860 che, ancora oggi, vengono negate.
Ogni Regione del Sud sta provando a fare i conti con la propria storia, con le verità ufficiali sul Risorgimento che si vanno sbriciolando. La Sicilia, in quest’avventura, ha un ruolo particolare, così com’era particolare a partire dai primi dell’800, quando non mancavano – in alcuni casi non senza contraddizioni – i fautori dell’indipendenza della nostra Isola.
Non è facile, in Sicilia, fare i conti con la propria storia. Anche perché gli interessi esterni alla nostra Isola sono sempre stati fortissimi. Si possono negare le pressioni degli inglesi nella Costituzione del 1812 e nel 1848? Per non parlare dell’impresa dei Mille del 1860, voluta e pagata dall’Inghilterra, che allora, come scrive Giuseppe Scianò, considerava il Mediterraneo “un grande mare inglese”.
Ancora oggi la Sicilia è piena statue dei ‘padri’ del Risorgimento, di vie, di piazze, di scuole e di teatri che celebrano a Garibaldi, Crispi e persino Savoia! Sembra incredibile, ma ci sono vie dedicate ancora a Nino Bixio, il fucilatore di Bronte, e al generale Enrico Cialdini, il protagonista della strage di Pontelandolfo e Casalduni!
A Palermo, ancora oggi, c’è un museo dedicato ai ‘cimeli’ di Garibaldi e compagni. E’ stato ormai accertato che Garibaldi e i suoi Mille, in Sicilia, non hanno vinto nemmeno una battaglia e che a Palermo sono entrati grazie agli inglesi e ai mafiosi.
Ma ancora oggi, a Palermo, statue, vie, scuole, piazze e persino un museo celebrano questo avventuriero che ha consegnato la Sicilia e il Sud ai Savoia, peraltro pentendosi, negli anni successivi, di quello che aveva fatto, ammettendo di meritare le “sassate” dei meridionali.
E che dire di Ruggero Settimo? Forse la più bella espressione della rivolta siciliana del 1848, un vero siciliano che sognava la Sicilia indipendente. Ma chissà perché lui e i puri come lui, nel 1860, in Sicilia non c’erano: c’erano, invece, i ‘risorgimentali’ che avrebbero venduto la nostra Isola a casa Savoia!
Pur non senza contraddizioni, anche il generale garibaldino Giovanni Corrao si rifiuterà di sottomettersi ai mafiosi diventati potenti proprio grazie all’unificazione italiana. Bellissimo il libro di Ignazio Coppola – Anche Garibaldi pagò il ‘pizzo’: i picciotti di mafia nell’impresa dei Mille – che ricostruisce la sua storia.
Dopo il 1860, in Sicilia, non sono mancate le ribellioni contro i Savoia. Come la Rivolta del sette e mezzo. E non sono certo mancati gli interventi dei parlamentari del Sud Italia.
Non è facile, in Sicilia, ripensare al passato e guardare al futuro. Ed è un miracolo – ad esempio – che il Movimento 24 Agosto per l’equità Territoriale di Pino Aprile abbia attecchito anche in Sicilia.
Non che in Sicilia manchino movimenti meridionalisti, autonomisti, siciliani e indipendentisti. Al contrario, ce ne sono tanti, tutti rigorosamente divisi e gelosi delle piccole storie.
Forse – e non sempre – il denominatore comune è la stagione dell’Indipendentismo siciliano esplosa all’indomani della Seconda guerra mondiale. Stagione infuocata quanto breve, riassorbita dal malaffare italiano.
Che tra tante divisioni, in Sicilia, abbia trovato posto anche il Movimento di Pino Aprile, lo ribadiamo, è un miracolo. Anche perché, è noto, la vecchia politica siciliana, quando intuisce che tra i siciliani spunta qua e la la voglia di verità sul presente e sul passato ci mette poco o nulla a creare un Movimento autonomista per strumentalizzare, in negativo, la voglia di cambiamento.
Per fortuna lo statuto del Movimento 24 Agosto è molto chiaro: nessuna forzatura per le tante realtà presenti nel Sud. Ogni realtà deve mantenere le proprie specificità. Che è quello che serve alla Sicilia, dove sarebbe un grave errore urtare la sensibilità di chi, nel nome di ideali di libertà, ha deciso di avvicinarsi al Movimento con la propria storia.
Confessiamo – per citare un esempio – che siamo rimasti un po’ colpiti dal dibattito che è andato in scena a Rosolini, in provincia di Siracusa. Dove ci sono state polemiche sulla bandiera italiana.
Qualcuno si è lamentato della presenza della bandiera italiana. E ha fatto male. Il 30 Marzo ci sarà l’annuale marcia per ricordare la Rivolta dei Vespri Siciliani. E ci saranno le bandiere della Sicilia (e magari le bandiere di altri Stati europei che si battono per l’indipendenza). E allora?
Il Sud Italia – lo ribadiamo ancora una volta – è un universo complicato. Fatto di tante storie. E sono storie che vanno rispettate. Tutte.
Oggi, come ieri, il Sud è sotto attacco. E oggi, più di ieri, qui al Sud è necessario presentarsi uniti per cercare di non subire altre penalizzazioni dall’Italia. Uniti nella diversità. Ognuno con le proprie storie e con le proprie bandiere: ma uniti nel rivendicare quello che un Paese ingiusto – l’Italia – ci nega dal 1860.