Se ci riflettiamo, i signori del Nord Italia hanno messo in piedi un sistema di sfruttamento coloniale del grano duro del Sud. Se lo prendono a prezzi stracciati ‘strozzando’ gli agricoltori. E ci impongono, contemporaneamente, la pasta prodotta al Nord e il mercato locale invaso dal grano estero – in parte canadese – che arriva con le navi. Ma ribellarsi no?
Ieri abbiamo rilanciato un nostro articolo nel quale raccontiamo di un’azienda di Bolzano che vende la pasta in Sicilia. Per carità: nulla contro Bolzano. Anzi, da parte nostra, ammirazione per una Regione e per due Province autonome – Trento e Bolzano – che applicano in modo pieno e corretto l’Autonomia speciale. Basti pensare che la Provincia autonoma di Bolzano non ha bisogno del Reddito di cittadinanza!
Ma noi, oggi, non vogliamo parlare del Trentino Alto Adige, ma della Sicilia. E, in particolare, del grano duro siciliano e del Sud Italia in generale. E vogliamo farlo mettendo insieme alcuni elementi che, oggettivamente, penalizzano l’agricoltura della nostra Isola e, in particolare, i produttori di grano duro del Mezzogiorno e della Sicilia.
Primo elemento: le navi cariche di grano duro che continuano ad arrivare nei porti del Sud Italia e, in particolare, nei porti pugliesi e siciliani.
Come abbiamo scritto più volte, dal mese di Giugno dello scorso anno fino ad oggi il prezzo del grano duro italiano è in salita. Dai 18-20 euro al quintale dell’estate dello scorso anno è passato a 24 euro al quintale in Sicilia e al 27-28 euro al quintale nel mercato di Foggia, in Puglia (dove, in realtà, si è verificato un ‘terremoto’ con l’annullamento dei listini della Camera di Commercio operato dai giudici della TAR Puglia).
L’arrivo di grano duro estero nel Sud Italia e in Sicilia non passa inosservato. Sulla vicenda è intervenuto nei giorni scorso il parlamentare europeo del Movimento 5 Stelle eletto in Sicilia e in Sardegna, Ignazio Corrao:
“Il prezzo basso del grano estero – ha detto Corrao – sta da anni drogando le Borse merci locali impedendo ai produttori locali siciliani di vendere il loro prodotto al giusto prezzo e al giusto valore. La mazzata finale è il misero contributo PAC, che non basta neanche a recuperare le spese di produzione delle aziende agricole. In Sicilia c’erano 300 mila aziende cerealicole, mentre adesso ne risultano 219.000. Morale: ci sono quasi 80 mila aziende agricole in meno, che testimoniano l’umiliazione che sta subendo la cerealicoltura del centro Sicilia”. (QUI PER ESTESO L’INTERVENTO DELL’EURODEPUTATO CORRAO).
Secondo elemento: i contratti di filiera. Mentre succede tutto questo, le grandi industrie della pasta propongono agli agricoltori del Sud Italia che producono grano duro i contratti di filiera.
Cosa sono i contratti di filiera lo ha spiegato con chiarezza il presidente di Confagricoltura Sicilia, Ettore Pottino:
“I contratti di filiera servono agli industriali della pasta. Risolvono i problemi degli industriali della pasta, non certo i problemi degli agricoltori. Tutto il potere contrattuale è nelle mani degli industriali. Se un grano duro non raggiunge la percentuale di proteine da loro richiesta, loro ribassano il prezzo. Insomma, sono contratti con riserva: dove la riserva tutela gli industriali, non gli agricoltori. Ti impongono le sementi, ti impongono le concimazioni. Gli agricoltori che siglano un contratto di filiera si consegnano nelle mani degli industriali della pasta”.
Terzo elemento: la produzione della pasta nel Nord Italia.
Qui torniamo all’esempio dell’azienda di Bolzano che vende la pasta in Sicilia. A parte la singolarità della storia – non ci risulta che in Trentino la coltivazione del grano duro sia molto diffusa… – il vero problema è il sistema che è stato creato in Italia per penalizzare i produttori di grano duro del Sud e, alla fine, anche i consumatori.
Sì, il sistema ha penalizzato e continua a penalizzare anche i consumatori. Il motivo è semplice. Il grano duro del Sud Italia non contiene né glifosato, né micotossine DON. Matura naturalmente con il sole del nostro Sud, senza ricorso al glifosato (a differenza di quanto avviene nelle aree fredde e umide del mondo). E, appunto perché matura sotto il sole non contiene micotossine DON.
Questo è un valore aggiunto importante che, però, non viene considerato tale. Gli industriali del Nord Italia considerano questo valore aggiunto come un elemento che gli agricoltori del Sud gli debbono regalare!
Il risultato finale di questo sistema è sotto gli occhi di tutti. Il grano duro estero che continua ad arrivare con le navi deprime il prezzo del grano duro del Sud Italia e della Sicilia. Entra nel mercato locale e finisce sulle tavole sotto forma di pasta, pane, pizze e via continuando. Sui controlli effettuati sappiamo poco o nulla.
La qualità non è eccelsa, ma ci ha pensato l’Unione europea a rendere tutto regolare, innalzando i limiti delle sostanze contaminanti presenti nel grano che arriva dai Paesi extra comunitari. E pazienza se glifosato e micotossine DON non sono proprio un toccasana per la salute umana!
Ancora Corrao a proposito dell’ennesima nave carica di grano estero arrivata in Sicilia:
“Ancora una volta potrebbe arrivare sulle nostre tavole, grano dalla dubbia salubrità. La cosa che più ci preoccupa in questo caso è che, essendo un grano proveniente probabilmente dall’UE, il controllo previsto per legge potrebbe limitarsi ad un mero controllo amministrativo… Pretendiamo invece che vengano fatti controlli a campione, perché può essere grano di scarsa qualità, di anni precedenti, o addirittura proveniente da Paesi extra UE ed entrato in Europa da altri porti europei. Quindi è lecito chiedersi: a quanto stanno comprando questo grano le industrie pastaie? Chiedo all’assessorato regionale di fornire tutta la documentazione relativa al carico di grano appena arrivato”.
Ci chiediamo e chiediamo: quanto deve durare ancora questo sistema? Possibile che il Sud Italia, pur producendo uno dei grani duri migliori del mondo, debba assistere, contemporaneamente, alla penalizzazione dei propri agricoltori e al mercato locale invaso da grano duro estero di pessima qualità?
Ma veramente dobbiamo assistere inermi al prezzo basso del grano duro del Sud Italia, ai contratti di filiera che penalizzano gli agricoltori del Sud e favoriscono le imprese del Nord e alle imprese del Nord che poi ci vengono pure a vendere la pasta?
Ma agricoltori e abitanti del Sud e della Sicilia hanno l’anello al naso?
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