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La Sicilia che perde posti di lavoro: la ZTL di Palermo e la fuga della Coca Cola da Catania/ MATTINALE 514

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A Palermo un Comune sempre a caccia di soldi per tenere in piedi una ‘macchina’ amministrativa elefantiaca e inefficiente si è inventato la ZTL notturna, fra le proteste dei commercianti. A Catania ci sta pensando il Governo nazionale con plastic tax e free tax a far ‘scappare’ in Albania la Coca Cola. Poi c’è la Grande distribuzione organizzata, con i Centri commerciali che si fanno la guerra sui prezzi. Il tutta a scapito dell’agricoltura siciliana 

Ci dicono che stanno arrivando nuove occasioni di lavoro, che in Sicilia l’occupazione crescerà. Ma da Palermo e da Catania, in verità, i messaggi sembrano un po’ diversi. A Palermo e a Catania, al contrario, si parla di chiusura di esercizi commerciali e di perdite di posti di lavoro. E’ la Sicilia che, invece di andare avanti, va indietro, in parte perché c’è la globalizzazione dell’economia, in parte per scelte del Governo nazionale, in parte per errori commessi dai due Comuni.

Divise da un’autostrada interrotta, Palermo e Catania mantengono alcuni punti in comune: la crisi finanziaria e la crisi economica e commerciale.

A Palermo, ad esempio, i commercianti del Centro storico sono in subbuglio. Nel corso degli anni, nella parte antica della città solo in parte restaurata, il Comune ha autorizzato l’apertura di tanti, forse troppi esercizi commerciali. Ma oggi il Comune del capoluogo siciliano ha deciso di introdurre la ZTL notturna.

ZTL sta per Zona a Traffico Limitato. Che in Italia, ormai, non serve per limitare il traffico delle auto in alcune zone delle città inquinate, ma per monetizzare il passaggio delle automobili: cioè per fare ‘cassa’.

Storicamente, per percorrere con le automobili le Zone a Traffico Limitato, gli automobilisti pagano un botto di soldi. Oggi i Comuni fanno pagare cifre modeste, perché il vero obiettivo non è la salubrità dell’aria, ma spillare soldi ai cittadini con i pass e con le contravvenzioni.

A Palermo la situazione è particolare. Perché è stato proprio il Comune ad autorizzare la proliferazione di esercizi commerciali nel Centro storico. Una zona che è diventata il centro della movida rendendo la vita quasi impossibile a chi ha scelto di abitare nel Centro storico.

La mancanza di programmazione nel settore commerciale ha creato una grande confusione, così oggi non è facile far convivere gli esercizi commerciali – con prevalenza di pub e locali notturni – con chi abita nel Centro storico.

La ZTL notturna inevitabilmente, colpirà i commercianti, perché tanti ragazzi, piuttosto che pagare il pass – o, peggio, la contravvenzione – cambieranno zona. Da qui il probabile crollo di tanti esercizi commerciali. 

Lo sanno bene i commercianti, che infatti hanno annunciato il ricorso contro la ZTL notturna. Con polemiche dai toni duri. Con l’attuale amministrazione comunale che mostra tutti i propri limiti anche espressivi: veramente fuori luogo le parole dell’assessore comunale Giusto Catania

A Palermo va in scena anche la ‘guerra’ della Grande distribuzione organizzata. Pure su questo fronte, da parte del Comune, non c’è stata alcuna programmazione. I Centri commerciali sono tanti, tutti in competizione tra loro.

Il numero di questi Centri commerciali è così elevato che chi li ha previsti deve aver pensato che vita dei palermitani, appena svegli la mattina, consista nel lavarsi, vestirsi e precipitarsi a fare acquisti nei Centri Commerciali. Magari prendendo il Tram che – ‘casualmente’ – fa capolinea in due Centri commerciali (pensate un po’ cosa sarebbe successo se una cosa del genere l’avesse fatta la Lega di Salvini…).

Il risultato è che alcuni Centri commerciali stanno licenziando, mentre altri aprono i battenti. L’aspetto amaro di questa storia è che i nuovi Centri commerciali che aprono i battenti si presentano annunciando nuove, mirabolanti assunzioni.

In realtà, la Grande distribuzione organizzata – soprattutto quella presente in Sicilia – viene dalle nostre parti per imporre prodotti che nulla hanno a che spartire con le produzioni siciliane, tranne per qualche prodotto. Si tratta di una colonizzazione economica e commerciale con l’imposizione di prodotti, freschi e trasformati, che penalizzano l’agricoltura siciliana, facendo arrivare dalle nostre parti prodotti dal resto d’Italia e dall’estero, spesso di pessima qualità.

Quindi, la Grande distribuzione organizzata, in Sicilia, al massimo garantisce pochi posti per cassieri e contabili, mentre penalizza l’agricoltura.

Non solo. Trattandosi di gruppi nazionali o esteri, i soldi che i siciliani spendono per fare la spesa finiscono fuori dalla Sicilia!

Il risultato di questo sistema coloniale è che in Sicilia, su 13 miliardi di euro di spesa agro-alimentare (tanto ogni anno spendono i siciliani per il cibo), solo 2 miliardi di euro restano in Sicilia, mentre 11 miliardi vanno nel Nord Italia o all’estero.

Il tutto per mangiare, nella stragrande maggioranza dei casi, cibi non siciliani, spesso di infima qualità!

Ora c’è la moda della Grande distribuzione organizzata “legata al territorio”. Formula tutta da dimostrare che, da quello che vediamo, si articola nella presenza di “prodotti civetta” locali, ben esposti e ben promossi per attirare i consumatori che, una volta dentro, acquistano, in maggioranza prodotti che nulla hanno a che vedere con la Sicilia!

Ma se Palermo piange, Catania non ride. All’ombra dell’Etna il Governo nazionale Conte bis, nelle frenesia di fare ‘cassa’ aumentando le tasse, sta facendo scappare dalla nostra Isola la Coca Cola.

Leggiamo sul quotidiano La Sicilia:

“Per la Sibeg, azienda che nell’impianto della Zona Industriale di Catania imbottiglia le bevande a marchio Coca-Cola, il taglio riguarderà 151 unità.

«Da oggi preferiamo fare investimenti nell’impianto di Tirana. Depotenzieremo al massimo l’impianto di Catania e amplieremo quello di Tirana. Tutto scatterà da ottobre, da quando aumenteremo i prezzi e crolleranno i fatturati dei 12 mesi successivi. Il grosso del taglio del personale verrà fatto da novembre fino ad aprile maggio, prima della stagione 2020-2021», ha spiegato l’Ad dell’azienda Luca Busi.

«La plastic tax e la free tax, sono tasse per fare cassa – ha aggiunto a margine di un incontro con una delegazione di Fi – senza pensare alla salute dei nostri consumatori e senza pensare all’ambiente, sono tasse solo per distruggere il settore. Sono insostenibili. La Sibeg sarà costretta ad aumentare i prezzi al consumo del 20% e di conseguenza saremo costretti a perdere fatturato e la nostra stima è di un meno 27% in un anno: da 315 milioni di euro arriveremo a 86 milioni e per sopravvivere saremo costretti a salutare 151 persone».

«Avevamo due investimenti importanti – ha osservato Busi – da fare sull’impianto di Catania nei prossimi tre anni, quindi nuovi posti di lavoro, ma li faremo nel nostro impianto di Tirana, in un territorio ‘amicò. Le due linee in Albania producevano sia per la Sicilia sia per quel Paese, quindi abbiamo la flessibilità per mettere in uno dei due impianti».

«Per quanto riguarda le tasse – ha concluso l’Ad di Sibeg – il singolo articolo deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Qualche mese c’è per far riuscire a ragionare il governo e aprire un tavolo tecnico per riuscire a costruire un percorso sostenibile per le imprese come è stato fatto in Inghilterra ed in Francia».

Foto tratta da Messina Oggi

 

 

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