Il problema non riguarda solo l’Italia – che è un esempio paradigmatico – ma la libertà di tutti i popoli. In questo articolo, a partire dai Moti dei primi anni dell’800, si analizza come i valori umani so stati sostituiti dall’arrivismo, dalla competizione. L’attacco alla Chiesa cattolica, la truffa del Trattato di Lisbona e la reintroduzione nascosta della pena di morte
di Giovanni Maduli
Estratto dell’intervento al “Terzo Convegno Tradizionalista di Napoli Capitale” del 19.10.2019
Si dice che la Storia sia maestra di vita ed anche che la Storia si ripeta. Eppure spesso, troppo spesso, sembra proprio non sia così. Poiché infatti – e quasi sempre – si resti indifferenti agli insegnamenti che quella maestra a ben guardare pure abbondantemente elargisce, non resta che dedurre che…: o la Storia non è maestra di vita, oppure che… noi tutti si è pessimi allievi.
Propendo per la seconda ipotesi.
Nonostante infatti certi fenomeni, certe circostanze, certe similitudini si ripresentino ciclicamente ai Popoli, quasi a voler lanciare un segnale d’allarme, sembra non si riesca a cogliere quei segnali, a volte nascosti o latenti, a volte evidenti, che pure dovrebbero allarmarci o, quanto meno, porre in una condizione di maggiore vigile attenzione.
A tal proposito vorrei proporre un’analisi, pur non essendo io uno storico né tanto meno un economista, diversa dalle solite; con questo senza voler certo sminuire il valore che queste ultime comunque e certamente esprimono.
Normalmente le analisi storiche condotte negli ultimi cinquanta anni – si considerino primi gli studi di Carlo Alianello, di Nicola Zitara, di Silvio Vitale e pochi altri, senza per altro considerare i pensieri ancora antecedenti di Francesco Saverio Nitti, di Gaetano Salvemini o Antonio Gramsci… – si soffermano su quanto avvenne in relazione all’aggressione ed all’annessione del Regno delle Due Sicilie, con particolare riferimento ai fatti storici specifici, alle circostanze, alle battaglie, alle nefandezze, agli stupri, alle violenze, alle grassazioni, alle truffe, agli inganni, ai tradimenti che caratterizzarono quell’evento.
LA BARBARIE PIEMONTESE NEL 1860 – Già più difficile trovare studi più attenti, approfonditi e puntuali sulle vere cause che quegli eventi determinarono, e ciò a prescindere dalla – a quel tempo imminente – realizzazione del Canale di Suez, dell’intento di eliminare il potere temporale del Papato, di impossessarsi degli zolfi siciliani o della necessità, da parte del Piemonte, di ripianare i propri debiti attraverso il vile furto delle ricchezze in oro del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli; fattori, questi ultimi, certamente importantissimi ma, a ben guardare, non quelli che dietro le quinte si rivelano come le vere e più profonde cause di quegli eventi che scatenarono la barbarie piemontese ai nostri danni con l’appoggio più o meno palese di potenze straniere quali Inghilterra, Francia e non solo.
Volendo approfondire quest’ultimo aspetto mi permetto di suggerire vivamente la lettura oltre che del celebre “Massoneria e sette segrete” di Epiphanius (Controcorrente Edizioni), anche e forse sopratutto la lettura de “La rivoluzione borghese in Italia – Dalla Restaurazione ai moti del 1831” di Gian Pio Mattogno (Edizioni All’insegna del Veltro); testo, quest’ultimo, che giunge alla radice di quelle che furono le vere cause e i veri autori di tutto quel trambusto che sconvolse l’Europa a partire dai cosiddetti Moti del 1812; un lavoro che identifica nella borghesia rampante industriale e finanziaria, mossa dal desiderio di perseguire un maggiore potere politico e contrattuale, la vera protagonista (insieme ad altri attori) di quanto avvenne, ma che ne indaga sapientemente anche i risvolti socio-economici, culturali e valoriali. E’ il caso di dire che attraverso questi testi – ma ve ne sono anche altri – si apprende “tutta un’altra Storia”.
Quella che cercherò di tratteggiare è un’analisi comparativa condotta, se possibile, con atteggiamento distaccato, lontano, quasi “disinteressato”, cercando di evitare quel coinvolgimento emotivo che inevitabilmente tocca chi si occupi o si interessi di questi argomenti. Un’analisi di ampio respiro che confronti per ampie linee quanto allora avvenne con quanto avviene oggi, in questi anni. Un’analisi che ci porterà a meglio comprendere come quanto si avviò allora in tutta Europa ed in Italia non fu che il prologo di un più ampio e perverso progetto che vede proprio in questi anni il coronamento del suo successo, almeno in Europa (per ora…).
Limitandoci alla disamina di quanto avvenne in Italia dal 1860 in poi e prescindendo dagli avvenimenti storici intrinseci e specifici, si possono identificare almeno sei punti fondamentali:
1) Eliminazione degli Stati preunitari e loro assorbimento in unica realtà statuale;
2) Sostituzione dei principi economici;
3) Sostituzione della moneta;
4) Sostituzione di Valori;
5) Attacco al Cattolicesimo e promozione del Protestantesimo;
6) Autori.
LA FINE DI SEI STATI – Riguardo al primo punto, una delle principali conseguenze degli avvenimenti di quegli anni non fu solamente l’aggressione e l’annessione forzata delle Due Sicilie nel consesso italico (meglio sarebbe dire nel Regno di Sardegna), ma anche l’assorbimento di altri ben cinque liberi Stati: il Lombardo-Veneto, il Ducato di Parma, il Ducato di Modena, il Gran Ducato di Toscana e lo Stato Pontifico con l’esclusione di Roma. In un sol colpo venivano così cancellate storie, tradizioni, usi, costumi, scuole giuridiche, scuole di pensiero per molti versi simili eppure diverse.
Non v’è dubbio che le tradizioni di quegli Stati e di quei Popoli fossero caratterizzate da comuni denominatori sotto vari aspetti, ma è altrettanto vero che esistevano, e persistono ancora oggi, differenze rilevanti sia sotto il profilo culturale che sociale ed in relazione a specifiche tradizioni. Basti pensare ai differenti stili di vita e alle differenti “filosofie di vita”, che ancora oggi persistono, fra gli abitanti delle Due Sicilie e quelli del Regno di Sardegna o del Lombardo-Veneto.
Quello che ne venne fuori, come è noto, è uno Stato disgregato culturalmente, socialmente e sotto il profilo valoriale; e questo indipendentemente dalla famosa e triste “Questione meridionale”. Tali differenze erano chiare ed evidenti e mai nessuno nella storia italica, dopo la fine dell’Impero Romano, aveva pensato di unificare in maniera così radicale territori così diversi. Si era pensato, è vero, ad una Confederazione; ma una cosa è una confederazione, ben altro uno stato unitario!
Eppure è stato fatto, indipendentemente dal parere e dalla volontà dei Popoli; anzi, nel nostro caso, pure con la netta e chiara opposizione degli abitanti delle Due Sicilie.
ATTACCO AI PRINCIPI ECONOMICI – Come è noto, l’avvento del “nuovo Stato” comportò anche la radicale modificazione dei princìpi economici: dall’economia della rendita si passò all’economia del profitto. Potrebbe sembrare un aspetto marginale ma non lo è. Ad una economia basata da secoli sul risparmio e sulla rendita veniva sostituita (imposta) una economia basata sulla speculazione; una economia quindi con aspetti etici e valoriali diametralmente opposti a quelli in vigore nelle nostre terre. Le nefaste conseguenze sotto il profilo sociale e relazionale sono più che evidenti.
LA SOSTITUZIONE DELLA MONETA – Alla moneta in vigore nel Regno delle Due Sicilie, il Ducato, veniva sostituita ben presto la carta moneta. Ad una moneta quindi definita da un valore intrinseco proprio (oro, argento o leghe minori), veniva sostituita una carta moneta formale priva di qualsivoglia valore intrinseco. Ma non è questo l’aspetto peggiore: ad una moneta di proprietà del portatore (chi aveva in tasca un Ducato ne era proprietario a tutti gli effetti), veniva sostituita una (carta) moneta di proprietà di un terzo, cioè dello Stato e, cosa ancora più grave, una (carta) moneta gravata da debito.
LA SOSTITUZIONE DEI VALORI – Il cambio dei princìpi economici contribuì fortemente al cambio, o meglio, alla sostituzione di quei valori sociali ed umani che per secoli avevano caratterizzato la vita della nostra comunità. Ai princìpi di solidarietà, collaborazione ed uguaglianza si sostituivano quelli del profitto personale anche a scapito dell’interesse collettivo, quelli dell’arrivismo, dell’affarismo, della speculazione, della competizione, dell’arricchimento quali fini ultimi e supremi di qualsivoglia attività o iniziativa. E tali principi valsero anche all’interno di private famiglie con le conseguenze sociali ed umane che si possono immaginare: la disgregazione della comunità e della famiglia erano “dietro l’angolo”.
L’ATTACCO ALLA CHIESA CATTOLICA – L’avversione della Chiesa Anglicana e Protestante nei confronti della Chiesa Cattolica era nota da tempo ed infatti l’attacco alla Chiesa ed al Papato con l’avvento dell’unità d’Italia fu più che evidente: non solo si defraudò illegalmente uno Stato del suo intero territorio, non solo si espropriarono arbitrariamente conventi e monasteri lasciando letteralmente sul lastrico migliaia di preti e monache, non solo si lasciarono senza soccorso quei miseri che dall’operato di quei preti e monache tanto giovamento e soccorso avevano avuto, si osteggiò in tutti i modi e su tutto il territorio nazionale l’intervento e lo spirito stesso del messaggio Cristiano. Ma vi fu di più, molto di più. In molte città, come ad esempio a Palermo, poco dopo l’arrivo del “Liberatore” nacquero diverse Chiese protestanti ubicate in posti centralissimi: un chiaro segno di sfida e di ostentazione di potere da parte di chi voleva imporsi alle masse attraverso nuove teorie e prassi religiose.
UNITA’ D’ITALIA O UNITA’ DI AFFARISTI? – Come è noto a chi si interessa delle questioni relative alla cosiddetta unità d’Italia, il vero autore di cotanta arrogante impresa non fu certo il Popolo né forse, nemmeno il Regno di Sardegna; esso fu solamente l’utile strumento di un’operazione architettata da ben altri poteri: alta borghesia industriale, poteri finanziari e massoneria. Non quindi un afflato di Popoli Italici desiderosi di unirsi sotto una unica bandiera; non l’anelito o il desiderio di “Libertà, Uguaglianza, Fraternità” (?), bensì il bieco e vile interesse di gruppi affaristici nazionali ed internazionali.
Questi, per grandi linee, i punti salienti relativi all’unità d’Italia che ritengo di mettere sotto osservazione confrontandoli con quanto avviene in questi anni in Italia e in Europa.
1) Con la nascita dell’unità europea di fatto gli Stati nazionali che a questa comunità aderiscono hanno perso progressivamente sovranità ed autonomia. Le Costituzioni ivi vigenti sono state soppiantate dai “trattati” europei che, di fatto, sovrastano il potere e la potestà delle Costituzioni dei singoli Stati. E questo contro il parere dei Popoli stante che quelle poche volte che attraverso referendum è stato chiesto il parere dei cittadini sulla cosiddetta “Costituzione” europea, questi si sono espressi sempre negativamente.
Si è allora “semplicemente” cambiato il nome: da “Costituzione” a “Trattato/i” i quali, come noto, non necessitano di ratifica popolare. Così, contro il parere dei Popoli, numerosi Stati una volta sovrani si sono ritrovati “uniti” e “assorbiti” in una entità indefinibile (in quanto solamente economica e non politica); una entità per altro voluta da “privati”.
Ciò che nel 1860 era accaduto in Italia, si è quindi ripetuto con modalità simili su scala europea. Allora si usarono i fucili, oggi le armi dell’alta finanza.
2) Il percorso politico e sociale dei diversi Stati europei negli ultimi decenni aveva portato questi ultimi a prediligere una politica per così dire “social democratica”. Indipendentemente infatti dalle inevitabili differenze riscontrabili fra le politiche economiche dei vari Stati prima dell’unità europea, questi ultimi avevano perseguito obiettivi preminentemente di carattere sociale. La spesa pubblica era volta al soddisfacimento dei bisogni dello Stato nel suo complesso e quindi dei suoi cittadini. Era di fatto in corso una sorta di virtuosa “gara” a chi offrisse servizi migliori ad esempio in ambito scolastico, sanitario, assistenziale, scientifico, etc..
Con l’avvento della cosiddetta unità europea il paradigma cambia: attraverso l’affermata supremazia della finanza sull’economia e sulla politica “il centro” dell’intervento statale si sposta dall’impegno a servizio dei cittadini all’impegno a servizio dell’alta finanza, delle banche, dei poteri forti. L’esaltazione enfatica, possiamo quindi dire, di quanto già avvenuto subito dopo il 1860.
3) In relazione alla “moneta”, così come dopo il 1860 si sostituì, come abbiamo visto, il Ducato con la “nuova” (carta) moneta priva di valore intrinseco, così con l’unità europea le singole divise dei vari Stati vengono sostituite con l’Euro.
Ma vi è una sostanziale ulteriore differenza: mentre con le (carte) monete precedenti queste erano almeno di proprietà dello Stato che le aveva emesse, quindi in ultima analisi di proprietà dei cittadini, l’Euro è di proprietà privata. Solo la BCE ha infatti facoltà di emetterlo e prestarlo; ovviamente ad interesse.
Ma ancora non contenti di quanto raggiunto gli autori di queste truffe si apprestano ad imporre il divieto del contante (già in parte in atto) in favore di carte di credito con le quali non solo perseguiranno ulteriori illeciti profitti, ma addirittura saranno in grado di controllarci completamente, ovunque ed in qualsiasi momento.
CHI SONO I PROPRIETARI DELLA BCE – Ma chi sono i ”privati” proprietari della BCE e quindi dell’Euro? Sono i grandi gruppi finanziari, bancari, assicurativi e speculativi a livello mondiale: l’apoteosi di quanto avvenuto in Italia circa centocinquanta anni prima! E questo, per di più, a scapito ulteriore delle singole sovranità statali. Avendo perso la facoltà di emettere moneta infatti, gli Stati non hanno più possibilità di programmare autonomamente le proprie politiche, siano esse programmatiche che economiche.
Gli Stati, una volta sovrani, divengono quindi sudditi di una entità superiore in virtù non di uno spontaneo e per altri versi auspicabile riavvicinamento dei Popoli, ma esclusivamente in favore e nell’esclusivo bieco interesse di un potere economico privato.
Ma vi è di più e molto peggio.
La cosiddetta unificazione europea è avvenuta attraverso la sottoscrizione progressiva di diversi “Trattati” stampati in modalità criptiche e quindi incomprensibili ai più. Trattati che hanno definitivamente cancellato ogni possibilità di assumere decisioni o scelte autonome e, tanto meno, nell’interesse dei cittadini. Esaminiamoli brevemente.
– Legge 3 novembre 1992, n. 454 – Ratifica del trattato di Maastricht.
Con questa legge l’Italia, contravvenendo a quanto previsto dall’art. 11 della sua stessa Costituzione, ha ceduto la propria sovranità monetaria alla Banca Centrale Europea, organismo privato, i cui membri godono di assoluta immunità. Ciò comporta di fatto l’impossibilità di adottare qualsivoglia iniziativa per la gestione economica e finanziaria dello Stato.
LA TRUFFA DEL TRATTATO DI LISBONA –
Legge 2 agosto 2008, n. 130 – Ratifica del Trattato di Lisbona.
Tale Trattato altro non è che la Costituzione Europea riproposta tale e quale appunto in forma di trattato al solo fine di eludere le consultazioni referendarie che, per dettato costituzionale dei paesi presso i quali è stata presentata, sarebbero state indispensabili. In particolare, è da evidenziare che allorquando tale Trattato (in realtà la Costituzione Europea) fu sottoposto in alcuni stati ai necessari referendum, ovunque fu proposto, essi sono stati sempre respinti dai cittadini interpellati.
All’atto della sua nuova presentazione sotto forma di trattato, esso fu volutamente complicato nella sua intelligibilità al solo fine, poi dichiarato, di renderlo incomprensibile ai più attraverso l’inserimento di una serie infinita di richiami ad altre leggi, codici, interpretazioni e quant’altro che, di fatto, l’hanno reso di difficilissima comprensione e lettura.
La premeditazione di tale artificio è stata successivamente testimoniata da Giuliano Amato il quale riferì che:
“Fu stabilito che il documento fosse illeggibile… Se fosse stato comprensibile vi sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum”.
Ma anche da Valéry Giscard D’ Estaing il quale affermò:
“Il Trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum”.
Ancora, il parlamentare europeo Jenes Peter Bonde riferì:
“I primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato non sarebbe mai stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referendum. Il loro scopo era di farlo approvare senza sporcarsi le mani con i loro elettori”.
LA REINTRODUZIONE FITTIZIA DELLA PENA DI MORTE – E’ noto a pochi che questa “Costituzione”, redatta ed approvata senza che sia mai stata illustrata né tanto meno discussa dai cittadini, reintroduce la possibilità dell’istituzione della pena di morte. L’art. 2 infatti testualmente recita:
ARTICOLO 2 – Diritto alla vita
1 – Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena.
Il secondo comma dello stesso articolo recita:
2 – La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: a) per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale; b) per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta; c) per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione.
E’ appena il caso di rilevare, fra l’altro, che il precedente comma non specifica cosa si intenda per sommossa o insurrezione.
– Legge 14 maggio 2010, n. 84 – Ratifica del trattato di Velsen (Eurogendfor)
Con questo trattato viene fra l’altro istituita l’ EUREGENDFOR (forza di gendarmeria europea con base in Italia, a Vicenza), la quale gode di poteri praticamente illimitati; non risponde infatti ad alcuna istituzione civile e/o militare di qualunque paese, non è sottoponibile a qualsivoglia forma di controllo da parte di istituzioni civili, i suoi atti ed i suoi locali sono inviolabili, i suoi membri godono di immunità e non rispondono di eventuali danni arrecati durante il servizio. Una ben strana polizia.
– Legge Costituzionale 23 aprile 2012, n. 1 – Introduzione dell’equilibrio di bilancio in Costituzione.
A tal proposito va chiarito che quando uno Stato ha la sovranità monetaria e spende a deficit, cioè stampando moneta, il debito che egli contrae è un debito in certo qual modo fittizio in quanto debito che lo Stato contrae con se stesso. Ciò ovviamente non vuol dire che uno Stato con sovranità monetaria possa stampare tutta la moneta che ritiene necessaria in quanto interverrebbero fattori negativi che svaluterebbero la moneta come, ad esempio, una forte inflazione; però la possibilità di stampare moneta dà allo Stato la possibilità di gestire la finanza anche andando “a debito” e prendendo al contempo misure compensative; potrebbe insomma gestire le entrate e le uscite stampando moneta o limitandone l’emissione controbilanciando tali atti ad esempio con maggiori o minori imposizioni fiscali a seconda dei casi.
E’ a questo punto che entra in gioco la politica. Se uno Stato spende a debito ma in maniera produttiva ed oculata, non solo si avrà una inflazione contenuta, accettabile e temporanea, ma anzi la sua moneta acquisterà valore in futuro. Se, al contrario, uno Stato spende soldi a debito per costruire opere inutili o peggio, mai ultimate, come purtroppo i nostri politicanti sono usi fare, ecco che al peso della spesa a debito si aggiunge il mancato utile che quell’opera avrebbe potuto generare. In altre parole, una spesa oculata, anche se a debito, produce ricchezza; una spesa per un’opera inutile o mai ultimata genera debito effettivo, che si tradurrà poi in effettiva svalutazione e quindi inflazione, nonché in mancato utile.
Con l’introduzione in Costituzione dell’equilibrio di bilancio si è impedito allo Stato di spendere a deficit: non può spendere più di quanto incassa; significa, in breve, votare lo Stato e i cittadini alla povertà perenne.
– Legge 23 luglio 2012, n. 114 – Ratifica del Fiscal Compact.
Con la sottoscrizione del Fiscal Compact i nostri politicanti hanno accettato, senza minimamente discuterne con i cittadini, di versare alla Banca Centrale privata, la BCE, ben 900 miliardi di euro in misura di 45 miliardi all’anno per venti anni!
– Legge 23 luglio 2012, n. 116 – Ratifica del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES)
Con l’approvazione del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) i nostri politicanti hanno stabilito, senza nulla chiedere al popolo, che i cittadini italici, come anche quelli degli altri Stati aderenti, ognuno con quote differenti, versino nelle casse della banca centrale privata europea, la BCE, ben 125 miliardi di euro in misura di 25 all’anno per cinque anni. E per fare cosa? Beh, questo è un vero capolavoro: per costituire un “fondo di solidarietà”. Per costituire tale fondo, fondo al quale potranno accedere i Paesi in eventuale difficoltà ma, è bene si sappia, anche le banche, i Paesi aderenti al trattato versano a titolo gratuito una certa somma; l’Italia i 125 miliardi di cui sopra. Qualora uno stato in difficoltà facesse richiesta di “aiuti” gli saranno erogate, a certe condizioni quali ad esempio la cessione di ulteriore sovranità, le somme richieste che però dovranno poi essere restituite con gli interessi! Se non fosse vero, reale e drammatico, sembrerebbe una barzelletta.
Poiché l’Italia, come gran parte degli altri stati aderenti alla UE, ha rinunciato alla sovranità monetaria, cioè non può più stampare moneta, è costretta ogni qual volta ha bisogno di moneta, cioè sempre e per qualsivoglia necessità, quindi anche per pagare gli interessi sullo stesso debito contratto, a richiederla in prestito, attraverso la “mediazione” di altre banche private, alla banca centrale privata europea, la BCE, la quale poi richiederà la restituzione di quella somma gravata degli interessi!
E dove si prenderanno le somme necessarie per gli interessi? Semplice: dalle tasche dei cittadini che saranno così condannati ad un costante e crescente aumento di carico fiscale e quindi impoverimento.
4) Un siffatto radicale stravolgimento dei paradigmi economici e finanziari non poteva non avere ripercussioni sulla vita e sui rapporti sociali fra i cittadini. L’affarismo, che già con l’unità d’Italia era entrato a pieno regime (si pensi solo per fare un esempio allo “Scandalo della Banca romana”), raggiunge oggi i suoi più alti successi. Non più solidarietà, collaborazione, senso civico e sociale o almeno, quel che di essi restava; adesso i nuovi dogmi per tutti, quindi anche per i semplici cittadini sono arrivismo, competizione, affarismo, concorrenza, rivalità etc..
E non si pensi che questi siano argomenti relativi solamente al campo ideologico o filosofico: “Imparare a competere” è scritto su di un manifesto ancora presente in molte scuole! “A competere”!…, non a collaborare con l’altro, con il prossimo e con la società; non a sentirsi parte di una comunità unita e solidale: bisogna imparare “A competere”!
L’interesse e la speculazione sono divenuti il nuovo faro di questa nuova dottrina e le conseguenze si possono non solo verificare ma perfino contabilizzare sulla base dei fallimenti di famiglie e imprese che a migliaia hanno chiuso e continueranno a chiudere o, se si preferisce, sui suicidi per cause economiche che hanno costellato la nostra storia recente; suicidi di cui però i media preferiscono riferire sempre meno. La disgregazione della famiglia e della società, iniziata nel 1860, prosegue oggi con successo il suo percorso.
5) In ambito religioso si assiste ormai da alcuni anni al continuo cambio di paradigmi attraverso stravolgimenti che tendono oltre che alla relativizzazione di determinati concetti fondanti, alla proposizione di nuove fantomatiche e velleitarie religioni. Si assiste così alla deificazione della “Terra Madre”, alla nascita della “New Age”, al Naturalismo quale nuovo “totem”, alla divinizzazione di “Gaia” e altri simili simulacri.
Allo stesso modo potrebbero intendersi, a latere, le ridicole discussioni nate di recente sul web sulla cosiddetta “teoria della terra piatta”, sulla “teoria della terra cava”, sulla “lotta” fra uomini e donne, sui fantomatici “nuovi diritti” e tanto altro. Tutti argomenti ai quali vorrebbe attribuirsi un valore quasi religioso. Ma tutto è “utile” per creare sconforto e smarrimento; tutto è “utile” per disgregare la società e ridurla ad un ammasso di individui soli e privi di riferimento alcuno; anche le questioni religiose.
Così come nel 1860 (anche se già da prima in verità) comincia l’attacco sistematico ai valori religiosi dei Popoli delle Due Sicilie, oggi si cerca in tutti i modi di svilire e ridicolizzare i sentimenti religiosi dei Popoli e, insieme a questi, anche i valori sociali e perfino scientifici che fino a poco tempo addietro costituivano capisaldi indiscussi della nostra Comunità.
6) Abbiamo visto in precedenza chi furono i veri autori dell’unità d’Italia nel 1860. Ma chi sono stati e sono oggi gli autori dell’unità europea?
Esattamente gli stessi soggetti di allora: grandi lobbies internazionali, alta borghesia industriale, poteri finanziari, bancari, assicurativi e massoneria. Inoltre oggi, a quanto riferito di recente da Francesco Amodeo nel suo importante e recente volume “La Matrix Europea”, supportati anche dalla C.I.A.. Quei poteri cioè che già nel 1860 (ma anche con le rivoluzioni fra il 1812 ed il 1848) iniziarono il loro perverso cammino volto alla defraudazione delle libertà e delle sovranità dei popoli. Non potremo mai dimenticare ad esempio quel documento della J.P. Morgan (potente banca d’affari) di qualche anno addietro dove si denunciava “l’eccesso di democrazia” presente, a suo avviso, nelle diverse Costituzioni dei singoli Stati europei.
Non ho difficoltà a concludere che l’euro e questa Europa assomiglia molto ad una truffa organizzata.
Giunti alla conclusione di questa diversa ma credo attendibile analisi non può che dedursi che l’unità d’Italia e l’unità d’Europa non sono che un inganno; sono figlie non già del legittimo desiderio di pace e di unità dei Popoli, ma della stessa smodata sete di potere e denaro di una parte certamente infinitesimale dell’umanità. E si può altresì comprendere come non abbia senso continuare a dividersi fra “destra”, “sinistra”, “centro”, conservatori, progressisti, quattro o sei “stelle”, “leghe”varie e quant’altro.
E’ necessario comprendere che il vero nemico si annida fra le altissime sfere della finanza mondiale e mondialista; fra coloro che detenendo un già immenso potere, aspirano senza neanche darlo a nascondere, al dominio sui Popoli, su tutti i Popoli e perfino sul mondo intero.
E’ necessario comprendere che se non si affrontano apertamente e con determinazione i temi sopra trattati e se non si perviene a decise azioni volte all’uscita dall’Europa e dall’euro, noi si potrà continuare a costituire partiti, movimenti e associazioni in continuazione ma non si perverrà mai a nessun risultato utile ad un vero riscatto ed alla rinascita della Sovranità e della Libertà dei Popoli.
Certo, il mondo è cambiato; non esiste più il bipolarismo e sarà necessario trovare nuove vie e nuove forme per il pacifico, armonioso e proficuo progresso e convivenza dei Popoli, ma altre vie sono possibili; diversi autorevoli autori ne parlano già da tempo. Seguiamo il loro pensiero, se necessario anche criticandolo costruttivamente, ma non lasciamo ai cosiddetti poteri forti la facoltà di decidere del nostro futuro e di quello delle future generazioni: i Popoli possono essere, se uniti e coesi, molto più forti e potenti di loro.
La Storia ci ha insegnato; o almeno sta tentando di farlo. Sapremo noi essere bravi allievi?
Foto tratta da www.europarl.europa.eu