Sicilia e Puglia: fanno fallire gli agricoltori per prendersi i terreni per quattro soldi

10 dicembre 2019

Chi acquista i terreni? Grandi gruppi del Nord Italia (in Sicilia sono soprattutto veneti) per costituire nuovi latifondi. Ma anche chi vuole fare affari con le energie alternative. Questo spiega anche il perché della speculazione al ribasso sui prezzi del grano duro e l’invasione di olio d’oliva e ortofrutta dai Paesi esteri    

Fino a stamattina abbiamo scritto del progetto di far fallire gli agricoltori del Sud Italia per toglierli in terreni per quattro soldi. Il fenomeno è in atto in Sicilia, dove non solo il grano duro, ma anche le uve da vino sono diventate poco redditizie. Così gli agricoltori siciliani vendono ai veneti, che utilizzano i diritti di reimpianto degli agricoltori dell’Isola per impiantare uve per produrre vini spumanti. 

Negli ultimi anni, in Sicilia, si contano circa 30 mila ettari di vigneti finiti ai veneti. E la situazione va a peggiorare, perché la crisi investe il grano duro e l’ortofrutta.

Una cosa del genere succede anche in Puglia, in provincia di Brindisi. A raccontare l’abbandono dell’agricoltura in alcune zone di questa Regione del Sud Italia con cessione di terreni ad imprese del Nord e anche a chi vuole fare soldi con le energie alternative è un articolo pubblicato da TELERAMA NEWS:

“Ulivi ridotti in legna da ardere. Un grande cimitero delle piante si trova a Torchiarolo, al confine con Squinzano, subito dopo lo svincolo della superstrada. Non si contano gli alberi estirpati… Il disseccamento rapido è la causa principale del violento processo di abbandono in corso, ma non è l’unica. Ciò che è certo è che fioccano i cartelli ‘Vendesi’ tra i campi e anche gli annunci sui portali di vendita. A spulciarne un po’, si nota come negli ultimi mesi si siano moltiplicati. Su uno dei siti si legge che il prezzo medio in zona è di 39 euro al metro quadrato. Il riferimento è, però, a terreni edificabili”.

“Per gli oliveti, invece – prosegue l’articolo – si ha un tracollo: 30mila mq con cento alberi offerti a 90mila euro, cioè a 3 euro al mq; 4mila mq con 40 alberi a 8mila euro, cioè a 2 euro. Su un altro portale si scende ancora: 21 ettari di oliveto, con pozzo e impianto di irrigazione, a cento metri dalla superstrada Lecce-Brindisi, venduto a 1,5 euro al mq. Stesso prezzo per un terreno in contrada Occuli di 24mila mq con oliveto secolare di 80 piante e un locale annesso. Chi compra? Sono grandi imprenditori, soprattutto del Nord. A Torchiarolo, ad esempio, soprattutto toscani e padovani. Così la piccola proprietà contadina, caratteristica essenziale del territorio e della sua piccola economia diffusa, sta pericolosamente lasciando il posto alla ricostituzione del latifondo”.

In Sicilia il processo di abbandono dell’agricoltura si nota meno: ma c’è. In Puglia sembra essere più visibile:

“Quel processo di accaparramento delle terre a Brindisi – leggiamo sempre nell’articolo di TELERAMA NEWS – sta assumendo proporzioni non da poco: da un lato ci sono grandi società agricole del Centro-Nord, che non producono olio ma vino o altro e che stanno acquistando a poco prezzo, investendo qui per allargare la proprietà fondiaria e impiantare le proprie coltivazioni; dall’altro, ci sono le multinazionali delle rinnovabili, straniere o norditaliane, che stanno presentando decine di progetti di centrali fotovoltaiche su centinaia di ettari di suoli agricoli, nel Brindisino e nel Leccese”.

Nell’articolo si riportano testimonianze che debbono fare riflettere:

“Un euro al metro quadrato è quanto avrebbe voluto riconoscerci Snam per i nostri oliveti su cui sta passando il metanodotto”, dice Annarita Pagliara, cittadina di Torchiarolo. Nel febbraio scorso, diverse famiglie del posto hanno ricevuto gli avvisi di esproprio per far spazio al metanodotto Snam. Annarita e le sue sorelle si sono opposte con l’unico strumento a disposizione: la richiesta di rivalutazione economica della terra, usata come mezzo per dire che opere come queste, a loro avviso, costituiscono un danno per salute, clima e paesaggio. L’11 novembre, una diffida ha bloccato l’abbattimento di cinque ulivi nella loro campagna, ma qualche giorno dopo, in coincidenza temporale con i funerali della madre, quegli alberi sono stati abbattuti. E le ruspe si sono messe all’opera anche su quel fondo”.

Come si fa, leggendo queste righe, a non pensare ai grillini che si sono presi i voti dei cittadini pugliesi per bloccare il gasdotto (leggere TAP) e che poi, una volta al Governo dell’Italia, si sono rimangiati gli impegni assunti con i pugliesi?  

L’articolo punta i riflettori anche sulla Xilella, il batterio la cui azione patogena resta controversa:

“Il nodo resta sempre lo stesso, già denunciato: questa zona rientra in area infetta per Xylella, ex contenimento, per cui non c’è un obbligo di distruzione delle piante, che resta una facoltà in capo ai proprietari. Ecco perché le sorelle Pagliara avrebbero voluto che i loro ulivi venissero espiantati per essere poi ripiantati, come senso anche di una lotta. Per Snam, invece, le carte sono in regola, quegli alberi sarebbero stati affetti da Xylella, potevano essere ridotti in legna”.

Noi ci siamo occupati anche della Xilella, riportando le dichiarazioni di Saverio De Bonis:

“La Xilella? E’ servita per drenare fondi alla UE”. Il ruolo nefasto del glifosato

La verità se il Sud Italia è messo male (pensiamo alla truffa dell’Autonomia differenziata), l’agricoltura del Sud è messa anche peggio.

 

QUI L’ARTICOLO DI TELERAMA NEWS CON I VIDEO

Il paradosso: i siciliani non comprano vini veneti, ma i veneti si prendono i terreni agricoli della Sicilia/ MATTINALE 356

 

 

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