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Sicilia sempre più colonia: caro biglietti aerei, finto olio d’oliva e Tonno Rosso alle multinazionali/ MATTINALE 467

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Sicilia sempre più colonia. Sta arrivando il Natale e i biglietti aerei da e per la Sicilia a prezzi sempre proibitivi. L’impotenza della politica isolana. Ferrovie da terzo mondo. L’immobilismo dell’ANAS nella nostra Isola. Le tangenti stradali. Il grande affare dell’olio d’oliva ‘extra vergine’ tunisino e deodorato. Il nostro Tonno Rosso del Mediterraneo ceduto alle multinazionali. Un fine anno strepitoso…   

Forse la parte più fastidiosa della commedia tragicomica della Sicilia, in questo fine 2019 è la storia dei biglietti aerei che ai siciliani – e solo a loro in Italia – costano un occhio della testa. Come ricordiamo spesso, il primo a sollevare il problema, nel Giugno scorso, è stato Cosimo Gioia, agricoltore, produttore di grano duro nell’entroterra della nostra Isola. Doveva recarsi a Roma con urgenza. Non aveva avuto il tempo, ovviamente, di prenotare il biglietto aereo un mese prima. Morale: avrebbe dovuto pagare tra 500 e 600 euro. “Ci prendono per la gola”, ha denunciato sei mesi fa Gioia. 

Ha posto la questione. Silenzio generale. Il Natale si avvicinava, però. E siccome, ormai, tanti giovani siciliano sono emigrati, chi per studio, chi, soprattutto per lavoro, si è posto il problema; ma davvero chi torna in Sicilia per le vacanze deva pagare tutti questi soldi? Così è intervenuta la politica siciliana. Parlamentari nazionali, parlamentari regionali e per fino un vice Ministro siciliano, il grillino Giancarlo Cancelleri.

Ci sono novità ad oggi, 6 Dicembre, a meno di venti giorni dal Natale, oltre le promesse solenni e le chiacchiere? No: tutto è come sempre. Il costo dei biglietti aerei, per i siciliani, è alle stelle. In compenso, i siciliani, pagheranno proprio a Dicembre le stesse tasse che pagano gli italiani (forse, ad esempio, in proporzione, pagheranno di più, perché al Nord gli evasori, numericamente saranno magari di meno, ma l’evasione fiscale è più elevata).

BIGLIETTI CARI E FONTANAROSSA AI PRIVATI – E c’è un altro compenso. I siciliani, questo Natale e per tutti gli altri giorni del 2020 pagheranno i biglietti aerei cari. E avranno un ‘vantaggio’ in più: la politica siciliana ha detto sì alla privatizzazione dell’aeroporto Fontanarossa di Catania. Il più grande aeroporto del Sud Italia, 10 milioni di passeggeri all’anno passerà nelle mani dei privati che, come per la privatizzazione delle autostrade, guadagneranno una barca di soldi.

I Siciliani cosa avranno in cambio? Tariffe ancora più care e, da titolari del proprio aeroporto, diventeranno sudditi in casa loro! Sudditi di chi? De nuovi padroni del loro aeroporto! E questo non lo vogliono tutti i siciliani: questa è la volontà espressa da una ristrettissima cerchia di siciliani.

Dai tempi di Giolitti è così: una ristretta cerchia di meridionali svende la propria terra con tutti i suoi abitanti per benefici personali. Li chiamavano gli “ascari di Giolitti”. Passano i decenni ma la storia, alla fine, è sempre la stessa.

Natale con i biglietti aerei cari. E colonizzazione dell’aeroporto di Catania. Pazienza.

FERROVIE SICILIANE DA TERZO MONDO – Nei giorni scorsi – Sempre per restare in tema di trasporti – il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ha ‘strigliato’ un po’ l’ANAS e le Ferrovie. Motivo: lavori a rilento o inesistenti.  Sulle Ferrovie il capo del Governo dell’Isola ha ragione da vendere: le linee ferroviarie siciliane sono a dir poco penose. E tali resteranno. Basti pensare che mentre al Nord spendono vagonate di miliardi di euro per l’alta velocità ferroviaria, il raddoppio del collegamento ferroviario tra Messina e Catania (del quale si parla dagli anni ’70 del secolo passato) inizierà – così hanno fatto sapere – nel 2022, o forse nel 2021! (per chi ci crede, ovviamente, visto che da oltre trent’anni la data d’inizio dei lavori si aggiorna ogni due tre anni).

Sull’ANAS, però, il presidente Musumeci ha un po’ meno ragione. Anzi, di ragione non ne ha proprio. Non ha ragione lui e non ha ragione l’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone. A che titolo, oggi criticano i ritardi dell’ANAS se nell’Agosto 2018 celebravano proprio l’ANAS?

Lo sappiamo: siamo fastidiosi. Perché abbiamo il vizio della memoria. Ecco la dichiarazione del Governo regionale siciliano nell’Agosto della scorso anno:

“Il Consorzio Autostrade Siciliane chiuderà entro l’anno – dice il Presidente della Regione, Nello Musumeci, al Giornale di Sicilia on line -. Questa esperienza sembra essere conclusa e c’è l’intesa con l’assessore alle Infrastrutture e l’intero Governo affinché si definisca la questione in questo senso. C’è l’ANAS interessata alla successione”.

Nell’Agosto dello scorso anno Musumeci e Falcone si erano convinti a sbaraccare il CAS, il Consorzio Autostrade Siciliane (che gestisce la Palermo-Messina, la Messina Catania e la parte funzionante della Siracusa-Gela) per dare tutto all’ANAS. Oggi criticano l’ANAS che, dopo cinque anni, non ha ancora sistemato il viadotto Imera lungo l’autostrada Palermo-Catania!

In compenso a Catania si continuano a scoprire tangenti stradali: le strade e le autostrade della Sicilia cadono a pezzi, ma le tangenti si moltiplicano.

IL CASO DEI RIFIUTI DI PALERMO – Vogliamo parlare della gestione dei rifiuti? Abbiamo più volte tessuto l’elogio dell’assessore regionale che si occupa di questo tormentato settore, Alberto Pierobon. Però, adesso, non possiamo non notare una sua manchevolezza. Riguardo a Palermo.

La Regione – questo lo ripetiamo spesso – non ha alcun potere sulla raccolto dei rifiuti urbani, se non quello della programmazione. E lì vogliamo arrivare: alla programmazione. Qual è il futuro di Palermo per la gestione dei rifiuti? Di questo il Comune di Palermo non si sta occupando. E non se ne sta occupando nemmeno la Regione.

Ormai da mesi il Comune di Palermo scarica i propri rifiuti in altre discariche della Sicilia. Con il dubbio che siano anche trattati male. Il comune di Palermo oggi è amministrato malissimo. Perché l’idea che gli altri Comuni dell’isola si debbano prendere i rifiuti di Palermo perché il Comune di Palermo non sa gestire questo settore è odiosa.

E ancora più odioso è che i cittadini palermitani debbano pagare una TARI – che già è cara – maggiorata perché il Comune non sa gestire i rifiuti.

Ebbene, cosa sta facendo la Regione siciliana rispetto a questo problema? Qual è il futuro di Palermo in materia di gestione dei rifiuti, alla luce del fallimento della raccolta differenziata e di una discarica – Bellolampo – satura da anni?

E’ normale pensare di realizzare un’altra vasca nella già inquinatissima area di Bellolampo, sapendo che tale soluzione durerà sì e no due anni e poi il nuovo sindaco di Palermo che verrà si troverà ad affrontare un problema immane? Cosa sta facendo la Regione per affrontare questo problema? E – lo ribadiamo – perché altri Comuni siciliani sono costretti a prendersi i rifiuti di Palermo?

LA PESCA COLONIALE – Vogliamo parlare della pesca in Sicilia in questo fine 2019? Nessuno ne parla mai. nel mondo della pesca si dà tutto per scontato. Solo che, anche in questo settore, nulla è scontato. Il 2019 è passato e i pescatori siciliani sono sempre sotto il giogo di un’Unione Europea che, contrariamente a quanto si pensi, non elabora regolamenti cervellotici perché non sa nulla del Mediterraneo: al contrario, a Bruxelles sanno tutto e fanno solo gli interessi di categorie che, guarda caso, non sono quasi mai del Sud Europa.

Come per l’olio d’oliva tunisino, se qualche multinazionale ha interesse ad andare ad investire in quel Paese, lo stesso olio d’oliva tunisino può invadere l’Europa a dazio zero. Tanto a chi va a fregare un provvedimento del genere? Agli agricoltori del Sud Europa che producono olio d’oliva di qualità.

Così, visto che tanto arriva un fiume di olio d’oliva tunisino prodotto chissà come, tanto vale trasformare in olio d’oliva anche quello che dovrebbe essere buttato: l’olio d’oliva prodotto con le olive deteriorate. Fa puzza, tale olio? Un po’ sì. Ma si sistema. Gli eliminiamo con la chimica l’acido in eccesso ed eliminiamo gli odori. Ecco a voi l’olio d’oliva deodoerato. Anzi, gli oli d’oliva extra vergini deodorati.

OLIO D’OLIVA EXTRA VERGINE? TUNISINO O DEODORATO – Così, tra olio d’oliva ‘extra vergine’ tunisino (magari imbottigliato senza scrivere che è tunisino: sennò chi se lo compra?) e oli d’oliva extra vergini deodorati, ecco le bottiglie di olio d’oliva a 3 euro e anche meno!

Ma non divaghiamo. Restiamo alla pesca. Magari ala pesca del Tonno Rosso del Mediterraneo. Non ce lo dicono, ma è il Tonno più famoso del mondo. In Giappone lo pagano un sacco di soldi. Così il Mediterraneo, quando è il momento della pesca del Tonno Rosso si popola di imbarcazioni che arrivano da mezzo mondo. Le famose navi fattorie.

IL TONNO ROSSO? UN AFFARE DELLE MULTINAZIONALI – E agli europei? Le quote Tonno. Ogni Paese europeo non può eccedere oltre un certo quantitativo di Tonno Rosso da pescare. Qual è il dubbio? Che agli europei – o quanto meno alla maggioranza dei Paesi europei che si affacciano nel Mediterraneo – vadano le briciole. Gli altri Tonni Rossi – e ce n’è un’infinità – se li pappano le multinazionali che si fanno i bagni vendendo gli esemplari di Tonno Rosso in Giappone a prezzi venti volte superiori a quelli spuntati dalle nostre parti. 

Non ci credete? E fate bene a non crederci. Perché a pensare una cosa del genere i nervi arrivano fino in cielo!

In compenso, in Sicilia, ormai da qualche anno, i casi di Sindrome sgombrode sono all’ordine del giorno. Perché? Perché il bello di questa Unione Europea dell’euro governata da briganti è che le leggi spietate del liberismo le fanno rispettare gli Stati vessati dallo stesso liberismo. Guai a chi pesca un Tonno Rosso fuori dalle quote!

Che succede, allora? Che i Tonni Rossi pescati a umma umma debbono essere sbarcati a umma umma per evitare il sequestro. E siccome a Giugno e a Luglio in Sicilia c’è caldo assai, le carni del Tonno si deteriorano. Da qui il ‘fiorire’ dei casi di Sindrome sgombroide, che non è una cosa da sottovalutare.

Però siamo contenti. I nostro Tonni – i Tonni che i siciliani pescavano già al tempo dei Fenici – i Tonni che venivano pescati dalle tonnare che erano presenti lungo tutte le coste della Sicilia – magari con le saline per produrre il sale per la conservazione di questo pesce – se li pappano le multinazionali. E noi facciamo rispettare la legge…

Ah, dimenticavamo, quest’anni ci siamo giocati anche la tonnara tradizionale di Favignana. Immolata sull’altare delle quote tonno grazie ai leghisti. Così, per non dimenticare.  

Foto tratta da Carloforte.nt

 

 

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