Nel 1860, ad unificazione (o quasi) appena avvenuta, i Savoia decisero che la Sicilia non avrebbe più coltivato il riso, che nell’Isola vantava una grande e antica tradizione. Oggi il riso è tornato a risplendere nella Piana di Catania e nell’Ennese. Dissesto idrogeologico permettendo, la coltura può diventare importante, soprattutto perché si presta molto alla produzione biologica
Oggi vogliamo dedicare il nostro MATTINALE al rapporto tra la Sicilia e il riso. O meglio, sul ritorno del riso in Sicilia, dal momento che questa coltura vanta una grande e antica tradizione nella nostra Isola, interrotta bruscamente nel 1860, quando i Savoia decisero che il riso si doveva coltivare solo in Piemonte e, al massimo, in qualche altra area del Nord Italia.
Lo spunto per parlare del rapporto tra il riso e la Sicilia ce lo offre un post che leggiamo nella pagina Facebook di Simenza – cumpagnia siciliana di sementi contadine (dell’esperienza di Simenza e del suo protagonista ci siamo occupati in questo articolo). Dove si riporta un articolo di Ricette e Racconti di Riso. E’ la storia di un collegamento – come ce ne sono stati e ce ne sono ancora tanti – tra la Sicilia e Milano. Questo è un racconto dove il protagonista si chiama Tommaso Cannata, di professione chef, con la passione per le arancine.
“Se cercate la cucina siciliana a Milano – leggiamo nell’articolo – siete nel posto giusto. Tommaso Cannata ha dato la sua impronta messinese alle ricette della cucina tradizionale di Sicilia. Qui nell’arancino si mette anche un cubetto di mortadella, ma sopratutto si ricercano ingredienti locali con una cura maniacale. Tanto da essere riuscito a scovare il riso siciliano”.
Come potete leggere, noi, per mettere d’accordo Palermo e Catania che da anni si accapigliano sul maschie e sul femminile (a Palermo si chiama arancina, a Catania arancino), utilizziamo sia la parola arancino, sia la parola arancina, così non facciamo disparità.
Nell’articolo che trovate di Ricette e Racconti di Riso – che trovare allegato alla fine di questo articolo, trovate altre notizie sul riso siciliano. Quello che ci piace sottolineare è che Tommaso Cannata, per la preparazione delle arancine o arancini siciliane o siciliani utilizza il riso coltivato in Sicilia.
Utilizza il riso che è tornato a risplendere nella piana di Lentini, in provincia di Siracusa, zona da sempre nota per essere particolarmente ricca di acqua. Anche se lo scorso anno – e anche qualche mese fa – di acqua dal cielo ne è caduta un po’ troppa provocando danni ingentissimi all’agricoltura di queste zone.
Di questi danni provocati non tanto dalle piogge – che alla fine sono nella norma – quanto dal fatto che in Sicilia non ci sono più fondi pubblici per occuparsi della pulitura dei fiumi e dei corsi d’acqua – non parla nessuno. la Sicilia non è Venezia.
Ma questo aspetto ci consente di ricordare i danni provocati alla Sicilia dal Governo nazionale di Matteo Renzi che, tra il 2014 e il 2016, ha letteralmente massacrato le finanze della Regione siciliana con la connivenza del PD siciliano, forza politica che non ha difeso gli interessi della nostra Isola. QUI TROVATE TRE ARTICOLI NEI QUALI SI DESCRIVONO I DANNI PRODOTTI ALLE FINANZE DELLA REGIONE SICILIANA DA QUESTI SIGNORI DEL PD RENZIANO E SICILIANO.
Del suo, nelle alluvioni che hanno colpito la Sicilia in questi anni, ce l’hanno messo i Governi regionali, che hanno ‘risparmiato’ sulla pulizia dei fiumi e dei corsi d’acqua: da qui le esondazioni dei fiumi e dei corsi d’acqua che hanno sommerso e distrutto tante colture, tra le quali anche il riso a Lentini.
Come vedete, siamo partito dalle arancine – o arancini – della tradizione di Milano preparare con il riso coltivato in Sicilia e siamo arrivati ai danni che lo Stato, ai tempi del Governo Renzi, ha prodotto in Sicilia. Con il contorno della politica siciliana, che avendo poche risorse finanziarie a disposizione ‘risparmia’ sugli operai della Forestale che nella nostra Isola, da sempre, svolgono una funzione fondamentale (la Sicilia presenta gravissimi problemi di dissesto idrogeologico che si sono aggravati non tanto per la violenza delle piogge – che per carità ci sono e sono anche, in qualche caso, pericolose – quanto per l’abbandono del territorio.
Dopo queste digressioni vogliamo tornare al riso e alla Sicilia. E lo facciamo riprendendo un articolo di circa due anni fa scritto da due docenti dell’Università di Catania, Paolo Caruso e Paolo Guarnaccia. Dove si racconta, per l’appunto, del ritorno del riso in Sicilia e, in particolare, in due aree della Sicilia dove il riso era coltivato già nell’antichità: la Piana di Catania e l’entroterra della provincia di Enna.
“Il riso – scrivono Caruso e Guarnaccia – contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, può trovare in Sicilia condizioni ottimali per esplicare le proprie potenzialità produttive; se posto in condizioni ottimali, ovvero presenza di terreni pesanti e ben livellati e con elevate disponibilità idriche può rappresentare un’ottima alternativa a colture a ciclo primaverile estivo dal minore reddito. Oggi la Sicilia, grazie all’assenza di fenomeni di stanchezza del terreno, è una delle pochissime regioni dove questa pianta si può coltivare in regime di agricoltura biologica e questa condizione sta diventando uno dei fattori trainanti per la reintroduzione del riso. Il prodotto sin qui raccolto non registra problemi di tipo commerciale, riesce infatti a essere venduto immediatamente spuntando prezzi molto interessanti”.
Leggendo l’articolo di Caruso e Guarnaccia – ma leggendo anche altri articoli che trovate sulla rete – scoprirete che durante la presenza degli Arabi in Sicilia (la presenza e non la dominazione: gli Arabi non trattavano male la Sicilia e i siciliani: anzi arricchirono la Sicilia e i siciliani) il riso era presente nell’Isola ed entrava in tante ricette: a cominciare, appunto, dalle ricette che hanno anticipato le arancine (o gli arancini, che dir si voglia).
Insomma, alla faccia dei Savoia che negli anni subito successivi alla ‘presunta’ unificazione italiana bloccarono la coltivazione del riso in Sicilia (anche se le cronache di quegli anni raccontano che alcuni agricoltori siciliani testardi continuarono a coltivare il riso, nonostante la proibizione savoiarda), il riso sta tornando in Sicilia.
Non solo in Sicilia si torna a coltivare il riso, ma si può coltivare in biologico, senza l’ausilio della chimica (legge erbicidi e pesticidi)!
E qui torniamo all’inizio del nostro articolo. Alle arancine o arancini preparati da Tommaso Cannata:
“Per la farcitura – leggiamo ancora su Ricette e Racconti di Riso – Tommaso prepara un ragù con soffritto di cipolla, sedano e carota, carne di manzo magra e grassa (alcuni aggiungono anche un pezzo di maiale). Aggiunte pomodoro ‘siccagno’ siciliano, così chiamato perché coltivato in asciutta nell’entroterra siciliano. Infine aggiunge i piselli e un cubetto di mortadella o di suino nero o di asino siciliano. Un altro ingrediente particolare è la tuma siciliana, formaggio tipo primo sale preparato con latte di pecora, sempre dell’azienda Agribio Conti. Si può mettere poi una spolverata di formaggio ragusano o parmigiano. Prima di friggere in olio di arachidi, si passa l’arancino in una pastella di acqua e farine di grani antichi siciliani, quindi nel pane tostato e grattugiato”.
Con questa ricetta diamo il buon giorno ai nostri lettori!
QUI L’ARTICOLO DI RICETTE E RACCONTI DI RISO
Foto tratta da Cuochi Sicilia Magazine
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