Il ‘caso’ raccontato da Sardiniapost- che a noi sembra incredibile! – si sta verificando in questi giorni in Sardegna, nel Comune di Bonorva, al quale la soprintendenza impedisce di eliminare il nome di un Savoia da una via del centro storico in ottemperanza a un decreto regio di quasi cento anni fa firmato da Vittorio Emanuele III di Savoia! Peccato che in Sardegna i Savoia ne hanno combinate di tutti i colori, come ricorda Pino Aprile!
La notizia è incredibile e si stenta quasi a crederci. Un Comune della Sardegna – Bonorva, poco più di 3 mila e 300 abitanti, provincia di Sassari – non può togliere il nome dei Savoia da una via del centro storico della cittadina perché così stabilisce un regio decreto del 1923 firmato dal re Vittorio Emanuele III! La via in questione è intitolata alla Regina Margherita di Savoia e non si può toccare. Parola della soprintendenza più che mai intenzionata a far rispettare un decreto di quasi un secolo fa!
Nel Comune di Bonorva è scoppiato un mezzo putiferio. Gli amministratori comunali – come racconta un articolo di Sardinipost – vorrebbero dedicare questa via a Virgilio Tetti, studioso ed ex sindaco del centro nel sassarese. Ma “un documento di quasi un secolo fa – leggiamo sul quotidiano on line – impone il permesso preventivo della soprintendenza per le nuove intitolazioni delle strade e così, nonostante la volontà dell’amministrazione comunale, il nome della strada non si può cambiare, dando vita a uno scontro istituzionale che ha coinvolto anche l’Anci, l’Associazione nazionale comuni italiani, pronta a dare sostegno al Comune di Bonorva (e di altre amministrazioni) che hanno intrapreso questo percorso”.
Intervistato da Sardiniapost, il presidente dell’Anci della Sardegna, Emiliano Deiana, spiega che questo tipo di scelta “riguarda pienamente l’autonomia dei Comuni e delle comunità. Nei prossimi giorni sarà cura dell’Associazione supportare e tutelare le amministrazioni per garantire la piena autonomia decisionale sulla toponomastica e sulle persone che realmente hanno dato lustro alle comunità senza insopportabili prevaricazioni centralistiche e antistoriche”.
Il giornale riporta anche le dichiarazioni del sindaco di Bonorva, Massimo D’Agostino, determinato a condurre una battaglia culturale di libertà:
“Virgilio Tetti – dice – è stato un personaggio molto importante nella storia recente della nostra comunità. L’amministrazione intendeva (e intende) onorarne la memoria attraverso il cambio di denominazione di una piccola via del centro che attualmente è intitolata alla Regina Margherita di Savoia”.
Ma a questo punto è intervenuta la soprintendenza:
“Se si vuole intitolare una via a professor Tetti, lo si deve fare con una nuova via, quindi in periferia o in zona industriale. Questo è inaccettabile”.
Quindi è la soprintendenza, e non un Comune amministrato da cittadini liberamente eletti, a decidere sulla toponomastica? Quindi se a Palermo, ad esempio, si decidesse di togliere dalle vie i nomi dei Savoia, e magari anche i nomi di Cavour, di Garibaldi, di Cialdini, di Bixio – nomi che ancora oggi ‘infestano’ non soltanto la toponomastica del capoluogo della Sicilia, ma di tantissime città del Sud Italia – si dovrebbe chiedere il permesso alle soprintendenze che potrebbero chiedere il ‘rispetto’ di un regio decreto di quasi cent’anni fa firmato dal re Vittorio Emanuele III di Savoia?
E’ vero o stiamo sognando?
Per la cronaca, non è che i sardi debbono ringraziare i Savoia: anzi! Scrive Pino Aprile in un articolo del il manifesto sardo di due anni fa:
“Quando mi chiesi dove fosse la Sardegna, nella storia d’Italia, volli cercare una risposta veloce e mi trovai impelagato (tanto per cambiare) in una montagna di libri antichi e moderni (più gli uni che gli altri). E scoprii che la Questione Meridionale (sorta con l’invasione del Regno delle Due Sicilie da parte dell’esercito piemontese, prima nascostamente, con i 22 mila soldati ufficialmente disertori al seguito di Garibaldi; poi ufficialmente, con l’esercito calato a prendere possesso della refurtiva), aveva un antenato: la Questione Sarda. Quando, a inizio del 1700, i Savoia ottengono l’isola, con un trattato internazionale, iniziano a spogliarla di ogni risorsa, escludendo i sardi da ogni possibilità di intraprendere o dirigere, salvo quei possidenti che si metteranno al servizio del nuovo padrone, per aiutarlo nel saccheggio e intascare le briciole. Le proteste, le rivolte, vengono soffocate nel sangue, con la ferocia e l’arbitrio. E giustificate con l’inciviltà della popolazione che i sabaudi, ovviamente, trattenendo eroicamente il ribrezzo, tentavano di dirozzare”.
“Seppi, così – scrive sempre Pino Aprile – che tutto quel che i Savoia fecero in Sardegna, fu solo replicato, più in grande, nel Regno delle Due Sicilie (i sardi erano circa 600mila, al momento dell’Unità, i duosiciliani quindici volte tanto). Da questa osservazione e dalla scoperta che, pur senza paesi rasi al suolo e lo sterminio della popolazione, le stesse tecniche erano state adottate dalla Germania Ovest in quella Est, dal giorno della riunificazione, nacque il mio Terroni ‘ndernescional”.
Aggiunge Pino Aprile a proposito del trattamento riservato ai sardi dai Savoia:
“Il saccheggio dell’isola fu di tale ferocia che persino dopo l’Unità, nel 1864, in occasione dell’ennesimo inasprimento di tasse imposto dai Savoia, metà della somma rastrellata in tutto il Paese fu sottratta ai soli sardi. La disistima dei sabaudi per gli isolani era tale che tendevano a impedire i matrimoni ‘misti’, ritenevano i sardi ‘nemici della fatica, feroci e dediti al vizio’; e per de Maistre erano peggio dei ‘dei selvaggi perché il selvaggio non conosce la luce, il Sardo la odia’”.
Dopo di che la soprintendenza impone ai Comuni della Sardegna di mantenere i nomi dei Savoia!
Intanto in Sardegna sono otto i Comuni che, come sottolinea Sardianiapost, “hanno rimosso il nome dei Savoia dalle strade del paese. Si tratta di Mamoiada, Bauladu, Siligo, Galtellì, Oniferi, Orune, Tula e Lula. C’è chi, invece, come Scano di Montiferro, ha avviato questo percorso come ha tentato di fare Bonorva che, però, deve fare i conti con il regio decreto che di fatto blocca l’iter”.
“Spero che ci sia il tempo per un ripensamento da parte della soprintendenza – ribadisce il sindaco di Bonorva D’Agostino – c’è molta delusione per come siamo stati trattati e si rischia che la gente perda, ancora di più fiducia, nelle istituzioni e sarebbe un peccato”.
Ah, dimenticavamo: chissà cosa avrebbe pensato di questa storia un grande uomo politico e di cultura – e grande meridionalista – nato proprio in Sardegna: Antonio Gramsci.
Foto tratta da Wikipedia
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