Qualche considerazione sulla vicenda (dolorosa) di Stefano Cucchi

15 novembre 2019

Se sono stati commessi errori, è giusto che chi li ha commessi ne paghi le conseguenze. Detto questo, bisogna evitare di fare di tutta l’erba un fascio: le “mele marce” sono presenti in tutti i gangli della società e generalizzare  le colpe coinvolgendo una determinata categoria è assolutamente ingeneroso e deleterio

di Pippo Giordano

Doverosa premessa: la responsabilità penale è personale e nessuno è al di sopra della legge e segnatamente coloro che sono deputati a farla rispettare. Detto questo, la sentenza di primo grado, emessa nel processo per la morte di Stefano Cucchi, stabilisce che il “fermato” Cucchi è stato ucciso nel luogo ove la sacralità della Legge doveva essere amministrata nel rispetto assoluto di Stefano.

La mia contrarietà ad ogni forma di violenza fisica e psichica, è arcinota. Più volte ho espresso la mia ferma condanna nei casi di violenze compiute dalle Forze dell’Ordine.

Come noto, si è celebrato il processo di primo grado e rammento che seguiranno altri due gradi di giudizio. In ogni caso, permettetemi di consigliare ai tanti che oggi fanno gli “agricoltori” di non fare di tutta l’erba un fascio. Questo perché in tutti i gangli della società – giudiziaria, militare e civile – esistono le cosiddette “mele marce” e quindi generalizzare le colpe coinvolgendo una determinata categoria è assolutamente ingeneroso e deleterio.

Chi scrive ha visto, ahimè, tanti carabinieri massacrati dalla violenza mafiosa con la divisa bucata dai proiettili e imbrattata di sangue innocente.

Invero, i carabinieri condannati per l’omicidio di Stefano Cucchi hanno “sporcato” la gloriosa divisa dell’Arma dei Carabinieri, ed è giusto che paghino.

Foto tratta da Il Post

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