Intanto diciamo subito che la magistratura fa benissimo a continuare ad occuparsi dei beni sequestrati e confiscati. E se ci sono coinvolti politici è giusto che si chiarisca, anche in un’eventuale sede processuale, il ruolo degli stessi politici. Noi, in questa storia, ci interroghiamo non sull’inchiesta, ma sull’informazione: è giusto coinvolgere la moglie di un politico per un fatto che non si è verificato?
Leggiamo di un’inchiesta e di un rinvio a giudizio a carico del capogruppo del PD all’Assemblea regionale siciliana, Giuseppe Lupo. La vicenda è legata alla gestione dei beni sequestrati o confiscati alla mafia.E coinvolge l’ex amministratore giudiziario Walter Virga, già coinvolto nell’inchiesta sull’ex magistrato Silvana Saguto.
Giustissimo che la magistratura faccia chiarezza su un settore che, nel passato, è stato al centro di polemiche.
Lupo, invece, entra in questa storia perché, da vice presidente del Parlamento siciliano, avrebbe commissionato all’avvocato Virga una consulenza di duemila euro in quattro mesi. Tema: un disegno di legge sulla gestione dei beni confiscati che avrebbe dovuto essere messo a punto dallo stesso avvocato Virga.
Da quello che leggiamo sui giornali, nel settembre del 2015 l’avvocato Virga, intercettato, diceva alla moglie:
“Domani mattina andrò a firmare il contratto di consulenza con l’Ars”.
Ma, a quanto pare, il contratto di consulenza non è mai stato firmato. L’incarico – leggiamo ancora sui giornali – è stato cancellato dopo la pubblicazione della notizia sull’indagine.
La tesi dell’accusa è che la consulenza avrebbe dovuto essere assegnata all’avvocato Virga perché, quest’ultimo, avrebbe dovuto firmare un contratto di collaborazione alla futura moglie di Lupo, la giornalista Nadia La Malfa. Si sarebbe dovuto trattare di un contratto di collaborazione con Trm, emittente allora sequestrata al gruppo Rappa, allora in amministrazione giudiziaria.
Ribadiamo: ben vengano le indagini sulla gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia. E, anzi, bisogna dare atto alla magistratura di aver fatto luce al proprio interno: cosa che la politica non fa mai.
Detto questo poniamo una domanda: che motivo c’era di coinvolgere in questa storia, in termini mediatici, la giornalista Nadia La Malfa, oggi moglie dell’On. Lupo? Era proprio necessario fare il suo nome?
Ce lo chiediamo non perché, essendo anche noi giornalisti, vogliamo difendere la ‘presunta’ casta di chi lavora nel mondo dell’informazione. Tra l’altro, chi scrive non conosce nemmeno Nadia La Malfa: noi, oltre che la collega, stiamo provando a difendere un principio.
La consulenza non c’è stata e, quindi, è venuta meno la regione del coinvolgimento della collega: che motivo c’era di tirarla in ballo nell’informare su tale vicenda?
Forse perché noi giornalisti siamo tutti bravi e non abbiamo mai chiesto una ‘raccomandazione’? Siamo tutti così adamantini da poter scagliare la prima pietra?
Non conosciamo Nadia La Malfa, ma vogliamo manifestarle la nostra solidarietà.
Per quanto riguarda certi commenti sui social, qualificano chi li scrive.