A quanto pare la nostra previsione – che risale allo scorso 15 Febbraio – si sta avverando: la Regione siciliana non può ‘spalmare’ il ‘buco’ di Bilancio che ha ereditato dai passati Governi regionali di centrosinistra. Ciò significa che si profila il rischio del commissariamento della Regione siciliana da parte di quella parte politica – il centrosinistra che Governa l’Italia – che è responsabile dei disastri finanziari della Regione. Problemi anche per i Comuni
Confessiamo che siamo un po’ divertiti nel leggere una notizia che I Nuovi vespri ha scritto otto mesi addietro. La notizia è che la Corte dei Conti per la Sicilia ha detto “No” alla ‘spalmatura’ in trent’anni dei debiti della Regione siciliana: un miliardo e mezzo di euro, o giù di lì che, in verità, l’attuale Governo di Nello Musumeci ha ereditato dai precedenti Governi regionali di centrosinistra.
Questa storia l’abbiamo raccontato quando siamo venuti a conoscenza di una sentenza della Corte Costituzionale in seguito a un ricorso presentato dalla Corte dei Conti della Campania.
La Consulta ha stabilito un principio: le amministrazioni pubbliche non possono risolvere il problema dell’indebitamento presente scaricandolo sulle generazioni future.
Questa decisione è arrivata dopo che un Comune della Campania – Pagani – aveva provato a ‘spalmare’ il proprio ‘buco’ finanziario in dieci anni, in base a una legge nazionale voluta dal Governo Renzi.
Noi ci siamo limitati a fare due più due: siccome, fino a prova contraria, le sentenze della Corte Costituzionale si applicano in tutta l’Italia, il principio stabilito dai giudici della Consulta si applica anche in Sicilia. E in fatto il titolo del nostro articolo del 15 Febbraio scorso è il seguente.
“Nei guai Regione e Comuni siciliani: non si possono ‘spalmare’ i debiti in trent’anni”.
Rileggiamo alcuni passi del nostro articolo diventato attuale:
“La Corte dei Conti, che ha contestato la ‘spalmatura’ dei debiti in trent’anni (in pratica un mutuo) al Comune campano di Pagani. Siccome la Sicilia non è una Repubblica indipendente, la sentenza si applica anche alla nostra Isola dove la Regione, proprio , in questi giorni, ha già ‘spalmato’ un miliardo e 600 milioni di euro di debiti in trent’anni. E si applica anche ai Comuni siciliani in dissesto e pre-dissesto che hanno fatto la stessa cosa”.
Oggi i giornali parlano solo della Regione: a nostro avviso il problema riguarda anche i Comuni siciliani, se non altro perché la sentenza della Corte Costituzionale riguarda proprio un Comune!
Ma torniamo al nostro articolo di otto mesi fa:
“Una sentenza della Corte Costituzionale rischia di sortire un effetto dirompente sulla Regione siciliana e sui Comuni dell’Isola in dissesto e in pre-dissesto. Tutto è cominciato quando gli amministratori di un Comune della provincia di Salerno, Pagani, hanno presentato richiesta di ‘spalmare’ il ‘buco’ di bilancio in trent’anni, applicando la legge dello Stato del 2016 voluta dal Governo Renzi e poi modificata un anno dopo dal Governo Gentiloni. A questo punto…”.
Noi avevamo ‘naschiato’ la sentenza, ma il giornale che, per primo, ha dato la notizia – senza parlare della Sicilia – è stato Il Fatto Quotidiano.
La storia è molto semplice: il Governo Renzi, per ‘risanare’ i conti dello Stato che non si risanano mai – per il semplice fatto che l’Italia, dovendo pagare ogni anno circa 90 miliardi di euro di interessi sul debito ai signori dell’Unione Europea dell’euro – ha tagliato i fondi alle Regioni, ai Comuni e alle Province.
Dopo di che, le Regioni, i Comuni e le Province, per tirare avanti, si indebitano con le banche. Per non impegnare tutte le entrate con le banche, Regioni e Comuni si fanno prestare l’intera somma e la restituiscono in trent’anni, scaricando il problema sulle generazioni future (le Province non lo possono fare perché non hanno entrate).
Ebbene, noi, in realtà, senza conoscere la sentenza della Corte Costituzionale, avevamo trovato piuttosto strano il ricorso a questa forma di indebitamento a carico delle generazioni future. E infatti il 15 Febbraio scorso scrivevamo:
“Senza essere giudici costituzionali a questo principio – che prima di essere giuridico è un principio di buon senso – eravamo arrivati anche noi quando abbiamo contestato la ‘spalmatura’, in trent’anni, di un miliardo e 600 milioni di euro effettuato dalla Regione siciliana; così come abbiamo contestato il tentativo – che fino ad oggi il Governo nazionale ha bloccato – di consentire alla stessa Regione siciliana di ‘spalmare’ in trent’anni un ulteriore ‘buco’ di oltre 500 milioni di euro”.
Noi, lo scorso 15 Febbraio, siamo arrivati alla seguente conclusione:
“Se la ‘spalmatura’ in trent’anni dei debiti è stata impedita al Comune di Pagani non si capisce perché dovrebbe essere consentita alla Regione siciliana e ai Comuni della nostra Isola. Al di là delle chiacchiere e delle baruffe che in queste ore vanno in scena in Assemblea regionale siciliana, il vero problema è che, per il Bilancio 2019 approvato mancano circa 250 milioni di euro che il Governo di Nello Musumeci pensava di recuperare facendoseli anticipare (in questo caso non restituendoli in unica soluzione allo Stato) e ‘spalmando’ in trent’anni la restituzione di tale somma. Ma alla luce della sentenza ‘No-spalmatura’ non solo la Regione non avrà la possibilità di ‘acchiappare’ questi 250 milioni di euro, ma dovrà rivedere la ‘spalmatura’ del miliardo e 600 milioni di euro concessa forse con troppa fretta nelle scorse settimane dal Governo nazionale”.
A quanto pare le nostre previsioni si sono avverate!
Lo scorso Febbraio – e lo ribadiamo oggi – noi manifestavamo dubbi anche su tanti Comuni siciliani:
“Non va meglio nei Comuni dell’Isola. Se è vero che nella passata legislatura il Governo nazionale di centrosinistra – direttamente e indirettamente – ha depauperato i fondi comunali, è altrettanto vero che in tanti Comuni dell’Isola si registrano ancora sprechi senza fine”.
Detto questo chiediamo: ci sono Comuni in Sicilia che hanno operato la ‘spalmatura’ dei ‘buchi’ così come ha fatto la Regione siciliana? Se ci sono – e noi abbiamo il dubbio che ci siano – il principio della Corte Costituzionale deve applicarsi anche a tali Comuni, sennò saremmo davanti a una incomprensibile disparità di trattamento.
Qui di seguito il nostro articolo del 15 Febbraio: