Qualche giorno fa abbiamo lanciato una proposta: creare un’alleanza tra i produttori di grano duro della Sicilia per vendere questo prodotto al prezzo di 40 euro al quintale. Cosimo Gioia, produttore di grano duro della nostra Isola non è contrario a tale idea: ma – precisa – le condizioni per rendere operativa la nostra proposta non ci sono. E spiega il perché
di Cosimo Gioia
Lavorare per unificare i produttori di grano duro della Sicilia e mettere in vendita il prodotto a 40 euro al quintale, grosso modo, allo stesso prezzo del Desert Durum americano? La proposta del direttore de I Nuovi Vespri è interessante. Sante parole, aggiungo. Ma non credo sia possibile realizzare questo programma. Proverò a illustrare quali sono le difficoltà.
In primo luogo sull’unione dei produttori da noi ho, come te, molte
Le organizzazioni dei produttori le vedo male perché, anche in questo caso, mancano i centri di stoccaggio che, per essere costruiti, necessitano di ingenti investimenti e gli agricoltori, essendo diffidenti tra loro, si guardano bene dal pensarci. Poteva andare bene ai tempi dei Consorzi Agrari, che avevano questo scopo, ma sappiamo come e’ finita… L’individualismo e la diffidenza ci hanno sempre fregati in Sicilia!
Seconda osservazione. La maggioranza dei produttori non ha locali idonei, in linea con le normative europee, dove conservare il cereale ed è costretto a consegnarle al commerciante di turno, sulla fiducia, a prezzo da concordare e, se questi fallisce, com’è successo tante volte, si perde la produzione e l’eventuale guadagno che, a questi prezzi, si trasforma in perdita.
Va detto che, nella maggior parte dei casi – visto che gli agricoltori siciliani non hanno le possibilità economiche di anticipare i soldi per acquistare i mezzi tecnici per seminare (sementi, concimi, diserbanti etc.) – c’è la consuetudine che i soldi per acquistare sementi, concimi e diserbanti vengono anticipati dal commerciante e si scomputano col grano ammassato.
In tanti casi, il commerciante (possibilmente quando il prezzo gli conviene), ti chiama e ti dice che è in difficoltà economica per pagare alle case quanto ti ha anticipato e ti chiede i soldi che tu non hai e te li regolarizza col tuo grano al prezzo del momento che impone lui…
Tutto questo impedisce quello che leggo nel tuo articolo, pieno di buone intenzioni, ma, secondo me, nella pratica, inattuabile.
Allora che si fa? Continuiamo a subire? I contratti di filiera sono, a mio parere, una grande presa per i fondelli. Ti bloccano il prezzo 30/40 c.mi in più, però vogliono il cereale con un determinato tenore di proteine e, per raggiungerlo, devi ricorrere a concimazioni a tempesta. E questi costi in più chi li paga? Vanno ad annullare quei 30/40 c.mi in più del prezzo concordato. Senza contare che, se non raggiungi il tenore di proteine pattuito, te lo pagano a prezzo di mercato.
In Canada, col diserbo in preraccolta, a maturazione quasi cerosa, il tenore resta alto, perché è in quel momento che nel chicco c’è il massimo contenuto di proteine. Ma qui da noi in Sicilia e, in generale, nel Sud Italia con la maturazione naturale al sole, con la pianta che secca naturalmente, il contenuto proteico scende di molto.
Cosa si può fare, allora? Intanto chiedere l’abbassamento dei limiti di Glifosate (o glifosato) e Micotossine DON nei grani importati, adducendo il consumo 10 volte superiore di pasta rispetto alla media Europea. Ricordiamoci che l’Unione Europea ha fissato i parametri relativi alla presenza di questi contaminanti considerando un consumo medio di pasta, per ogni persona, di circa 5 Kg all’anno, quando in Italia il consumo di pasta per ogni persona è pari a circa 25 Kg all’anno, con punte di 35 Kg di pasta all’anno per ogni persona al Sud.
Ribadisco: dobbiamo chiedere l’abbassamento dei limiti di glifosato e micotossine DON nei grani importati. E poi servono controlli seri, e non le “barzellette” come quella della nave sbarcata ad Agosto a Pozzallo!
Dobbiamo controllare che fine fanno i grani esteri che arrivano in Sicilia e, possibilmente, in Italia. Questi grani non possono essere miscelati con i nostri grani per abbassare il contenuto di contaminanti dei grani esteri: pratica proibita dall’Unione Europea.
Dobbiamo informare i consumatori, seriamente, sulla provenienza dei grani lavorati e sul danno dei pesticidi e DON. Bisognerà lavorare sulla CUN, che dovrà stabilire il prezzo legale basandosi sulla qualità del prodotto e sul tenore delle sostanze inquinanti (anche nel nostro Nord il grano presenta tenori di DON – contaminante cancerogeno – abbastanza pesanti anche se nei limiti. Solo il grano duro del Sud Italia è esente da DON.
Ma tutto questo, allo stato dei fatti, è inattuabile per la grande resistenza delle multinazionali della pasta e delle lobby finanziarie che decidono il prezzo del grano. Poi se approveranno il CETA sarà la fine.
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