Anthony Luciano Raimondi, oggi quasi settantenne (è nipote del boss dei boss della mafia italo americana, Luchy Luciano, e cugino di Monsignor Marcinkus, il discusso alto prelato impelagato in intricate questioni finanziarie), ha scritto un libro di memorie in cui dice che Papa Luciani sarebbe stato avvelenato con il cianuro. La smentita del Vaticano. L’articolo de ‘Il Fatto Quotidiano’
Che sulla morte di Papa Luciani, avvenuta 41 anni fa, ci sono troppo cose che non quadrano è cosa nota. Che la criminalità organizzata abbia avuto un qualche ruolo sono in tanti ad averlo pensato. Adesso, però, è arrivata una conferma, come dire?, un po’ pesante, dal momento che a metterla nero su bianco Anthony Luciano Raimondi, gangster della famiglia mafiosa americana dei Colombo, nipote di uno dei più grandi capi mafia italoamericano di tutti i tempi: Luchy Luciano, uomo chiave dell’Operazione Husky, ovvero lo sbarco degli americani in Sicilia nel giugno del 1943.
Anthony Luciano Raimondi, che oggi ha quasi 70 anni, ha scritto un libro di memorie intitolato When the Bullet Hits the Bone, appena pubblicato negli Stati Uniti dalla casa editrice Page Publishing. Di questo libro scrive Il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Francesco Antonio Grana.
“Giovanni Paolo I (chiamato anche Papa Luciani ndr) – leggiamo nell’articolo de Il fatto Quotidiano – sarebbe stato avvelenato con il cianuro in una congiura di palazzo ordita da monsignor Paul Marcinkus, l’allora presidente dello IOR, la banca vaticana. La morte di Luciani sarebbe stata decisa, appena 33 giorni dopo la sua elezione al pontificato, perché il Papa voleva denunciare frodi azionarie compiute nei sacri palazzi”.
Negli anni ’70 del secolo passato Monsignor Paul Marcinkus era molto noto sia per i suoi metodi piuttosto spicci (lo chiamavano “il gorilla”), sia per i suoi rapporti con il mondo finanziario spregiudicato: basti pensare che due suoi interlocutori erano Michele Sindona e Roberto Calvi.
A quanto pare, Anthony Luciano Raimondi era cugino di Monsignor Marcinkus.
“Raimondi – scrive Il Fatto Quotidiano – rivela che quando aveva 28 anni l’arcivescovo Marcinkus, suo cugino, lo aveva fatto andare a Roma per eliminare Giovanni Paolo I. Il Papa aveva scoperto che un gruppo di truffatori falsificava in Vaticano le azioni di grandi compagnie americane come Ibm, Coca Cola e Sunoco e voleva denunciarli. Marcinkus era parte della frode e aveva deciso di eliminarlo. Raimondi era stato chiamato a Roma per preparare il complotto studiando le abitudini di Luciani e quando l’operazione era scattata si trovava davanti alla stanza del Pontefice”.
“Sempre secondo la ricostruzione del mafioso – leggiamo sempre nell’articolo – Marcinkus fece mettere il valium nella tazza di tè che Giovanni Paolo I beveva la sera in modo da farlo addormentare profondamente. Quindi aveva usato un contagocce per mettergli il cianuro in bocca. Quando la morte del Papa era stata scoperta, Marcinkus e i suoi complici erano corsi nella stanza fingendo stupore. Raimondi sostiene, inoltre, che anche Giovanni Paolo II aveva rischiato di fare la stessa fine, ma poi aveva rinunciato a perseguire i truffatori e così si era salvato”.
La ricostruzione del gangster americano viene smentita dal Vaticano.
Nell’articolo si ricorda quanto scritto da Stefania Falsca, editorialista del quotidiano della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) Avvenire, vicepostulatrice della causa di beatificazione e canonizzazione del Pontefice veneto. Stefania Falasca ha scritto un libro dal titolo: Papa Luciani. Cronaca di una morte, dove sono raccolti i documenti del processo per la proclamazione della santità di Giovanni Paolo I. In questo volume è scritto che la morte di Papa Luciani è stata naturale, provocata da un “infarto miocardico acuto”: cosa, questa, detta sin dal primo momento dal Vaticano.
“Ciò, però – leggiamo sempre nell’articolo de Il Fatto Quotidiano – non ha evitato che si alimentasse il mistero sulla morte del ‘Papa del sorriso’, come fu subito soprannominato dai fedeli, anche per i tanti errori di comunicazione commessi all’epoca dalla Santa Sede. La sera prima di morire, durante la cena con i due segretari, Luciani era stato colpito da un lieve malore, alcune fitte al petto, che però fu sottovalutato e non fu chiamato il medico di turno in Vaticano. Ad alimentare ulteriori sospetti sulla morte di Luciani è stata anche la decisione, presa all’epoca dalla Santa Sede, di non rivelare che il cadavere di Giovanni Paolo I era stato trovato da due donne.
“La sua repentina e inaspettata scomparsa, dopo un pontificato di poco più di un mese – ha spiegato il cardinale Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin – ha dato il via, lungo i decenni che ci separano da quel settembre 1978, a una miriade di teorie, sospetti, supposizioni. Era morto troppo presto e troppo in fretta, dopo l’attesa ventata di genuina novità evangelica portata con la sua umiltà”.
“Ora – conclude l’articolo – la ricostruzione di Raimondi getta altre inquietanti ombre su quella morte”.
QUI PER ESTESO L’ARTICOLO DE IL FATTO QUOTIDIANO
Foto tratta da Uccr
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