I consigli che diamo in questo articolo non riguardano solo i siciliani e i meridionali, ma tutti gli italiani. Non è vero che la produzione di olive è stata buona: c’è un calo in tutto il mondo di produzione di olio d’oliva. Guarda caso, l’unico Paese con un boom è la Tunisia: proprio il Paese da dove, lo scorso anno, sono arrivati in Sicilia fiumi di olio d’oliva. Cosa fare per difendersi
L’abbiamo scritto e lo ribadiamo, soprattutto alla luce di tutto quello che sta succedendo: il 2020, per l’Italia (ma non soltanto per l’Italia…) sarà l’anno della super-invasione dell’olio d’oliva ‘extra vergine’ (sì, soprattutto ‘extra vergine’…) tunisino!
I dati, bene o male (il bene o male ci sta perché sono sempre previsioni stimate con le olive ancora attaccate i rami degli alberi di olivo), li conosciamo: nel mondo, per l’annata 2020, si profila una riduzione di quasi 3 milioni di tonnellate di olio d’oliva.
Il Paese europeo che produce in assoluto più olio d’oliva – la Spagna – per il 2020 dovrebbe segnare un sensibile calo di produzione: da 1,78 milioni di tonnellate di olio d’oliva dell’annata 2018 (che ovviamente fa riferimento alla produzione di olive del 2017), la Spagna dovrebbe attestarsi intorno a 1,15 milioni di tonnellate di olio d’oliva per il 2020.
Tiene la produzione del Portogallo e tiene anche la produzione della Grecia, con qualche miglioramento rispetto allo scorso anno.
I dati che a noi non convincono affatto – e qui sta l’inghippo che ora proveremo a descrivere – sono quelli dell’Italia e della Tunisia. Vediamo il perché.
Cominciamo con la Puglia, che è la prima Regione italiana per la produzione dell’olio d’oliva.
Ci si attende una buona produzione nel Barese, nella zona di Andria e nel Foggiano. Buona la produzione anche Taranto e Brindisi. Un po’ meno bene la produzione nel Salento dove si scontano i problemi, più o meno veri, legati alla Xilella, malattia batterica sulla quale pesa il dubbio di una speculazione.
Il raffronto in Puglia non va fatto con il 2018, quando la produzione di olio d’oliva è crollata (crollo produttivo con punte anche del 60%): il raffronto va fatto con la produzione del 2017: e rispetto a due anni fa la produzione di olio d’oliva in Puglia è di poco inferiore.
“In Calabria – ha scritto nei giorni scorsi Teatro naturale – la situazione appare piuttosto frastagliata con scarsa produzione nel Reggino e a Gioia Tauro, mentre positiva appare a Lamezia e nel Catanzarese. Non si supereranno comunque le 40 mila tonnellate”.
La produzione in Calabria dovrebbe essere in diminuzione: invece abbiamo letto qua e là di una grande annata produttiva. Perché?
E la Sicilia? A noi viene un po’ da ridere amaramente. Abbiamo letto qua e là di un piccolo calo produttivo e di un’ottima produzione! Chi ha messo in giro queste notizie? Bella domanda!
La realtà, per quello che a noi risulta, è ben diversa.
A noi risulta che in provincia di Ragusa e nel Catanese – con riferimento agli oliveti dell’Etna, ma non soltanto dell’Etna – ci sia un sensibile calo di produzione: non come la flessione produttiva dello scorso anno, che è stata tremenda, ma la flessione c’è se confrontata alle olive prodotte nel 2017.
Nel Trapanese e nell’Agrigentino registriamo notizie contrastanti:ci sono agricoltori di queste due province che ci raccontano di un’annata così così, mentre ce ne sono altri secondo i quali non sarebbe un’annata eccezionale.
Non è vero che nel Palermitano l’annata olivicola è stata buona: al contrario, c’è una secca riduzione della produzione. Nel è il disastro dello scorso, quando in alcune aree di questa provincia le perdite hanno sfiorato il 60% e forse più. La produzione è lievemente migliorata, ma rispetto alle olive presenti negli alberi nel 2017, la produzione è nettamente inferiore.
Questa la situazione nelle tre Regioni italiane – Puglia, Calabria e Sicilia – che producono il 90% dell’olio d’oliva italiano. E nel resto d’Italia?
“Man mano che ci si sposta verso nord – ha scritto nei giorni scorsi Teatro Naturale – la situazione diviene più critica, con ampie aree prive di produzione. In particolare, difficoltà tutto il versante adriatico, ma anche sul Tirreno la situazione appare critica, anche in virtù dei recenti attacchi di mosca delle olive che stanno causando molti problemi. Scarsa la produzione, con una diminuzione del 50% o più, sia in Liguria sia sul Garda dopo la produzione record del 2018”.
Quindi, in Italia, nel complesso, non c’è grande produzione di olio d’oliva. Quindi è un po’ anomalo leggere che nel nostro Paese ci si attende una grande produzione di olio d’oliva per il 2020!
Una risposta va data anche a chi ha detto che la produzione “sarà di ottima qualità”, sottolineando che, quando gli insetti attaccano le olive, di solito, la qualità dell’olio d’oliva non migliora, semmai peggiora: perché non ci risulta che la conduzione degli oliveti, in Italia, sia tutta in biologico (ciò significa che se arrivano gli insetti, se non c’è conduzione in biologico, si usano i pesticidi).
Andiamo alla seconda anomalia: la previsione di una grande produzione in Tunisia.
In Tunisia, addirittura!, si attende una produzione di 350 mila tonnellate di olio d’oliva.
La prima considerazione è la seguente: questi agricoltori tunisini debbono essere veramente bravi, anzi, bravissimi. Su questo boom non abbiamo molte spiegazioni: e invece sarebbe opportuno saperne di più.
Ovvero: gli impianti di oliveti presenti in Tunisia giustificano questa enorme produzione di olio d’oliva? E come mai una differenza così marcata rispetto alla Sicilia? Ci sono stati problemi con i patogeni? O la Tunisia è esentata da insetti dannosi e altri problemi?
Perché poniamo queste domande? Perché, guarda caso, l’Unione Europea ha autorizzato la Tunisia a esportare olio d’oliva a tempesta; e quindi, a questo punto, è più che legittimo chiedersi da dove origina tutto questo olio d’oliva tunisino!
Lo scorso anno una tempesta di olio d’oliva tunisino è stata esportata, per esempio, in Sicilia. Ovviamente non ci sono dati ufficiali: noi, per caso, abbiamo scoperto questo commercio con Sciacca, provincia di Agrigento, che a quanto pare è la ‘capitale’ siciliana dell’olio d’oliva tunisino!
Poi ci hanno spiegato che tutto l’olio d’oliva tunisino che arriva in Sicilia viene esortato in Asia e negli Stati Uniti d’America. E i miricani, come si chiamano dalle nostre parti, debbono essere molto soddisfatti di portare in tavola olio d’oliva tunisino ‘sicilianizzato’, tant’è vero che non hanno piazzato dazi doganali su questo prodotto.
A questo punto, siamo alla fine del nostro articolo. Scarsa produzione di olio d’oliva in Italia e, guarda un po’ che caso, grande produzione di olio d’oliva in Tunisia.
Non ci sono notizie ufficiali né dell’olio d’oliva che viene importato in Italia, né soprattutto sulla fine che fa l’olio d’oliva tunisino che arriva nel nostro Paese.
In compenso, a fronte di una produzione di olive che, nel 2018, è stata in Italia disastrosa, abbiamo avuto sempre, in ogni periodo dell’anno, i Centri commerciali pieni di bottiglie di “olio d’oliva extra vergine italiano”!
Dove hanno preso tutto quest’olio d’oliva “extra vergine italiano” i Centri commerciali se in Italia, nel 2018, la produzione di olive da olio è collassata del 50-60% e, in alcune aree, anche del 70%?
E come hanno potuto vendere – e come ancora oggi continuano a vendere – “olio d’oliva extra vergine italiano” a 6 euro a bottiglia, a 5 euro a bottiglia, a 4 euro a bottiglia e 3 euro a bottiglia e anche meno?
Un consiglio ai nostri lettori: evitate, se potete, di acquistate olio d’oliva extra vergine nei Centri commerciali. E ricordatevi che una bottiglia di un litro di olio d’oliva extra vergine italiano non può costate meno di 9-10-11-12 euro (il prezzo cambia in ragione di vari fattori).
Quest’anno, nell’acquisto dell’olio d’oliva, fate molta, ma molta attenzione. Acquistatelo presso le aziende agricole di fiducia e grande attenzione anche ai frantoi: sapete come potrebbe funzionare, vero? Nel frantoio entrano olive che dovrebbero dare – la nostra è una malevola ipotesi – 10 tonnellate di olio d’oliva e, invece da qual frantoio, come per magico incanto, escono 30-40 tonnellate di olio d’oliva extra vergine…
Il dubbio: non è che noi ci prendiamo l’olio d’oliva “extra vergine” tunisino e, in cambio, non abbiamo invasione di migranti? Ipotesi da escludere: figuriamoci se l’Unione Europea baratta gli interessi dell’olivicoltura del Sud Italia per avere meno migranti e per aiutare chi spaccia olio d’oliva tunisino per italiano: non scherziamo con queste cose!
Un’istituzione seria come l’Unione Europea non farebbe mai una cosa del genere! Ma a chi vengono in testa certe tesi balzane…