Subito dopo la nomina di Teresa Bellanova a Ministro delle Politiche agricole una tempesta mediatica ha puntato i riflettori sul passato di bracciante agricolo della neo Ministra e sul suo titolo di studio. Sono passati in secondo piano, invece, il suo essere renziana e il suo passato, non esattamente grandioso, nel Governo Renzi. Dove si è fatta notare per scelte non esattamente di sinistra… Intanto l’agricoltura del Sud aspetta risposte che i suoi due predecessori non hanno dato
In primo luogo dobbiamo fare i nostri più sinceri complimenti a chi ha gestito l’operazione mediatica Teresa Bellanova Ministro delle Politiche agricole. Per un motivo semplice: perché invece di parlare dell’esperienza – a nostro avviso pessima – della neo Ministro Bellanova nel Governo di Matteo Renzi, quando ricopriva la carica di Sottosegretario al Lavoro, si è parlato delle offese alla Ministra per via del suo titolo di studio e del suo passato di bracciante agricolo.
Premesso che a noi il titolo di studio di un Ministro interessa poco o nulla, vogliamo invece ricordare cos’ha combinato la renziana Teresa Bellanova durante gli anni del Governo Renzi.
Cominciamo col dire che Teresa Bellanova ha votato sì alla legge che ha sbaraccato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Non solo. Entrata nel Governo Renzi su segnalazione di Gianni Cuperlo, che rappresentava l’opposizione interna allo stesso Renzi, Teresa Bellanova non ha esitato ad assumere posizioni che, forse, con la sinistra non hanno molto a che vedere.
Sotto questo profilo, un passaggio di un articolo del quotidiano on line Post è illuminante. Siamo negli anni del Governo Renzi:
“Nell’estate del 2015 la sinistra del partito si rifiutò di votare la fiducia sulla nuova legge elettorale Italicum voluta da Matteo Renzi, rischiando di mettere in pericolo l’intera maggioranza di governo. In protesta contro la minoranza, un gruppo guidato dal ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina se ne distaccò e fondò una nuova corrente, ‘Sinistra è cambiamento’, con lo scopo di appoggiare la maggioranza del partito guidata da Renzi. Bellanova lasciò la corrente dei ‘dissidenti’ del PD e divenne la responsabile per la Puglia della nuova corrente di Martina. Il suo spostamento fu anche politico. In quel periodo Bellanova divenne una delle più strenue sostenitrici del Jobs Act e della riforma dell’articolo 18, cambiando posizione rispetto a quando, quasi 15 anni prima, aveva lottato da sindacalista CGIL contro la sua abolizione da parte del governo Berlusconi. Per queste ragioni, da allora Bellanova è accusata da molti a sinistra di essere una traditrice della causa sindacale”.
Un’altra storia che merita di essere ricordata è il suo ruolo, nella passata legislatura, nella vertenza Almaviva.
La storia l’ha raccontata il quotidiano il Manifesto, un giornale che non può certo essere etichettato di destra. Tema: le procedure di licenziamento collettivo aperte in meno di 10 mesi (18 dicembre 2015, 21 marzo 2016, 5 ottobre 2016) che riguardavano i lavoratori Almaviva della sede di Roma.
Vicenda assai sofferta. Le Rappresentanze sindacali unitarie romane (Rsu) di Almaviva non risparmiarono critiche, anche aspre, all’allora vice Ministro Teresa Bellanova.
“Un ricorso al giudice del lavoro, presentato dallo studio legale Panici-Guglielmi su mandato di ben 250 lavoratori licenziati a Roma – scriveva il Manifesto – chiama in causa l’azienda e il governo accusando l’allora amministratore delegato (e oggi presidente di Almaviva Contact) Andrea Antonelli e la viceministra Teresa Bellanova di concorso in estorsione proprio per quello che accadde nella trattativa, specie in quell’ultima notte al ministero della Sviluppo economico alla scadenza della procedura di licenziamento collettivo”.
“Per entrambi – aggiungeva il giornale – parallelamente al ricorso, è stata presentata una denuncia penale, da parte dell’avvocato Cesare Antetomaso e degli avvocati del lavoro Pier Luigi Panici e Carlo Guglielmi, alla Procura di Roma sottoscritta da una quindicina di Rsu Almaviva Roma per «tentata estorsione»”. Le testimonianze dei rappresentanti romani gettano un’ombra sui comportamenti della viceministra Teresa Bellanova, lodata invece per la firma unitaria dell’accordo di maggio 2016 che aveva evitato 2.500 licenziamenti – spiegava il Manifesto – Dopo aver tenuto le Rsu in una sala mentre discuteva con i vertici sindacali nazionali e aver rifiutato di concedere tempo per le assemblee illustrative dell’intesa, sentito il diniego dei delegati romani a firmare, Bellanova li accusava di «aver abdicato al ruolo di sindacalisti» e di essere «irresponsabili nei confronti dei lavoratori rappresentati» cercando infine di convincere i lavoratori presenti sotto il ministero perché «si rivoltassero per far cambiare idea agli Rsu»”.
“Quell’accordo non era firmabile – ha raccontato a Romatoday Barbara Sbardella, rappresentante sindacale Slc Cgil, che era tra quei sindacalisti che rifiutarono di firmare l’accordo sulla sede romana la notte del 21 dicembre 2016 – e sottendeva un vero e proprio ricatto per i lavoratori. Se ci avessero dato il tempo di riunire i colleghi e loro ci avessero detto di firmarlo l’avremmo fatto, non siamo autorappresentativi. Ma in quel momento avevamo un mandato assembleare a non affrontare né l’abbassamento del salario né l’aumento del controllo sul lavoratore. Quella notte abbiamo chiesto uno stop di 24 ore per ulteriori consultazioni ma non ci è stato concesso. Così abbiamo votato secondo quanto emerso dalle assemblee. Credo che con stipendi così bassi effettuare dei tagli non sia proprio possibile. Un esempio. Quella notte inviai a Teresa Bellanova una mail con la tredicesima di una collega: ammontava a poco più di 300 euro. Proprio lei, all’inizio di dicembre, nel corso di un’intervista aveva promesso che il Governo non avrebbe mai assecondato tagli agli stipendi dei lavoratori”.
Per la cronaca, leggiamo su Adnkronos,”La denuncia depositata non è mai andata avanti al contrario di quella civile, indirizzata alla sola Almaviva, in cui i lavoratori chiedevano l’annullamento del licenziamento ed il reintegro in azienda che ha conosciuto sorti alterne. Una prima sentenza, come spiega il legale, ha accolto le ragioni circa l’estorsività dell’accordo e riabilitato i lavoratori mentre una seconda sentenza ha confermato la reintegra ma non la tentata estorsione. La Corte d’Appello invece ha azzerato tutto non riconoscendo nessuna delle ragioni addotte dai lavoratori. Sarà ora la Cassazione a dove dire dunque la parola finale sulla vicenda. I tempi non si conoscono”.
Chissà perché tutti quelli che, in queste ore, hanno ricordato il passato di bracciante agricolo di Teresa Bellanova non si siano invece ‘ricordati di ricordare’ (a se stessi e agli altri) la presenza della stessa Bellanova nel peggiore Governo della Repubblica italiana, se visto dalla parte dei lavoratori: il Governo Renzi.
Sì, Matteo Renzi, proprio lui, quello che è tornato a governare l’Italia grazie alla Lega di Salvini e al Movimento 5 stelle.
Fatte queste premesse, giusto per restituire la verità dei fatti, con buona pace degli abili agiografi renziani, diciamo subito che noi seguiremo con particolare attenzione l’azione politica e amministrativa di Teresa Bellanova Ministro delle Politiche agricole.
Anche perché I Nuovi Vespri seguono con particolare attenzione i temi legati all’agricoltura del Sud.
Gli ultimi due Ministri che si sono occupati di agricoltura, visti dal Sud, sono stati disastrosi.
Il penultimo – Maurizio Martina – era renziano come la signora Bellanova: questo signore non solo non ha fatto nulla per l’agricoltura del Sud, ma sotto il suo ‘ministero’ la varietà antica di grano duro Senatore Cappelli – gloria e vanto della cerealicoltura meridionale – è stata ‘privatizzata’ da una società del Nord che oggi la gestisce in regime di monopolio.
L’ultimo – il leghista Gian Marco Centinaio – ha confermato tutte le penalizzazioni che il suo predecessore ha appioppato al Sud. Occupandosi esclusivamente dell’agricoltura del Nord: non a caso è stato acclamato dai produttori di riso del Nord Italia.
Per la cronaca, la varietà Senatore Cappelli è stata selezionata in Puglia nei primi del ‘900: ci auguriamo che la ministra pugliese Teresa Bellanova restituisca la varietà di grano duro Senatore Cappelli ai pugliesi e, in generale, ai meridionali.
Dalla Ministra Bellanova ci aspettiamo provvedimenti in favore dell’agricoltura del Sud, non atti di pirateria politica e disinteresse.
A parlare saranno i fatti. E noi li seguiremo.
Foto tratta da Il Primato Nazionale
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