I problemi non sono stati risolti dalla Lega di Governo di Salvini. La vertenza, per l’80%, riguarda i pastori sardi (la Sardegna è la prima Regione italiana per allevamenti di pecore). Ma tocca anche la Sicilia. Se i pastori sardi non cominceranno a far sentire la propria voce tutta l’ovinicoltura italiana è destinata ad essere massacrata dagli industriali
Il 9 marzo sorso abbiamo scritto un articolo dal titolo:
“Siglato l’accordo sul latte di pecora: perché i pastori sardi stanno sbagliando“.
Articolo più che mai attuale per due motivi.
Primo motivo: perché il prezzo del latte di pecora è ancora basso e, con gli attuali chiari di luna, molto difficilmente raggiungere 1 euro al litro (questo l’impegno che è stato assunto dal Governo nazionale).
Secondo motivo (legato al primo): in Sardegna, con due mesi di anticipo (l’accordo siglato lo scorso marzo prevede che a novembre tutti dovranno ‘scoprire le carte’: gli industriali che con il latte delle pecore sarde producono il Pecorino romano e il Governo nazionale), sono già esplose le prime proteste.
Ne ha dato notizia ieri Sardianiapost.it che scrive:
“Un piano e una bozza di linee guida da consegnare in tempi brevi alla Regione per accelerare il rilancio del comparto lattiero-caseario. È quanto emerso stamattina (ieri per chi legge ndr) nel corso di un incontro tra l’assessore regionale dell’Agricoltura, Gabriella Murgia, e Oilos, l’Organismo interprofessionale latte ovino sardo, presieduto da Salvatore Pala”.
“Abbiamo individuato una strada comune – ha spiegato l’esponente della Giunta Solinas (Christian Solinas, presidente della Regione Sardegna di centrodestra ndr) – per trovare soluzioni condivise con tutti gli attori del settore. C’è una priorità assoluta: dev’essere giustamente riconosciuto in termini economici il lavoro svolto dai pastori, un lavoro usurante non adeguatamente remunerato. È questa la vera emergenza sociale e da qui dobbiamo partire. Ho chiesto a Oilos di predisporre un programma di rilancio della filiera, da inviare in assessorato entro 15 giorni, che si rifletterà inevitabilmente sulla vertenza latte. Questa proposta ci aiuterà a valutare gli interventi necessari per garantire una giusta remunerazione’, ha aggiunto l’assessore Murgia, che ha poi annunciato di voler convocare nei prossimi giorni il presidente del Consorzio del Pecorino romano, Salvatore Palitta, per discutere del piano di regolazione dell’offerta”.
“Nelle ultime settimane sono stati diversi gli episodi di nuovi sversamenti per protesta, da parte di alcuni pastori in tutta l’Isola, ripresi dai cellulari e postati in rete. Una delle associazioni degli allevatori, l’ultima nata in ordine di tempo ha proposto nell’ultima assemblea a Tramatza, un prezzo fisso per i pastori”.
Poiché quanto abbiamo scritto a marzo si è rivelato vero – e cioè che l’accordo siglato dai pastori sardi con l’allora Governo nazionale di grillini e leghisti era sbagliato – abbiamo qualche titolo per ipotizzare quello che potrebbe succedere. Vediamo.
Tanto per cominciare, il Governo nazionale è cambiato. Il nuovo Ministro delle Politiche agricole dirà che lui con il vecchio accordo non c’entra nulla.
Morale: il prezzo del latte di pecora rimarrà basso, anche perché prenderanno la scusa dei prezzi bassi del Pecorino romano.
A nostro modesto avviso, i pastori sardi dovrebbero riaprire subito la vertenza, senza aspettare novembre. Incalzare subito il nuovo Governo, anche se non c’è ancora il nuovo Ministro delle Politiche agricole.
Ricordiamo ai pastori sardi che sono loro i protagonisti della vertenza, perché senza il latte delle Pecore della Sardegna si blocca la filiera. A meno che gli industriali non decidano di andare ad acquistare il latte fuori dall’Italia (il latte di pecora prodotto dalle altre Regioni italiane: Sicilia, Lazio e Toscana non basterebbe).
Comincino adesso a fare ‘ballare’ tutti: Governo nazionale, industriali e la stessa Regione Sardegna…
P.s.
Quello che succederà in Sardegna influenzerà anche la vita dei pastori siciliani.
QUI L’ARTICOLO DI SARDINIAPOST