Appuntamento il 24 agosto alla Grancia (Potenza) annuncia Pino Aprile. “Decideremo lì, insieme, il nome e la forma di quel che nascerà” assicura l’autore di ‘Terroni’. Finalmente il Sud esce dall’angolo in cui la politica italiana – a partire soprattutto dalla Seconda Repubblica – l’ha confinato. Le responsabilità della UE. Perché è importante sbugiardare i vecchi politici che, già da qualche tempo, hanno indossato i panni dei “meridionalisti”!
Finalmente ci siamo. Sta per nascere un nuovo soggetto politico meridionalista. Un’alternativa secca alla vecchia politica italiana che fino ad oggi – soprattutto a partire dalla cosiddetta ‘Seconda Repubblica’ – ha sistematicamente rapinato il Mezzogiorno. Si parte il 24 maggio, come scrive il giornalista e scrittore Pino Aprile:
“Il 24 agosto ci si trova, quanti vorranno, alla Grancia (Potenza), per far nascere una iniziativa politica di emergenza democratica. Chi c’è c’è (astenersi razzisti), per formare una alternativa per le prossime elezioni, sbarrare la strada a Salvini e capovolgere il sistema che ha retto finora questo Paese: sottrarre a una parte, accusandola pure di essere mantenuta, per mantenere e arricchire l’altra”.
“Salvini e la Lega – aggiunge – sono solo l’ultima e peggiore manifestazione della bulimia di risorse pubbliche che dota il Nord e il Centro di infrastrutture decenti o persino all’avanguardia, treni ad alta velocità, autostrade, anche inutili e dannose, come la Brebemi o le pedemontane lombardo-venete, istituti di ricerca pagati da tutti ma rigorosamente padani, eccetera; mentre in circa metà del Paese è quasi o del tutto impossibile raggiungere un posto in treno o con una strada che non sia dissestata, piena di buche, mezzo franata. E se il tempo è un costo fra i maggiori, questo uccide l’economia del Sud”.
Negli anni ’50 del secolo passato quando, contro i Luigi Einaudi di turno (tutti antimeridionali e antisiciliani proprio come lo stesso piemontese Einaudi!), l’Italia repubblicana appena nata si interrogava sulla tremenda eredità rappresentata dal Sud di allora – un Sud che, dal 1860 sino alla fine del fascismo e della Seconda guerra mondiale, era andato indietro economicamente e socialmente – lo stesso Sud coniò la formula “il Mezzogiorno all’opposizione”.
Allora, come oggi, le spinte per continuare a penalizzare il Sud erano tante e agguerrite. Del resto, era un’abitudine: avevano fatto così i Savoia dopo la conquista del Sud grazie al mercenario, massone e traditore Giuseppe Garibaldi; avevano fatto così destra e sinistra storica; non parliamo dei danni prodotti nel Sud e in Sicilia da Francesco Crispi, il ‘principe’ degli ascari; aveva fatto così Giovanni Giolitti, in assoluto il politico italiano più antimeridionale del ‘900 insieme con il citato Einaudi: un politico nordista, Giolitti, che non esitò a siglare accordi con le mafie del Sud per il proprio tornaconto politico; e aveva fatto così il regime fascista, che iniziò ad occuparsi del Sud poco prima dell’inizio del secondo conflitto mondiale.
Tutte queste remore non hanno impedito all’Italia repubblicana, o meglio, alla cosiddetta Prima Repubblica di occuparsi del Sud. La prima e la seconda fase della Cassa per il Mezzogiorno (la prima fase con la realizzazione di alcune grandi infrastrutture che avrebbero dovuto attirare gli investimenti; la seconda fase con la realizzazione dei ‘Poli di sviluppo’ nel Sud, da Bagnoli-Napoli all’Italsider di Taranto (oggi ILVA), fino alle industrie, non sempre lungimiranti, realizzate in Sicilia, dalla chimica di Gela, di Milazzo e della ‘Piana di Siracusa’ fino alla Fiat di Termini Imerese), pur con tutti i limiti, hanno comunque ridotto il divario economico e infrastrutturale tra Nord e Sud.
Dalla Seconda Repubblica in poi l’egoismo del Nord ha preso il sopravvento su tutto. Se nella Prima Repubblica i grandi partiti – DC, PCI, PSI – sono riusciti a garantire, anche se a fatica, gli investimenti nel Sud (cosa che non sempre il Nord ha sopportato: chi ha un po’ di memoria ricorderà gli attacchi dei fascisti all’allora Ministro socialista Giacomo Mancini che aveva la sola colpa di essere riuscito ad avviare i lavori dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria togliendo fondi alle autostrade del Nord: cosa allora inaudita!), con l’avvento della Seconda Repubblica lo Stato ha ridotto drasticamente la spesa nel Sud.
L’ultima follia la dobbiamo ai Governi di centrosinistra degli anni ’90: era rimasto, non utilizzato, un bel gruzzolo di risorse non spese della legge 64 del 1986 (la legge che aveva creato l’Agenzia per il Mezzogiorno sulle ceneri della citata Cassa per il Mezzogiorno soppressa nei primi anni ’80). Ebbene, con questa grande massa di risorse, invece di sostenere le imprese meridionali, si preferì darle tutte alla Fiat per la realizzazione di uno stabilimento automobilistico in Basilicata.
Un investimento sbagliatissimo, sia perché l’industria automobilistica italiana era già in crisi, sia perché – di fatto – si toglievano al Sud le risorse del Sud per darle alla FIAT!
Dopo di che si è andati di male in peggio. Con la scusa che il “Sud ha a disposizione i fondi strutturali europei”, lo Stato ha praticamente azzerato l’intervento ordinario nel Sud!
Ma, attenzione: la responsabilità di quanto avvenuto dal 2000 ad oggi con i fondi strutturali europei nel Sud Italia è in minima parte dei Governi italiani ‘nordisti’ di centrodestra e di centrosinistra e, in massima parte, dell’Unione Europea.
Perché chiamiamo in causa l’Unione Europea? Perché l’Unione Europa è un’istituzione che – rispetto alla gestione dei fondi strutturali destinati alle Regioni del Sud Italia – non fa rispettare un proprio principio cardine. Parliamo del ‘Principio di addizionalità’: i fondi strutturali europei – così ha stabilito la UE nei propri Regolamenti – debbono ‘addizionarsi’ e non sostituirsi all’intervento dello Stato!
Questo principio è fondamentale: perché solo ‘addizionandosi’ ai fondi dello Stato italiano i fondi europei destinati al Sud Italia possono iniziare a colmare il deficit economico e infrastrutturale tra Sud e resto d’Italia.
Invece, in Italia, a partire dalle Programmazioni iniziate nel 2000 (oggi siamo alla terza Programmazione dei fondi strutturali europei: 2014-2020), i fondi strutturali europei si sostituiscono all’intervento ordinario dello Stato! Da qui l’impossibilità matematica, per il Sud Italia, di colmare il divario economico e infrastrutturale con il Centro Nord.
Di più: siccome la spesa dei fondi europei è complicata da regolamenti farraginosi, ecco che ci sono dei ritardi. Ritardi che si risolvono quasi sempre in riprogrammazioni mediante le quali i Governi centrali spendono nel Centro Nord una parte dei fondi europei destinati al Sud!
Quindi non solo lo Stato italiano non dà nulla al Sud, ma si tiene anche una parte dei fondi europei dello stesso Sud!
Se a tutto questo si sommano gli imbrogli contabili adottati da alcune Regioni del Sud Italia nella rendicontazione degli investimenti nelle infrastutture, con la trasformazione dei fondi europei per gli investimenti in spesa corrente clientelare, la frittata è fatta.
Morale: lo Stato italiano deruba sistematicamente il Sud Italia; la UE avalla questi ladrocini consentendo agli amministratori di alcune Regioni del Sud di imbrogliare sulle rendicontazioni, facendo venire meno gli investimenti nei territori.
Così i cittadini del Sud – con responsabilità che sono del 90% circa della UE e dello Stato e del 10% delle ‘presunte’ classi dirigenti meridionali – ricevono sempre meno: sempre meno servizi sanitari, sempre meno servizi scolastici, sempre meno servizi nei trasporti: sempre meno, sempre meno, sempre meno…
Oggi, quella dei cittadini del Sud, spiega sempre Pino Aprile, “non è, come pure potrebbe sembrare, una rivendicazione meridionalista: un Paese che non riconosce a tutti i suoi cittadini uguali diritti non è un Paese, ma un sistema malato. In tal senso, l’Italia non è mai stata unita, ma divisa. Un Paese così fatto genera disaffezione, distacco, risentimenti e persino odio (la Lega si nutre di quello ed è nata sfruttando il razzismo contro i meridionali). Sino all’apparente assurdità (ma psicologia e psico-sociologia spiegano il fenomeno) di tanti meridionali che votano Lega e Salvini, che per decenni li hanno insultati e ancora li privano (complici i “paramount chief” colonizzati) di diritti elementari: alla salute, all’istruzione, alla mobilità; persino al rispetto. Un Paese così era, esasperando le differenze, il Sud Africa, prima di abolire l’Apartheid che di fatto c’è sempre stata in Italia, e ora si vuole blindare per legge”.
“Quindi, un’azione politica risanatrice – prosegue l’autore di Terroni – non può avere come valore un territorio o i suoi abitanti (questo lo fanno i razzisti), ma il principio che cittadini di uno stesso Stato debbano avere diritti, possibilità e trattamenti uguali, o quello Stato non merita di esistere. Per quanto possa suonare male: l’equità è il valore, non il Sud o altro riferimento geografico, etnico. La denuncia diviene (appare) meridionale, perché il Mezzogiorno e i suoi abitanti sono stati discriminati e deprivati”.
Pino Aprile ricorda il calo demografico del Mezzogiorno “come avvenuto soltanto per le stragi risorgimentali dei piemontesi e per la più assassina epidemia della storia dell’umanità: la ‘spagnola’, dopo la prima guerra mondiale. E il futuro del Sud se ne va con i giovani, costretti a cercarne uno in giro per il mondo. Le nostre regioni, che mai, in millenni, erano state terra di emigrazione, si stanno riducendo a un gerontocomio in fase di svuotamento”.
C’è anche il pericolo – che in Sicilia è ormai realtà – che la vecchia politica diventi “meridionalista”.
Il presidente del Consiglio quasi-dimissionario, Giuseppe Conte, dopo aver penalizzato il Mezzogiorno con il sì alla TAV, proprio in queste ore, si sta ricordando di essere nato in Puglia…
In Campania Vincenzo De Luca, dimenticando di essere esponente del PD, sta provando ad accreditarsi come meridionalista.
Il fuoriuscito da Forza Italia, Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, si vorrebbe accreditare nel Sud.
Non parliamo di quello che succede in Sicilia, dove tutta la vecchia politica di centrodestra e di centrosinistra, dopo aver massacrato, a turno, un’Isola sempre più disperata, sta tornando a parlare del Sud e della stessa Sicilia…
Tra qualche giorno Luigi Di Maio e altri grillini del Sud – dopo aver affossato il Sud in quasi un anno e mezzo di Governo – dovrebbero cominciare a riproporsi come salvatori del Sud…
Peccato che nessuno di questi neo meridionalisti, nei mesi scorsi, ha sollevato il tema dell’Autonomia differenziata. Scrive ancora Pino Aprile:
“E’ stata uno choc, per l’Italia di lorsignori: era cosa fatta; si erano messi d’accordo, con l’ammucchiata di Lega, Pd, FI e FdI del Nord, a scopo di rapina contro i meridionali. La campagna di informazione condotta da un gruppo di cittadini, docenti, scrittori, meridionalisti, ha reso pubblico quello che si teneva nascosto (il furto del secolo), ha raccolto in pochissimi giorni 60mila adesioni, indotto il M5S (va riconosciuto) a far le pulci all’alleato e a frenare lo scempio programmnato”.
“Quel mondo – prosegue lo scrittore – abituato a fare a suo piacimento, nel silenzio complice della classe dirigente del Sud (e chi non tace è segato), ha scoperto di non avere più le mani libere, che il Mezzogiorno può fare la differenza. E la fa. La sorpresa li ha disorientati. E quando è arrivata una cosettina (ma proprio una cosarella, giusto per far capire quale direzione prende il risveglio del Sud), il boicottaggio del prosecco veneto, da parte di bar e ristoranti meridionali, si è sparso il panico in campo subalpino. Sì, la feritina al portafogli bene non fa, ma quello che fa sbarellare è l’idea che il tressette del potere nazionale non sia più con il morto, rivelatosi un giocatore che sa di avere carte, come gli altri, e intende giocarle come dice lui, non limitarsi a tenerle in mano per calare quelle che gli dicono”.
E allora? E allora via alla costituzione del nuovo partito meridionalista.
“Decideremo lì, insieme, il nome e la forma di quel che nascerà – assicura Pino Aprile -. Sarà una creatura che avrà anime solitamente incompatibili e dovrà accordarsi su un programma minimo e condiviso (razzisti esclusi). Dovremo tener conto solo di quello che unisce, visto che da troppo tempo riusciamo a dividerci sul dettaglio, pur avendo tanto in comune. Molte barriere sono state superate e la lotta alla Secessione dei ricchi ne è prova. Ora possiamo fare quello che forse prima sarebbe stato prematuro; e dobbiamo farlo, perché è l’ultimo momento utile. Non limitiamoci a esserci, ma coinvolgiamo quanti possano essere utili: se non sarà una cosa di popolo, sarà meno di quel che deve essere”.
“Non ci sono patti preconfezionati, soluzioni già in tasca – conclude l’autore di Terroni -. C’è qualche idea e altre ne arriveranno. Ci vediamo alla Grancia, il 24 agosto, alle 9,30. Il Sud riparte da sé, avendo qualcosa da dire e tanto da fare, non contro, ma per tutti. L’equità non può essere parziale: o tutela tutti allo stesso modo o non è. Punto primo: il tempo della discriminazione, del meridionale ‘meno’ (diritti, infrastrutture…) comincia a scadere il 24 agosto prossimo. È durato troppo. Ma ora ce ne siamo accorti”.
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