Le due lingue – la lingua napoletana e la lingua siciliana – definite dall’UNESCO, “lingue madri”, entrano a far parte del sistema operativo della Apple. Lo leggiamo in un interessante articolo di Pigreco AriannaMicrochip. La citazione da una celebre poesia di Ignazio Buttitta
Non siamo esperti in informatica: tutt’altro. Però c’è una notizia che ci ha colpito. E’ una notizia ‘informatica’ fino a un certo punto, dal momento che riguarda due lingue: il napoletano e il siciliano. Orbene – ecco la notizia – “a partire da settembre, ‘sicilianu’ e ‘napulitano’ figureranno tra le lingue dell’ultima versione di OS X Yosemite, per Mac”, così leggiamo sul sito Pigreco AriannaMicrochip.
“Per impostarle – prosegue l’articolo – basterà accedere al pannello di controllo, selezionando l’opzione ‘Lingua e Zona’ e cliccare tra l’elenco di voci in italiano. Per scegliere il dialetto occorrerà così aprire un menù a tendina al click del segno ‘+’ in basso a sinistra. Ma attenzione, ciò non vuol dire che il computer ‘parlerà’ le due lingue, ma solo che le riconoscerà nel caso vengano sviluppate App che le utilizzano”.
Nell’articolo si legge che il “napoletano era la lingua parlata nelle antiche Due Sicilie, che costituivano il Regno al di qua del faro di Messina, il siciliano era, invece, la lingua del Regno che si parlava al di là del faro (Sicilia). Il napoletano è secondo nella nostra penisola, soltanto alla lingua ufficiale, l’italiano, per diffusione sul territorio nazionale. E’ molto parlato nel sud Italia, oltre che in Campania, in Abruzzo, Molise, Basilicata, Lazio meridionale, Puglia, Calabria Settentrionale; ed è stato esportato in tutto il mondo attraverso la canzone classica napoletana”.
Se è per questo, il napoletano è molto noto anche in Sicilia: per esempio, nei quartieri popolari di Palermo. Ancora oggi, nelle feste dei quartieri popolari del capoluogo siciliano si invitano cantanti napoletani. Se ci si avventura, ancora oggi, nei quartieri popolari di Palermo è ancora oggi possibile ascoltare uomini e donne che cantano in napoletano.
Eh sì, Palermo è una città strana, che ha avuto sì grandi studiosi di tradizioni popolari, da Giuseppe Pitrè a Giuseppe Cocchiara ma, chissà perché, ancora oggi i legami tra il napoletano e i siciliani non sono mai stati approfonditi come meriterebbero.
Eppure non è difficile rintracciare l’origine di questo legame. Magari quello che scriveremo non piacerà ai sicilianisti ‘purissimi’, quelli che dicono che la Sicilia fa storia a sé, che non il Sud Italia non c’entra proprio niente, e che nel periodo del Regno delle Due Sicilie la nostra Isola aveva la propria ‘autonomia’ amministrativa (che, in realtà, alla fine, questa autonomia da Napoli non è stata altro, in buona parte, che una concessione che il Borbone ha fatto a un ‘pezzo’ della nobiltà e a un ‘pezzo dell’alta borghesia siciliana: concessione con la quale questi potenti vessavano il popolo siciliano, che spesso si ribellava a questi ‘signori’ che, in molti casi, erano dei nullafacenti e parassiti): è vero, l’autonomia c’era, ma c’era anche un legame con Napoli: e la lingua napoletana ancora oggi diffusa a Palermo tra i ceti popolari ne è la spia evidente.
Nell’articolo si ricorda che l’UNESCO sostiene che la lingua napoletana e la lingua siciliana non sono dialetti ma, per l’appunto, lingue a tutti gli effetti.
Vabbé, non è che ci voleva l’UNESCO per accertare un fatto oggettivo!
Nell’articolo si sottolinea che la Sicilia “è l’unica Regione a Statuto speciale che non si vede riconosciuta la propria lingua”.
Ebbene, questo in parte lo dobbiamo a uno Stato centrale che, a cominciare con Luigi Einaudi, ha sempre cercato di sminuire l’Autonomia siciliana. Ma lo dobbiamo anche a un classe politica che non ha mai utilizzato quello che lo Statuto prevede su questo fronte.
“Ottenere uno status legale del Napoletano e del Siciliano come Lingue Proprie dell’Italia meridionale ne permetterebbe l’utilizzo nelle scuole, negli uffici pubblici e nei mezzi di informazione – leggiamo sempre nell’articolo -.
L’attività di valorizzazione è portata avanti principalmente da associazioni culturali e gruppi musicali e teatrali. Sono presenti anche siti Internet in lingua napoletana e siciliana. Tra i poeti contemporanei che hanno scelto di esprimersi in siciliano Ignazio Buttitta è il più noto e il più conosciuto, sia in Sicilia che nel resto dell’Italia. Scomparso del 1997, la sua lirica più famosa è Lingua e dialettu, dove implora i siciliani affinché conservino la propria lingua:
Un populu mittitilu a catina spughiatilu
attuppatici a vucca è ancora libiru.
Livatici u travagghiu u passaportu
a tavula unnu mancia u lettu unnu dormi,
è ancora riccu.
Un populu diventa poviru e servu
quannu ci arrubbanu a lingua
addutata di patri:è persu pi sempri“.
QUI L’ARTICOLO DI PIGRECO ARIANNA MICROCHIP
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