Solidarietà ai giornalisti de La Repubblica. Ma a loro dobbiamo ricordare che nessuno può mettere in discussione il potere, i capricci e le intemperanze di Gianfranco Miccichè, rampollo di quella borghesia panormita alla quale tutto è concesso, al di là del bene e del male…
Qualche giorno fa il presidente del Parlamento siciliano, Gianfranco Miccichè, ha trasformato la tradizionale cerimonia del ventaglio – una tradizione che in Assemblea regionale siciliana hanno ‘spappagallato’ dallo scenario politico nazionale: l’associazione della stampa parlamentare che dona ogni anno al presidente della Repubblica e ai presidenti di Camera e Senato un ventaglio, in genere negli ultimi giorni di luglio, l’occasione per fare il punto della situazione politica – in una sceneggiata contro i colleghi del quotidiano La Repubblica. Cogliamo l’occasione per porgere la nostra solidarietà ai colleghi de La Repubblica e, contemporaneamente, per ricordargli che, in Sicilia, Gianfranco Miccichè è come la Croce Rossa: non può essere né criticato, né attaccato: ha sempre ragione lui, anche quando ha torto!
Ora siccome chi scrive è di origini agrigentine diranno – tipo il nostro amico Giancarlo Macaluso -: vabbé, la ragione pirandelliana gli sta dando…
No, no e no: Pirandello, con Gianfranco Miccichè, non c’entra proprio niente.
Gianfranco Miccichè è di Palermo: appartiene – tipo certi sindaci – a quella alta borghesia che si può permettere tutto, tipo Marchese del Grillo.
Vi raccontiamo una storia, così, per capire chi è Miccichè e di che personaggio stiamo parlando.
Primi anni 2000. Nella sede della Fondazione Mormino, in via Libertà, a Palermo, c’è un convegno. E’ un venerdì pomeriggio. Ci presentiamo a questo convegno.
Alla porta un ‘cerbero’ ci blocca:
“E lei, vestito così, dove vuole andare?”.
Replichiamo:
“Scusi: vestito come?”.
E il ‘cerbero’:
“Lei vuole entrare qui in jeans e giubbotto? Non gliel’hanno detto mai che qui si viene in giacca e cravatta?”.
Nostra replica:
“Scusi: che siamo in Assemblea regionale siciliana? E poi a noi della giacca e della cravatta non ce ne può fregare di meno: noi siamo giornalisti”.
Risposta del ‘cerbero’:
“Qui in jeans e giubbotto, soprattutto nelle giornate importanti, non è mai entrato nessuno!”.
Era una giornata dedicata a una ‘convegnessa’ organizzata dalla Fondazione Banco di Sicilia, presieduta da quello che riesce a stare seduto su dieci-quindi-venti poltrone di sottogoverno, ora nemmeno il nome ricordiamo: quello che è anche a capo del Museo del Risorgimento, che noi chiamiamo Museo degli orrori, dove conservano i cimeli dei banditi che hanno svenduto la Sicilia e il Sud ai Savoia…
Intanto era arrivato l’ex presidente della Regione, Giuseppe Alessi, un altro ex presidente della regione, Angelo Bonfiglio; poi il professore Carlo Dominici: insomma, il convegno stava iniziando e non ci lasciavano andare.
Il ‘cerbero’ era irremovibile:
“Jean e giubbotti qui non ne entrano!”.
A un certo punto ‘s’arricampa’ Gianfranco Miccichè con Pippo Fallica.
Pippo Fallica (che con chi scrive ha perso una scommessa di una bottiglia di vino che non ha mai onorato) aveva la cravatta: e anche bella. Mentre Gianfranco Miccichè – e qui è la notizia – era, udite! udite! – in jeans e giubbotto.
I due entrano e il ‘cerbero’ non batte ciglio.
“Scusi – obietto -: non ha finito di dire, due secondi fa, che qui jeans e giubbotti non ne entrano? Come mai ha lasciato passare Gianfranco Miccchè che, peraltro, ha un giubbotto vecchio, mentre il mio è quasi nuovo?”.
Interviene il secondo ‘cerbero’:
“Senta, quello è un vice Ministro. Vuole che blocchiamo un vice Ministro perché indossa jeans e giubbotto?”.
Replichiamo:
“Così, per capirlo: la regola – peraltro balorda come questa sede sui cui restauri potremmo raccontarvi cose sfiziose assai… – vale per noi e non vale per Miccichè? Sapete che vi diciamo? Che noi adesso scateniamo un bordello che voi nemmeno ve l’immaginate!”.
Non potete capire che cosa è successo: la gente – tutta in ghingheri, uomini e anche donne – arrivava, e noi che raccontavamo questa storia:
“Hanno fatto passare Gianfranco Miccichè e noi no!”.
Alla fine i due ‘cerberi’ hanno capito che erano, come dire?, caduti male e siamo entrati anche noi, giusto in tempo per ascoltare gli ex presidenti della regione, Alessi e Bonfiglio, che parlavano di De Marsico con uno di Forza Italia che sussurrava a un altro – anche lui di Forza Italia -: “Ma ‘stu De Marsico cu è?”.
Cosa vogliamo dire? Che Miccichè può.
Da vice Ministro si è fatto ‘beccare’ mentre coltivava un suo – chiamiamolo così – hobby e non gli è successo niente.
Nel 2008 siccome non l’avevano candidato alla presidenza della Regione ha spaccato il centrodestra e si è fatto il Governo con Raffaele Lombardo.
Nel 2012 si è candidato alle elezioni regionali per non fare eleggere il candidato di centrodestra, Nello Musumeci, regalando alla Sicilia Rosario Crocetta, al PD e a Confindustria Sicilia.
Nel 2017, dopo avere distrutto il centrodestra e Forza Italia è ridiventato coordinatore di Forza Italia in Sicilia e leader del centrodestra.
Sempre nel 2017, nonostante gli ‘impresentabili’, non aveva i voti – del centrodestra – per farsi eleggere presidente dell’Ars. Ha chiamato i deputati del PD – che si sono messi subito sull’attenti – e si è fatto eleggere presidente dell’Ars!
All’Ars fa quello che vuole: mostre, convegni, concorsi. Qualche tempo fa, ad un convegno, ha tolto il microfono dalle mani di Giuseppe Arnone che stava cominciando a parlare di Rosario Crocetta e di Giuseppe Lumia. Tutto documentato da un VIDEO!
Gianfranco Miccichè è così: lui può fare tutto e non paga mai il ‘dazio’.
Lui non è né Parmenide, né Eraclito, ma Parmenide e Eraclito messi assieme, perché con lui, i due, possono convivere…