Domenica scorsa, a Randazzo, le anime dell’arcipelago indipendentista della Sicilia hanno dato vita a una manifestazione per ricordare Antonio Canepa, il leggendario comandante dell’EVIS, l’Esercito dei Volontari per l’Indipendenza della Sicilia. Ne parliamo con Paolo Valentini, tra i protagonista di TerraeliberAzione, che parla senza peli sulla lingua, affrontando anche le questioni più spinose
Domenica scorsa – 16 giugno – è andata in scena una manifestazione per ricordare Antonio Canepa, il leggendario comandante dell’EVIS, l’Esercito dei Volontari per l’Indipendenza della Sicilia, ucciso in un agguato il 17 giugno del 1945 dalle parti di Randazzo, per la precisione in contrada Murazzu Ruttu (NOI ABBIAMO PRESENTATO LA MANIFESTAZIONE IN QUESTO ARTICOLO).
Torniamo sulla manifestazione di domenica scorsa facendo una chiacchierata con Paolo Valentini, tra i protagonisti del Movimento TerraeliberAzione di Palermo (QUI SE NE VOLETE SAPERE DI PIU’ SU TERRAELIBERAZIONE).
Domanda d’obbligo: allora com’è andata domenica scorsa a Randazzo?
“La manifestazione del 16 è andata bene, nel senso che c’era tanto colore di bandiere e anche una discreta partecipazione dell’arcipelago indipendentista, questa volta forse un po’ più unito di altre volte”.
Perché parla di arcipelago e non di movimenti?
“Intanto una precisazione molto personale sul termine indipendentismo/ista. In genere, gli ismi non mi piacciono molto; i suffissi ismo e ista, che per comodità gergale si usano, hanno una validità appunto solo di linguaggio, per il resto connotano sempre il sostantivo cui si applica: un che di negativo, di maniera, anzi, in una parola, di eccessiva identificazione… Detto questo, si capisce perché preferisco parlare di arcipelago: tante anime, tante sigle, ma anche tanta, tanta identificazione. Basti pensare che la maggior parte di quelli che erano presenti alla manifestazione – e parlo dei più giovani, o di quelli che intonavano i cori da stadio – neanche se lo immaginano chi era veramente il comandante Canepa… Certo, la diversità è una ricchezza, si sa: ma un conto è l’essere diversi nella consapevolezza e nella conoscenza dei fatti realmente accaduti, un altro conto e la diversità per se stessa e basta”.
Può provare a illustrare un po’ meglio questo concetto?
“Ci provo. Ho fatto parte delle riunioni del comitato organizzatore una sola volta. E mi è bastata: troppo individualismo, troppo volersi mettere in mostra per alcuni (meno per altri certamente). Lo sforzo per una causa comune è sempre molto importante, ma non mi va che certe eredità siano raccolte anche da gente equivoca e che non fa mistero della sua appartenenza a movimenti che, nel passato, erano riconducibili ai fascisti…
Antonio Canepa era un antifascista convinto e fu senz’altro tra i primi (anche in ordine di tempo) partigiani della seconda guerra mondiale, ed in chiave antifascista innanzitutto. Le sue azioni di sabotaggio ed il suo coraggio offerto per la liberazione di Firenze (dove trovò la sua compagna ed ebbe un figlio) sono rimasti proverbiali. Come fa oggi chi simpatizza per Casa Pound a mescolarsi nel movimento indipendentista? Quale scopo persegue?
Sono domande che ci dobbiamo porre”.
Pensa che la manifestazione potesse essere organizzata meglio?
“Sì proprio così, al di là dei personalismi che evidentemente, in linea generale, riguardano un po’ tutti, noi di TerraeLiberAzione avevamo proposto di coinvolgere in prima linea il comune di Randazzo. Per esempio, facendoci dare una sala e presentare di mattina un lavoro su Canepa. Proprio qualche giorno fa è uscita la prima delle quattro pubblicazioni che il nostro Istituto ha programmato su Canepa. All’interno di un convegno che sicuramente organizzeremo, ebbene, puoi anche permetterti di chiedere alle Istituzioni un atto formale di riconoscimento: per esempio di intitolare una via della città a Canepa. E ti puoi permettere anche di invitare la stampa tutta anche quella di regime senza che ti bidoni. Ma solo dopo che hai presentato un lavoro scientifico, come in un convegno, e poi scendi in piazza a fare il corteo”.
L’intitolazione di una via a Canepa è stata chiesta.
“Ma chiedere di intitolare una via a Canepa senza alcun contesto, manifestando e basta (una signora mi ha avvicinato e mi ha detto sottovoce “ma che sciopero è?, lascia il tempo che trova. Prova ne sia che nessuno del Comune di Randazzo era lì a raccogliere l’appello. E meno che mai era presente la stampa, fatta eccezione per La Sicilia che, comunque, ha dedicato un trafiletto, come è giusto che sia quando si organizza qualcosa a mo’ di gita o di manifestazione un po’ folcloristica…”.
Lei è molto caustico.
“Sì, è vero, un po’ sono impietoso. Ma come ci hanno insegnato gli scritti di Canepa, il nemico innanzitutto è a casa nostra. E non sono solo gli ascari coloniali, come li chiamiamo noi in gergo, o tutti quei siciliani che, per non emigrare, scelgono di adeguarsi ai diktat italidioti per scalare l’ascensore sociale e fare carriera, andando deliberatamente contro gli interessi del popolo siciliano. Sono anche e soprattutto quegli indipendentisti che, per svariati motivi, si professano tali, ma che non hanno capito niente del perché oggi bisogna ‘staccarsi’ dall’Italia e lavorare per un percorso che porti all’indipendenza del popolo siciliano. La questione è sottile: io posso aver capito di cosa ho bisogno, ma poi è il come, la modalità che scelgo che fa la differenza: ed e lì che alcuni cominciano a perdersi. Intanto rifiutando un vero percorso insieme agli altri, un percorso che comporta condivisione e soprattutto ascolto. Ecco, in una sola parola quello che per me è mancato e manca ancora è la capacità di ascoltarsi veramente e reciprocamente”.
Ma è proprio il caso di buttare tutto?
“No, no, per carità, se c’è una cosa che sicuramente è riuscita è la partecipazione di molta di tutte le parti della Sicilia che oggi si avvicina al Movimento per l’Indipendenza. Uomini e donne che avvertono il bisogno di fare qualcosa: perché non ce la si fa più a continuare a vivere nelle condizioni imposte dallo Stato Italiano e oggi anche dall’Europa. Parlo ovviamente alla vita spicciola: della condizione economica e della borsa della spesa innanzitutto. Sicuramente i tempi stanno maturando per un gran ribbellamentu, e si sente da più parti l’esigenza di costruire proprio le condizioni perché si realizzi questo gran ribbellamentu“.
Partendo da che cosa?
“Innanzitutto occorre fare chiarezza sui fondamentali: bisogna partire dalla ri-costruzione del popolo siciliano dal punto di vista culturale. E’ necessario innanzitutto ristabilire la verità storica: c’è fame di una giusta storia, anzi di una buona storiografia, che consenta la distribuzione della conoscenza. Solo una buona conoscenza stimola il processo della presa di coscienza. Ora questo nei giovani è ovviamente più facile, un po’ meno lo è con chi è più attempato, perché nel tempo ha già costruito più resistenze. Eppoi c’è l’aspetto della comunicazione che, forse, è il più importante di tutti, perché chi controlla la comunicazione esercita il potere realmente. Una ricetta? Pongo un interrogativo: come re-impadronirci della narrazione?”.