Cosa c’è dietro l’immigrazione di massa di disperati verso l’Europa? Parla il filosofo e commentatore Diego Fusaro: “In luogo dei popoli radicati e con memoria storica, con identità culturale e con coscienza mnestica dei conflitti di classe e delle conquiste sociali, prende forma una massa di schiavi post-identitari e senza coscienza di classe, umiliati, strutturalmente instabili, servili e sfruttabili senza impedimenti e a ogni condizione”
L’immigrazione di massa voluta dai signori apolidi del sistema global-elitario
Se, come insegna la filosofia del diritto di Hegel, l’eticità comunitaria esiste sempre nell’ethos concreto di un popolo o, più precisamente, “la sostanza che sa se stessa libera e in cui il dover essere assoluto è a un tempo anche essere ha realtà come spirito di un popolo (Geist eines Volks)”, non stupisce che la deeticizzazione connessa con l’economicizzazione liberal-libertaria dell’intero mondo della vita debba di necessità procedere annullando l’esistenza stessa dei popoli: i quali, intesi come unità concrete di cultura e di storia, di lingua e di usi, tendono a essere sostituiti e ridefiniti come masse apolidi di atomi globalizzati e senza identità condivisa, accomunati esclusivamente dal rito nichilistico del consumo di cui sono adepti manipolati.
In altri termini, mediante le pratiche dell’immigrazione di massa (rectius, deportazione di massa) gestite e scatenate dal sistema della produzione capitalistica e dai suoi irresponsabili agenti competitivisti, si dissolve l’idea stessa di popolo come hegeliana unità coesa nella lingua, nella cultura e nel senso di appartenenza: in suo luogo, subentra una moltitudine sradicata e difforme di individualità reciprocamente indifferenti, quando non ostili, prive di ogni senso di solidarietà e di appartenenza, rapportantisi tra loro secondo le logiche di quel bellum omnium contra omnes che è il piano ideale per la frammentazione del Servo e per la dominazione indisturbata del Signore.
In tal guisa, mediante quelle che sono state definite le “armi di immigrazione di massa”, è destrutturata, insieme con l’idea di popolo come gruppo unito nell’ethos e nella cultura, negli usi e nella lingua, l’idea stessa della civiltà. Quest’ultima implica un lento e graduale processo di sedimentazione storica e culturale e, per ciò stesso, comporta quella stabilizzazione connessa all’abitare e al territorializzarsi che sono le logiche stesse del capitale liquido-flessibile a negare intrinsecamente.
Come ebbe a rilevare il Tocqueville della Démocratie en Amérique, tra i massimi erramenti della mente umana v’è il “non comprendere che per giungere a civilizzare un popolo occorre anzitutto ottenere che esso si stabilisca” nel tempo e nello spazio. Infatti, la civiltà – rileva ancora Tocqueville – non può essere intesa come un acquisto immediato e costruito a progetto: al contrario, essa “è il risultato di un lungo travaglio sociale che si opera in uno stesso luogo, e che le diverse generazioni, succedendosi, si trasmettono le une alle altre”.
In forza dei suddetti processi di deportazione di massa e di terzomondizzazione pianificata, la popolazione europea è sottoposta a un pressante calo demografico e, insieme, è sempre più massicciamente sostituita dalle nuove masse migranti provenienti dall’Africa. In luogo dei popoli radicati e con memoria storica, con identità culturale e con coscienza mnestica dei conflitti di classe e delle conquiste sociali, prende forma una massa di schiavi post-identitari e senza coscienza di classe, umiliati, strutturalmente instabili, servili e sfruttabili senza impedimenti e a ogni condizione.
Da una diversa prospettiva, mediante le pratiche della deportazione di massa che la neolingua ha scelto di chiamare “accoglienza” e “integrazione”, il capitale deporta dall’Africa migliaia di nuovi schiavi disposti a tutto e pronti a essere sfruttati illimitatamente, il “materiale umano” ideale per le nuove pratiche dello sfruttamento neo-feudale. E, con movimento simmetrico, aspira a sostituire con questi nuovi schiavi il vecchio popolo europeo, composto da individui ancora troppo avvezzi ai diritti sociali, alla dignità del lavoro, alla coscienza di classe, alle conquiste salariali, insomma a tutte quelle cose che la neolingua del Signore ha da tempo liquidato con la formula “vivere al di sopra delle proprie possibilità”.
Diego Fusaro, filosofo e commentatore
Foto tratta da ontheroadonlus.it
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