Schegge di storia 7/ I criminali della Massoneria e l’industrializzazione del Nord finanziata con i soldi scippati al Banco di Sicilia

26 maggio 2019

Questa rubrica – curata da Giovanni Maduli – ci racconta, attraverso scritti e testimonianze, la storia del popolo del Sud che si ribellava all’occupazione da parte dei piemontesi dopo la ‘presunta’ unificazione italiana. Sono testimonianze incredibili di un genocidio che ancora oggi viene tenuto nascosto. Oggi parliamo del generale Cialdini, un criminale delle peggiore specie; dei crimini commessi dalla Massoneria contro la Chiesa cattolica; e di come con i soldi del Banco di Sicilia (cioè dei siciliani) si finanziò l’industria del Nord Italia 

di Giovanni Maduli
componente della Confederazione Siculo-Napolitana e vice presidente del Parlamento delle Due Sicilie-Parlamento del Sud®, Associazione culturale

Continuando l’excursus di testimonianze relative al periodo post unitario che difficilmente possono essere soggette a “interpretazioni” o “valutazioni” diverse da ciò che effettivamente sono e denunciano, ecco altre testimonianze circa i barbari e selvaggi eccidi perpetrati in Sicilia in nome di Garibaldi, nonché delle vergognose nefandezze del gen. Cialdini in quel di Napoli e di come iniziò la spoliazione delle ricchezze delle banche del Sud.

“A Biancavilla altre stragi, la plebe aizzata e capitanata da un certo Biondi, in pochi giorni commette ventisette omicidi…a Trecastagni, a San Filippo D’Agira, a Castiglione, a Noto, si continua a far lo stesso…l’anarchia con i furti e gli assassinii si burla del governo liberale…l’8 marzo del 1861 fu giorno di sterminio, una banda di ottanta assassini mette la città di Santa Margherita a sangue e fuoco; trentaquattro persone vi sono massacrate”. Sempre nel nome santo di Garibaldi.

Trentasei assassinati a Girgenti. “A Girgenti assaltano le prigioni del castello, strappano trentasei persone sospettate di borbonismo, le trascinano nel vescovado e le massacrarono. Questa orgia viene imitata dai cannibali dei paesi vicini e per otto giorni vi è stata una spaventevole successione di rapine e stragi. Presso Resuttano, tra Caltanissetta e Cefalù, due bande, disputandosi il bottino, lottano tre ore, lasciando undici cadaveri sul luogo del conflitto e ancora uccisioni, stragi, rapine, mafia, disordine, prepotenze, balzelli…non vi è luogo della Sicilia che non sia brutto ed infetto dal sangue e dalla decomposizione dei cadaveri…”

Giancarlo Padula L’unità d’Italia, una storia da riscrivere, Edizioni GPI, pag. 39.

Il generale Cialdini, considerato un eroe dai piemontesi e dai Savoia, era simile a una bestia assetata di sangue meridionale. Nella sola Napoli, in quel periodo incarcerò migliaia di persone. In un mese i fucilati in tutto il circondario ammontarono a circa seicento. Alla fine di luglio fece arrestare perfino l’arcivescovo della città, Sisto Riario Sforza, oltre al Duca di Montemiletto, il Caracciolo e centinaia di preti e laici. Le fucilazioni avvenivano di giorno e di notte; il sangue meridionale scorreva a fiumi, immolato alla pratica unitaria piemontese, ossia all’abbattimento dell’ordine ecclesiastico in tutte le sue forme da parte della massoneria internazionale; si proponeva di abolire qualsiasi religione e qualsiasi governo appoggiasse i dogmi della Chiesa, di stabilire disordine e confusione nelle menti della gente e di saccheggiare beni comuni in favore di pochi. Il tutto tradotto con le parole d’ordine Libertà, Uguaglianza, Fratellanza.

Cialdini stava mettendo in pratica la religione massonica in quel di Napoli.

Antonio Ciano I Savoia e il massacro del Sud, Magenes Edizioni, pag. 136.

Nel caos di quelle giornate, (1860 n.d.r.), tra cui l’assalto agli sportelli bancari dei risparmiatori che temevano di veder dissolversi i propri risparmi, il provvedimento del Dittatore appare più che mai opportuno ma, attenzione, il trucco c’è e si vede. Riconoscendo le obbligazioni del Banco delle Due Sicilie verso la propria clientela, il Decreto Dittatoriale di Giuseppe Garibaldi consentiva, di fatto, al nuovo Stato di poter mettere le mani sui depositi nel senso che obbligava l’Istituto di Credito, quale banca pubblica, a finanziare con il denaro, depositato nel Sud Italia, tutte le opere pubbliche e tutti gli interventi statali in genere, quali industria ed agricoltura, garantendoli tramite l’emissione di titoli, del nuovo Stato, sul debito pubblico. In tal modo si finanziò il Piemonte e tutta l’industrializzazione del Nord.

Erminio De Biase L’Inghilterra contro il Regno delle Due Sicilie, Controcorrente Edizioni, pag. 131.

 

 

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