Minima Immoralia

La Resistenza a modo nostro. Gli Ex Sportellisti Liberi celebrano la loro resistenza

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L’uomo a cui viene sottratto il lavoro perde la libertà. Ed è allora che cominci a lottare e lo fai in nome di una libertà che possa riconsegnarti la dignità e non farti più mendicare ed è in nome di questa stessa libertà che hai il dovere di RESISTERE, lo devi a te stesso, lo devi alla tua propria dignità, lo devi ai suoi figli, lo devi alla società che è privata di una risorsa

La RESISTENZA ha tanti volti, tante lacrime e tante sfaccettature.

Ha il volto di chi, giorno dopo giorno, RESISTE a disegni meschini di uomini che si arrogano il diritto di decidere la vita di altri uomini.

Ha il volto di chi RESISTE sotto i portici delle città, uomini e donne invisibili, che affrontano quotidianamente la fame, l’indifferenza, tutte le intemperie.

Ha il volto di chi RESISTE allo strappo materno di veder andare via suo figlio e non per scelta ma per bisogno.

Ha il volto di chi corre nelle corsie d’ospedale e di chi aspetta per per e ore una parola, un conforto, un sollievo al dolore.

Ha il volto della povertà, quella vera che ti fa vedere la “Madonna della fame”.

Ha il volto di quelle persone a cui tolgono il lavoro e con esso calpestano la loro dignità.

Ha il volto di chi è ad un bivio e deve decidere di chinare il capo rassegnato o alzare la testa, lottare e RESISTERE.

Noi, ex sportellisti liberi, abbiamo deciso di alzare la testa, lottare e RESISTERE per noi stessi, per le nostre famiglie, contro un’ingiustizia. Decidiamo di RESISTERE non per un giorno, ma per giorni che diventano settimane, per settimane che diventano mesi, per mesi che diventano anni: “Questa si chiama RESISTENZA”.

Ogni tanto avvertiamo la stanchezza alimentata dalla delusione, ma decidiamo di andare avanti per quel sentiero scelto, il sentiero della libertà, spesso con il cuore a pezzi, con le carni a volte infreddolite a volte ustionate, con l’anima ferita, con il viso solcato dalle lacrime, ma andiamo avanti: “Questa si chiama RESISTENZA”.

Senza insultare, imprecare sì, quello ci è concesso, con civiltà, senza sputi, senza minacce, senza violenza, rispettando cose e persone, giudicando severamente l’operato politico di chi ha un ruolo e in nome di quel ruolo ci massacra, quello si, ci è concesso: “Questa si chiama RESISTENZA”.

Abbiamo intrapreso una strada e pur sapendo quanto era irta e proibitiva, continuiamo a percorrerla senza voltarci indietro, con senso civico, a volte urlando, a volte in silenzio, ma sempre, sia in un caso sia nell’altro, con estremo rispetto verso tutti, anche verso i soggetti il cui ruolo rappresenta il nostro principale ostacolo, il nostro nemico: “Questa si chiama RESISTENZA”.

Non conosciamo il finale, non sappiamo dove tutto questo ci porterà, ma andiamo dritti per la strada intrapresa, sorretti dalle nostre meravigliose famiglie che, oltre a tollerare le ristrettezze economiche, sopportano la situazione di madri e padri che non sono a casa: “Questa si chiama RESISTENZA”.

L’uomo a cui viene sottratto il lavoro perde la libertà. Inesorabilmente questo stato di cose trascina con sé la perdita della libertà e con essa rischi di perdere la dignità e quando perdi la dignità sei costretto a vivere come un mendicante, un ostaggio, un prigioniero e comprendi che la tua vita è nelle mani altrui. Ed è allora che cominci a lottare e lo fai in nome di una libertà che possa riconsegnarti la dignità e non farti più mendicare ed è in nome di questa stessa libertà che hai il dovere di RESISTERE, lo devi a te stesso, lo devi alla tua propria dignità, lo devi ai suoi figli, lo devi alla società che è privata di una risorsa.

È questa la nostra FESTA.

È questa la nostra RESISTENZA!

Viva la LIBERTÀ!

Foto tratta da liberopensiero.eu

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