In queste ore riprenderà la trattativa sul latte di pecora. La speranza è che i pastori sardi impongano al Ministro leghista Centinaio il prezzo di un euro e 30 al litro. Sarebbe il segnale che, scendendo in piazza, le cose cambiano. In Sicilia, ieri, sono tornati in piazza i Forconi, tenuti a bada da un imponente schieramento di Polizia voluto dal Ministro Salvini, letteralmente terrorizzato da una rivolta degli agricoltori del Sud che rischia di fargli perdere le elezioni europee. Oggi intanto i Forconi siciliani sono di nuovo in piazza
Riassumiamo. Il Pecorino romano – così almeno dovrebbe essere – si produce per l’80 per cento circa con il latte di pecora sardo e per il resto con il latte di pecora siciliano e, in minima parte, del Lazio. Di romano non ha nulla, solo il ‘bollino’. E’ uno dei simboli – uno dei tanti – del colonialismo che oggi condanna il Sud Italia alla povertà.
Già, la povertà. Solo in Sardegna con il latte di pecora vivono quasi 100 mila persone. Per vivere bene, come si dovrebbe vivere in un Paese civile, il latte di pecora dovrebbe essere pagato ai pastori non meno di un euro e 30-un euro e 50 al litro. Invece glielo pagavano a 0,70-0,75 euro al litro.
Poi siccome c’è in giro latte di pecora estero che costa 0,25 centesimi di euro (non ci chiedete notizie sulla qualità di questo latte: lasciamo la risposta alla vostra immaginazione: grano canadese insegna…), ecco che gli industriali del Pecorino hanno deciso, unilateralmente, che il latte di pecora italiano – che è soprattutto sardo e, in minima parte, siciliano, laziale e toscano – doveva essere pagato a 0,50 centesimi di euro.
Volendo, secondo le regole ‘auree’ di una sempre più fallimentare Unione Europea dell’euro, stanno facendo un favore ai pastori sardi: invece di pagarglielo a 0,25 al litro, stesso prezzo “dell’ottimo latte di pecora” estero che invade l’Italia, glielo pagano il doppio!
Il problema è che con il prezzo del latte a 0,50 centesimi di euro i pastori sardi e, in generale, i 100 mila sardi che vivono lavorando nel mondo del latte di pecora della Sardegna non riescono a sopravvivere.
E che cosa volete che gliene freghi, di questo, agli industriali del formaggio? C’è, però, un problema. Il Pecorino romano è un prodotto DOP: Dominazione di Origine Protetta (soprattutto ‘Protetta’, da ‘proteggere’ così come Italia e UE ‘proteggono’ i pastori sardi…), uno dei marchi inventati dall’Unione Europea che valgono quanto la stessa Unione Europea dell’euro…
Insomma, con il Pecorino romano, come si usa dire dalle nostra parti, non la possono fare ‘vastasa’: i pastori sardi e i pastori siciliani si debbono convincere a cedere il latte di pecora agli industrialia pochi spiccioli, altrimenti si rischia di produrre il Pecorino romano, per esempio, con il latte di pecora rumeno…
Così, prima della campagna elettorale, il ‘capo’ dei leghisti Matteo Salvini e il Ministro delle Politiche agricole, l’altrettanto leghista Gian Marco Centinaio si sono catapultati in Sardegna. Avrebbero voluto chiudere l’accordo con i pastori sardi e incassare un bel successo elettorale.
Invece non hanno chiuso alcun accordo e alle elezioni regionali della Sardegna la Lega non ha stravinto come sognava Salvini: ha vinto il centrodestra, ma la Lega è molto lontana dal 28% dei voti ottenuti in Abruzzo. Bruttissimo segnale, per la Lega, in vista delle imminenti elezioni europee.
Salvini e Centinaio hanno offerto, anzi, avevano offerto ai pastori sardi un prezzo pari a 0,75 centesimi di euro al per ogni litro di latte di pecora. Una miseria! Ma i pastori sardi hanno rifiutato l’offerta. Chiedono almeno un euro al litro: e secondo noi chiedono poco: senza il latte di pecora della Sardegna gli industriali del Pecorino si attaccheranno al tram: devono chiedere non meno di 1,3 euro al litro, altrimenti cabasisi!
La trattativa dovrebbe riprendere in queste ore. Speriamo che i pastori sardi non cedano. Speriamo che non si facciano prendere in giro dal Ministro leghista Centinaio che, per l’occasione, ha pronto un decreto straordinario con 24 miliardi di euro da sbandierare qua e là. Il tema – lo ribadiamo – è il prezzo del latte, che non dovrà essere inferiore a 1,30 euro al litro: per sempre, non fino a quando termineranno i 24 milioni di euro sbandierati dalla Lega per gabbare i pastori del Sud!
In Sicilia le cose non vanno meglio. L’agricoltura è in ginocchio. Proprio ieri abbiamo raccontato del nulla di fatto con l’Antitrust in ordine allo scippo del grano duro antico Senatore Cappelli agli agricoltori del Sud operato da una società ‘nordista’ di Bologna (QUI IL NOSTRO ARTICOLO). Solo in Italia – Paese antimeridionale al limite del razzismo – può succedere che una varietà di grano del Sud diventi, di fatto, di proprietà di un gruppo economico che non ha nulla a che spartire con lo stesso Sud, dal momento che il grano duro Senatore Cappelli si può coltivare bene solo nel Sud. Una vergogna!
Sempre ieri i Forconi siciliani sono tornati in piazza. Controllati da un imponente schieramento di Polizia messa in campo dal Ministro Salvini.
“Credetemi – ci dice Mariano Ferro, leader dei Forconi siciliani – ieri la nostra manifestazione è stata ‘militarizzata’. Il Ministro Salvini ha paura. Sa che se parte la rivolta in Sicilia non la ferma più. E si dimenticherà i voti che lui e la sua Lega pensano di prendere nel Sud alle prossime elezioni europee. Ma nonostante questa militarizzazione ci stiamo difendendo”.
Ieri i Forconi siciliani hanno dato vita a due presidi: uno a Gela, molto ben organizzato e molto partecipato; il secondo presidio a Pachino, dove si coltivano il Pomororino e il Datterino. Una terza manifestazione è stata bloccata per un cavillo a Ucria, sui Nebrodi. Una quarta manifestazione, di tono basso, è andata in scena a Vittoria.
A Vittoria ci sono state difficoltà, sia perché il sole di ieri ha impedito ai serricoltori di abbandonare le serre, sia perché – ‘casualmente’ – i prezzi dei prodotti non erano bassi, sia perché in questa cittadina c’è ancora chi va dietro alla sinistra tradizionale che ha portato allo sbando il Comune e la stessa agricoltura vittoriese.
La speranza è che oggi e nei prossimi giorni gli agricoltori di Vittoria si sveglino dal letargo e capiscano che, oggi, è il momento di ribellarsi alla globalizzazione dell’economia. Se non capiranno che la loro rovina è rappresentata dai prodotti agricoli di pessima qualità che arrivano dall’Africa e dall’Asia – e che per opporsi a questo stato di cose bisogna ribellarsi – sono destinati a soccombere. La sinistra tradizionale, al massimo, si accompagnerà in silenzio verso l’Ade…
Oggi i Forconi siciliani sono di nuovo in piazza a Gela: e a Gela, se non ci saranno intoppi, arriveranno anche gli agricoltori di Ucria. La speranza è che l’agricoltura siciliana si svegli: la speranza è che tutta l’agricoltura meridionale si svegli e oggi, a poco più di due mesi dalle elezioni europee, non c’è migliore occasione per cominciare a protestare contro un’Unione Europea rovinosa, che sta distruggendo l’agricoltura del Sud Italia, e contro un Ministro delle Politiche agricole leghista al quale, del Sud, non gliene può fregare di meno!
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