La vicenda del grano duro antico Senatore Cappelli – varietà selezionata nei primi del ‘900 in Puglia, da sempre gloria e vanto della cerealicoltura meridionale e scippata agli agricoltori del Sud da una società bolognese – è l’ennesima dimostrazione di come i Governi nazionali trattano il Mezzogiorno: come una colonia da sfruttare. Il ‘caso’ all’Antitrust e le precisazioni del presidente di Confagricoltura Sicilia, Ettore Pottino
La notizia è che l’Antitrust si sta occupando dello scippo della varietà grano duro Senatore Cappelli agli agricoltori del Sud Italia ad opera di una società bolognese: la SIS. Un tema che I Nuovi Vespri ha affrontato più volte (QUI UNA NOSTRA INTERVISTA AL PRESIDENTE DI CONFAGRICOLTURA SICILIA, ETTORE POTTINO). La notizia, se proprio la dobbiamo dire tutta, non è una bella notizia, perché si potrà fare poco.
Questa è il Paese in cui viviamo, signori! Vi presentiamo l’Italia che governa l’agricoltura.
C’è una varietà di grano duro antico – la citata Senatore Cappelli – che era stata abbandonata nei primi anni ’60 del secolo passato. Una varietà che gli agricoltori meridionali – agricoltori della Sardegna in testa, ma anche agricoltori siciliani, pugliesi, lucani, calabresi – hanno riportato alla ribalta e valorizzato.
Il problema è che l’hanno valorizzato troppo. Pensate un po’: mentre ormai da tempo un quintale di grano duro del Sud Italia si vende al prezzo di 18-20 euro al quintale, un quintale di grano duro Senatore Cappelli viene pagato agli agricoltori 60 euro se coltivato normalmente e 80 euro al quintale (e anche di più) se coltivato in biologico.
Sapete perché si vende a un prezzo così allettante? Perché per fare la pasta – la pasta buona, non quella fatta con il grano duro canadese, la vera pasta con grano non genericamente italiano, ma del Sud Italia – la varietà Senatore Cappelli è tra le prime al mondo.
Pensavate che un affare del genere sarebbe rimasto nelle mani dei ‘cafoni’ meridionali? Giammai! Certo, i ‘cafoni’ del Sud hanno lavorato per rilanciarlo. Ma poi il Governo nazionale di centrosinistra – quello del PD, il grande partito di ‘sinistra’ e ‘meridionalista’ – ha pensato bene di toglierlo al Sud.
Le cose le hanno fatto per bene. Il CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, ufficio che dipende dal Ministero delle Politiche agricole, ha fatto un bando che è stato ‘vinto’ dalla SIS, una società bolognese.
Cosa c’entra Bologna con il grano duro – coltura d’elezione del Mezzogiorno d’Italia – non si capisce. Ma tant’è.
Del resto, il Sud è o no una ‘colonia’ d’Italia? Dal 1860 ad oggi è così. E i politici meridionali che contano che fanno? Si ‘nni stannu futtennu!, come si usa dire dalle nostre parti. Basta che se la passano bene loro, basta ca ci sistemanu i figghi e i parenti nei Ministeri e, in generale, nei posti che contano – ormai tutti a Roma e al Nord, perché al Sud c’è poco da prendere e ancora meno da ‘sistemare’ – rimangono zitti.
Così il Ministero, attraverso il CREA, ha stabilito che la SIS si occuperà della “moltiplicazione del seme” Senatore Cappelli per quindici anni!
Pensate un po’: il Governo di Roma che sta facendo morire l’agricoltura italiana avendola consegnata, mani e piedi, ai predoni e massoni dell’Unione Europea dell’euro e agli ‘aedi’ della globalizzazione dell’economia, di cosa si va a preoccupare? Di scippare agli agricoltori sardi, siciliani, pugliesi, calabresi e, in generale, meridionali la varietà di grano duro antico Senatore Cappelli per consegnarla a una società bolognese!
Una società che, come ha spiegato il presidente di Confagricoltura Sicilia – ripetiamo: il presidente di Confagricoltura Sicilia non uno che di agricoltura non ne ‘mastica’ – ha dato vita a un monopolio! Quello che scriviamo sembra incredibile, ma è la verità: in un Paese che si dichiara ‘civile’ succede questo e le ‘autorità’ fanno finta di non vedere.
Dopo questa doverosa illustrazione siamo andati a chiedere ancora una volta
Allora, com’è andata?
“Insomma. Se l’azione fosse stata fatta entro tre mesi si sarebbe potuto procedere subito. Ora sulla cessione della della varietà Senatore Cappelli alla SIS si può fare poco o nulla. Al massimo, l’Antitrust potrebbe intervenire contestando l’abuso di posizione dominante e la concorrenza sleale”.
Insomma, una varietà di grano duro antico del Sud Italia è finita nelle mani di quattro ‘nordisti’ e non si può fare nulla?
“Il rischio che tutto resti com’è c’è”.
Ma non è assurdo?
“In Italia, ormai, soprattutto in agricoltura, niente più è assurdo”.
Ma lei che è presidente di Confagricoltura Sicilia e che, da anni, produce grano duro Senatore Cappelli, continua a coltivarlo e a venderlo?
“Continuo a coltivare grano duro Senatore Cappelli, ma non posso venderlo come grano duro Senatore Cappelli. E non produco più pasta con il grano Senatore Cappelli”.
Perché?
“Perché, come ho già detto proprio a voi lo scorso anno, la SIS ha creato una condizione di monopolio sul Senatore Cappelli: su questa varietà di grano duro antico comandano loro”.
Una batosta, per la sua azienda.
“Sì, una batosta, ha detto bene. Siamo costretti a vendere il nostro grano Senatore Cappelli come grano duro biologico. Risultato: lo vendiamo a circa 33 euro in meno al quintale”.
Tutto questo mentre il grano Senatore Cappelli coltivato in ‘Bio’ si continua a vendere a 70-80 euro al quintale?
“Proprio così”.
Ma lei perché il suo grano Senatore Cappelli non lo dà alla SIS?
“Forse non mi sono spiegato bene: anche se io e qualunque altro agricoltore produciamo grano Senatore Cappelli non lo possiamo vendere come grano Senatore Cappelli”.
Perché?
“Perché la SIS ha, di fatto, acquisito l’esclusiva anche sulla commercializzazione di questa varietà di grano duro antico”.
Ma non è assurdo?
“E’ assurdo, ma è così. Queste cose le abbiamo denunciate, ma non succede nulla”.
Ci può illustrare, per grandi linee, com’è possibile che una società privata abbia creato una situazione del genere?
“Il CREA ha individuato nella SIS il soggetto che dovrebbe garantire, per quindici anni, la moltiplicazione del seme. E l’ha fatto – e qui sta il paradosso – per soddisfare la domanda di seme da semina di questo grano. Ma la SIS ha fatto un ulteriore passo”.
Ovvero?
“Oltre ad avere l’esclusiva per la produzione del seme ha creato anche la filiera. Non siamo davanti a una società chiamata semplicemente a moltiplicare il seme di questa particolare varietà di grano duro: siamo davanti a una società che vende il seme di Senatore C appelli solo a chi si impegna, poi, a conferire tutta la produzione alla stessa SIS. In pratica, hanno eliminato la concorrenza. Oggi, in Italia, per il grano duro Senatore Cappelli, c’è solo la SIS”.
Scusi, ma l’ex Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, PD, rispondendo ad un’interrogazione alla Camera dei deputati, ha negato la presenza di monopoli. Noi ricordiamo la seguente dichiarazione di Martina: “La varietà Senatore Cappelli è una varietà pubblica e in quanto tale la semente può essere commercializzata da ogni soggetto a cui sia stata riconosciuta la facoltà di esercitare l’attività sementiera nel campo specifico dei cereali…”, ciò “scongiura i rischi paventati sia in termine di conflitti di interesse che di costituzione in monopolio” (QUI IL NOSTRO ARTICOLO PER ESTESO CON GLI ALLEGATI).
“Guardi, il Ministro Martina è stato una iattura. Non ha fatto gli interessi dell’agricoltura. E, in particolare, non ha fatto gli interessi dell’agricoltura del Sud Italia. La vicenda del grano duro Senatore Cappelli è emblematica. Gli agricoltori meridionali, in questa storia, sono stati penalizzati a tutto vantaggio della Coldiretti”.
Un coinvolgimento diretto della Coldiretti?
“Certo! La SIS è la Coldiretti. Il presidente della SIS, Mauro Tonelli, è stato per vent’anni presidente della Coldiretti dell’Emila Romagna e poi vice presidente nazionale. La verità è che la Coldiretti porta avanti una politica egemonica nel mercato del grano duro”.
Tornando alla questione pratica, un agricoltore che vuole coltivare grano duro Senatore Cappelli – così ci sembra di capire – deve acquistare da SIS le sementi e poi consegnare tutta la produzione alla stessa SIS: è così?.
“E’ così”.
Ma almeno gli agricoltori ci guadagnano?
“Senza entrare troppo nel dettaglio tecnico possiamo dire che se la produzione in biologico si attesta intorno a 15 quintali per ettaro il guadagno c’è: non è un grande guadagno, ma c’è. Se la produzione si riduce è un problema”.
Perché il rischio, da quello che ci sembra di capire, è tutto sulle spalle degli agricoltori…
“Per l’appunto”.
E per la produzione convenzionale, cioè Senatore Cappelli prodotto con le tecniche tradizionali, senza il ricorso al biologico?
“E’ la stessa cosa: anche in questo caso il rischio è tutto sulle spalle degli agricoltori”.
Ultima domanda: rispetto a prima dell’avvento della SIS il costo della semente di Senatore Cappelli è aumentato?
“Sì, è aumentato. Oggi costa il 25-30% in più”.
Foto tratta da amoreterra.com
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