In Sicilia si sommano due record: l’alto numero di discariche e una percentuale di raccolta differenziata bassa (quasi del tutto assente a Palermo, Catania, Messina e Siracusa). E forse proprio per questo è stata scelta per prendere parte alla ‘Settimana europea per la riduzione dei rifiuti’… Detto questo, proviamo a inoltrarci nel mondo della ‘munnizza’, alla ricerca di paradossi, contraddizioni, ma anche di obiettivi da raggiungere
di Antonino Privitera
A sentire le risultanze e i propositi dell’incontro tra le massime autorità politico/amministrative della Regione siciliana ed i responsabili del CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) sembrerebbe che finalmente la Sicilia abbia imboccato la strada giusta. L’incontro sembra che sia servito per giungere ad un accordo tra la Regione e il Consorzio; per dirla con parole semplici, si sono incontrati il fornitore di materie da riciclare e gli industriali che producono il materiale da riciclare.
Quindi possiamo dire che siamo a buon punto per vedere finalmente in funzione la macchina del moto perpetuo.
E’ certamente nei ricordi di quanti hanno vissuto a ridosso della metà del secolo scorso che il problema dei rifiuti era alquanto marginale sia per la quantità e sia per la qualità dei materiali di scarto. Ovviamente è vero che il progresso non può essere fermato, ma è altrettanto vero che non possiamo farci distruggere dal progresso ad ogni costo, specialmente quando – in modo inglorioso – rischiamo di venire sommersi dalla munnizza!
E, mentre ciò sta avvenendo, dobbiamo anche essere contenti nel sentire che riguardo alla raccolta differenziata possiamo vantare le eccellenze di piccoli Comuni come Giardinello e Zafferana Etnea che sfiorano l’80% dei rifiuti differenziati, mentre Palermo e Messina sono poco sopra il 14% e Catania ad appena il 9,18%, ma paradossalmente è stata scelta per rappresentare le “Pubbliche Amministrazioni” della Sicilia alla ‘Settimana Europea per la riduzione dei rifiuti’, che si svolgerà a Roma il 6 Marzo al Ministero dell’Ambiente! (QUI UN NOSTRO ARTICOLO SU QUESTA SCENEGGIATA IN SALSA ITALICO-SICULO-ETNEA).
Tornando all’accordo siglato è utile sapere, come si legge sul sito che dal 1997 il “CONAI, Consorzio Nazionale Imballaggi, è un Consorzio privato che opera senza fini di lucro ed è un sistema che costituisce la risposta delle imprese private ad un problema di interesse collettivo, quale quello ambientale, nel rispetto di indirizzi ed obiettivi fissati dal sistema politico. Al Sistema Consortile aderiscono oltre 850.000 imprese produttrici e utilizzatrici di imballaggi”.
Nulla da obiettare sulla nobiltà dei propositi per risolvere i problemi nascenti, ma sorge spontanea la riflessione per convincersi che gli intenti possono prescindere dagli interessi.
Non è per denigrare qualsiasi tentativo di affrontare il problema della raccolta, differenziazione e riciclo dei rifiuti, ma soltanto per affermare che la soluzione di un problema la si ricerca in quanto esiste il problema e che più difficile è il problema, ovviamente, più arduo sarà trovare la soluzione.
E’ utile sapere che le leggi che riguardano il settore non lasciano nulla al caso: tutto è catalogato ed a disposizione per fare rincitrullire qualsiasi cittadino che vuole pedissequamente seguire le indicazioni (se volete potete cercare su internet digitando semplicemente: elenco rifiuti per la raccolta differenziata).
Tutte le lettere dell’alfabeto sono comprese, si parte con: Abiti ed abbigliamento in buono stato dismessi, fino a: Zoccoli (di legno, gomma, ecc.). Nella casistica non mancano voci che farebbero impazzire anche i savi e più volenterosi: per esempio, per smaltire il pacchetto di sigarette si prevede, oltre al cartone che comprende la stecca che va nel cartone, ben cinque differenzazioni:
il Pacchetto… nella carta; la Pellicola interna argentata… nel Secco Residuo/Indifferenziato; la Pellicola trasparente esterna… nella Plastica; la cenere nel secco indifferenziato, ma attenzione a non mischiarla con la cenere del camino… che va nell’umido organico…
Non mancano di sorprenderti altri materiali di ovvia apparente destinazione come: il cristallo che non va nel vetro, bensì… nel secco indifferenziato; i giocattoli di plastica vanno… nel secco indifferenziato e non nella plastica.
Arduo è anche il riciclo del tubo di patatine poiché: il tappo va nella plastica, la linguetta nel secco, il fondo nel metallo ed il tubo nella carta… se rimane qualche patatina non dimenticate che va nell’umido!
Vi grazio di elencarvi altro…anzi no, attenzione, ricordarsi che il sacchetto di plastica per la raccolta differenziata NON va nella plastica!!!
Sembra grottesco, ma è proprio così! Per questo il CONAI – oltre ad adoperarsi per raggiungere gli scopi statutari con campagne di sensibilizzazioni e le opportune collaborazioni con le pubbliche amministrazioni – dovrebbe impegnarsi di dare il contributo più prezioso che può dare: che è quello di semplificare il problema all’origine.
Oggi ci troviamo sommersi da una quantità di materiali di imballaggi insostenibile, costruiti ed assemblati con materiali spesso tra loro incompatibili. Nonostante i formali impegni delle amministrazioni locali e dei cittadini, le discariche sono dappertutto; le quantità di alberi abbattuti stentano nel mantenimento dell’equilibrio del ciclo vitale della natura; le plastiche oramai abbiamo visto che – oltre ai danni visivi e ad ingannare i pesci che li scambiano per cibo – già formano enormi isole negli oceani e le microplastiche sono nell’ambiente e oramai anche nella catena alimentare.
E’ ovvio che né il CONAI, né l’Italia possono rimediare ai danni in corso. La madre di tutte le battaglie deve passare attraverso accordi sovranazionali che limitino lo strapotere delle multinazionali e delle industrie che producono imballaggi complessi per forma, colore e componenti, e che almeno costringa i produttori a semplificare il problema almeno obbligandoli a creare imballaggi monocomponenti.
E’ inconcepibile che un involucro costruito con un materiale inventato per produrre oggetti resistenti, leggeri e duraturi (ricordo lo slogan Moplen…) che doveva durare molto più a lungo di quelli costruiti in vetro o ceramica, dopo il primo utilizzo diventi un oggetto “usa e getta” che resterà a coprire il mondo per altri mille anni; è inconcepibile oggi che pochi grammi di PET accoppiati a un grammo di HDPE02 che compongono un flacone o una bottiglia, versato il contenuto, si butti via libero di inquinare!
A questo proposito è bene plaudire al proposito della UE di approvare una direttiva riguardo la tipologia di involucri per bevande: pensiamo alle lobbies dell’acqua minerale e delle bevande Coca-Cola, Danone, Nestlé e PepsiCo.
E’ necessario un impegno globale della politica che detti le condizioni per produrre imballaggi che consentano ai cittadini di contribuire a differenziare con semplicità, così da conferire i rifiuti che possono essere riutilizzati. Senza questo passo determinante continueremo a parlare, proporre, disporre, sprecare, pagare e impinguare le discariche che spesso sono si controllate… dalle mafie della munnizza!
Fine prima puntata/ continua
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