Siamo i primi ad affermare che, oggi, al Sud serve un partito politico del Sud che metta al centro della propria azione le ragioni – culturali prima che politiche – del Sud. Ma questo partito del Sud ancora non c’è. E non è pensabile sostenere gli intolleranti della Lega o chi ha penalizzato scientificamente il Sud, ovvero il PD e Forza Italia
Com’è prevedibile, man mano che si avvicinano le elezioni europee – che, piaccia o no a chi oggi comanda nell’Unione Europee, daranno comunque uno scossone alla UE controllata in modo quasi militare dalle multinazionali – cresce il nervosismo. Le forze politiche ‘Populiste’ sono in crescita, dove più, dove meno, in tutti i 27 Paesi dell’Unione. E questo preoccupa il vecchio regime.
Anche l’andamento delle elezioni in Italia non fa dormire sonni tranquilli agli ‘europeisti’ dell’euro. L’unico dato positivo, dal loro punto di vista, è il calo del Movimento 5 Stelle, frutto in parte della martellante campagna mediatica contro di loro e, in parte, frutto degli errori commessi dagli stessi grillini al Governo.
Viene data la colpa al vice premier, Luigi Di Maio, dimenticando che, fino ad oggi, la gestione del Movimento è stata verticistica e, a parte qualche svarione verbale, tutte le decisioni importanti – comprese quelle sbagliate, come i sì sul proseguimento della devastante esperienza dell’ILVA a Taranto e il sì all’altrettanto devastante gasdotto che distruggerà una parte della costa del Salento – sono state adottate dal vertice del Movimento.
Così come dai vertici del Movimento sono arrivati i no ai provvedimenti in favore degli agricoltori del Sud e lo stesso sfoltimento delle liste in occasione delle elezioni politiche nazionali del 4 marzo.
Gli errori, certo, ci sono stati. E anche gravi. E’ c’è stato anche un difetto di comunicazione, perché le tante cose buone fatte dal Movimento sono state comunicate e illustrate male.
Però va detto che mai, nella storia della Repubblica italiana, si è visto uno schieramento mediatico così compatto nell’attaccare un movimento politico.
E’ noto che Beppe Grillo non fa molto per apparire simpatico a giornali e tv. Ma è altrettanto vero che i grillini, con il taglio dei 50% ai giornali foraggiati dallo Stato, si sono fatti tanti nemici.
Non è vero, infatti, che i giornali sostenuti con i fondi pubblici “sono quattro di conto” e che i soldi spesi dallo Stato ogni anno sono pochi: i soldi sono tanti e i giornali sono tanti: e alcuni prendevano un sacco di soldi: per esempio il quotidiano dei vescovi, Avvenire, si portava ogni anno a casa circa 6 milioni di euro!
Diciamolo ragazzi: quando ogni anno si danno 6 milioni di euro ‘mansi’ è anche comodo fare un giornale. O no?
Anche i grandi giornali sono sostenuti con l’abbattimento di alcuni importanti costi. E non è affatto vero – lo ribadiamo – che si tratta, nel complesso, di “quattro soldi”: a sostegno di questi giornali lo Stato, fino allo scorso anno, spendeva 200 milioni di euro all’anno: una somma enorme, quasi 400 miliardi di vecchie lire ogni anno! (COME POTETE LEGGERE QUI)
Ora quando si assume un impegno di questo genere si deve portare avanti in modo radicale. I grillini, invece, hanno effettuato un taglio del 50% di tali fondi con l’impegno di proseguire nei tagli il prossimo anno (la metà della metà) e ancora l’anno successivo eccetera eccetera. Uno stillicidio. Il risultato è che hanno tutti contro lo stesso. Visti i risultati, sarebbe stato meglio togliere questi fondi pubblici in un solo colpo e buona notte ai suonatori.
Stucchevole la tesi secondo la quale erogando tali fondi a questi giornali si difende la libertà di stampa. Semmai la libertà di stampa si difende sostenendo direttamente i giornalisti liberi che, oggi – escludendo chi ha il contratto – sono tutti sottopagati. Ma non ci vengano a dire che la libertà di stampa si difende riempendo di denaro pubblico le tasche di alcuni editori!
Anche la polemica di Radio Radicale – che incassava oltre 10 milioni di euro all’anno! – va ridimensionata e le cose vanno dette per quelle che sono.
Non è vero che i microfoni di Radio Radicale sono gli unici in grado di garantire la diretta da Camera e Senato. Oggi c’è la rete. I presidenti dei due rami del Parlamento potrebbero decidere di mettere in rete sia le sedute parlamentari, sia le sedute delle commissioni legislative. Punto.
Semmai Camera e Senato potrebbero potenziare gli uffici stampa garantendo una migliore comunicazione di tutta l’attività parlamentare.
Lo stesso discorso vale per i processi penali in diretta. Esistono i vertici dei Tribunali. Si potrebbero bandire concorsi per i posti negli uffici stampa nei Tribunali: presidenti dei Tribunali, Procure e via continuando. Si creerebbero tanti posti di lavoro per giornalisti oggi senza lavoro invece di concentrare un mega finanziamento ad una radio che, piaccia o no, fa capo a una forza politica. O il Partito Radicale non è più un partito?
Il rapporto con l’informazione, benché importante, è solo un capitolo dell’astio che c’è verso i grillini, visti come il fumo negli occhi non soltanto dalla vecchia politica italiana ma, come già ricordato, dall’Unione Europea dell’euro.
Proprio in queste ore, non sapendo più cosa inventarsi, l’Unione Europea ha tirato fuori la storia un po’ ridicola del peggioramento dei conti dell’Italia. Anche in questo caso c’è un problema di informazione tragicomica, perché l’Italia, da quando è esplosa la crisi economica e finanziaria del 2008, non si è mai ripresa. E non si può riprendere: perché non avendo il controllo della moneta il nostro Paese non ha dove andare.
Le ‘famose’ riprese economiche dei Governi Renzi e Gentiloni, pompate mediaticamente, erano solo fesserie, per l’appunto mediatiche: forse a ‘riprendersi’ erano i parassiti che continuano ad utilizzare le rendite di posizione rimaste: ma di quella che è stata l’economia italiana degli anni ’80, con le Partecipazioni statali – IRI ed ENI – che il mondo ci invidiava, ebbene, rimane ben poco.
L’economia italiana della Prima Repubblica non era forte perché c’era la Fiat e perché c’erano le ‘famiglie’ del capitalismo italiano, o presunto tale, sostenute da Mediobanca: a sostenere la Fiat e le ‘famiglie’ del capitalismo foraggiate da Mediobanca era il sistema delle piccole e medie imprese che oggi è in affanno a causa dell’euro: perché, oggi, le piccole e medie imprese italiane anche se, con mille sforzi, riescono a produrre e ad esportare, non si possono riprendere del tutto e, soprattutto, non riescono più a far crescere l’Italia come ci riuscivano un tempo: non per demeriti, ma perché il sistema monetario europeo è sbagliato e commisurato per far crescere le economie di alcuni Paesi del Nord Europa a scapito di altri Paesi.
Il caso del latte di pecora e della protesta dei pastori sardi è emblematico: l’Unione Europea ha deciso di fare crescere la zootecnia rumena, ma per farlo deve sacrificare i pastori sardi e siciliani. Ha deciso di farlo e lo sta facendo: e se non ci sarà una protesta corale ci riuscirà, così come l’Europa dell’euro è riuscita a massacrare la Grecia, impoverendola, e a ridurre l’influenza delle Partecipazioni statali italiane (il progetto è quello di farle sparire – si guardi ai continui attacchi a Finmeccanica e all’ENI – ma fino ad oggi non c’è riuscita).
Anche la crisi del grano italiano è emblematica: l’Italia è sommersa dal grano duro e grano tenero estero: il progetto è quello di smantellare l’agricoltura italiana promuovendo il ‘divorzio’ tra l’agricoltura e l’agro-industria: la pasta, il pane, le farine, i dolci e via continuando si possono produrre senza il grano duro e il grano tenero italiani, così come i formaggi si possono produrre senza il latte italiano.
Il CETA – l’accordo commerciale tra UE e Canada, sintesi ‘mirabile’ della globalizzazione dell’economia – per ciò che riguarda l’Italia serve anche a questo: a smantellare l’agricoltura italiana, facendo in modo che l’agro-industria del nostro Paese utilizzi prodotti agricoli esteri: grano, cereali, latte e via continuando.
Anche la storia delle autostrade del nostro Paese è emblematica: quando erano dell’IRI contribuivano alla crescita dell’intero Paese, anche se permanevano diseguaglianza tra Nord e Sud. Da quando la sinistra le ha regalate ai privati la cattiva gestione e gli incidenti non si contano più. Ed è cresciuta spaventosamente la diseguaglianza tra autostrade del Centro Nord e autostrade del Sud.
Il renzismo ha moltiplicato le diseguaglianze tra Centro-Nord e Sud. Oggi il dibattito dentro questo partito è incentrato sul ritorno a sinistra. Il problema esiste: ma c’è anche il feroce antimeridionalismo della stagione renziana che persiste anche nella visione di Zingaretti. Torneremo su tale tema per provare a dimostrare che la sinistra italiana, se continuerà ad esistere il PD, non avrà futuro.
Oggi, in Italia, i nemici da battere sono l’attuale Unione Europea e la globalizzazione dell’economia utilizzata dalle multinazionali per distruggere i sistemi economici e produttivi per poi sostituirli con monopoli.
Per questo, con tutti i limiti, almeno in questa fase, è importante sostenere il Movimento 5 Stelle, primo movimento ‘populista’ a governare un Paese europeo in un Europa ‘unita’ controllata dalle multinazionali.
Noi siamo convinti, ad esempio, che il Sud dovrebbe puntare su una forza politica del Sud, magari con le tante realtà del Mezzogiorno federate. Ma questa forza, per ora, non c’è.
E l’alternativa, al Sud, non è la Lega, sia perché è portatrice di interessi del Centro Nord Italia, sia perché è stata scelta dall’Unione Europea per sostituire il PD. Né è pensabile, al Sud, tornare a sostenere Forza Italia e il PD, due forze politiche che hanno solo penalizzato il Mezzogiorno.
Cari amici del Sud, pur con tutti i limiti – e ne ha tanti – il Movimento 5 Stelle è il meno peggio. Tornare al passato o rivolgersi alla Lega peggiorerebbe tutto.
Foto tratta da today.it