Picciotti, sveglia: la Sicilia sta ‘attumbuliando’. La Regione siciliana ha ormai preso la via dell’aceto (in enologia la fermentazione acetica, a meno che non sia voluta, non è una buona cosa…). Le ex Province della nostra Isola ci stanno salutando… Il Comune di Catania già è sott’acqua… Il Comune di Palermo, come racconta Fabrizio Ferrandelli, è messo un po’ maluccio. E, sullo sfondo, c’è una sentenza della Consulta che tutti in Sicilia ignorano…
Dopo l’ottimismo da approvazione di Bilancio e Finanziaria 2019, il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ammette:
“Temo che Roma non ci aiuterà”.
Aiutare. Un esponente della vecchia politica che vuole essere ‘aiutato’ dal Governo nazionale dei grillini: quei grillini contro i quali i vecchi politici ne dicono di tutti i colori.
La in che cosa vorrebbe essere ‘aiutato’ Musumeci? leggendo il Giornale di Sicilia on line noi non riusciamo a capirlo:
“Si gioca in queste ore la partita col governo nazionale che deciderà il futuro dei conti della Regione. L’obiettivo è spalmare in 30 anni invece che in 3 il maxi disavanzo da 2,1 miliardi ereditato dal governo Crocetta”.
Ma un miliardo e 600 milioni di euro non sono già stati ‘spalmati’ in 30 anni?
Poi però l’articolo del Giornale di Sicilia dà qualche ragguaglio in più:
“In mancanza di un accordo con Roma, che libererebbe circa 190 milioni di spesa, Musumeci sarebbe costretto a ripristinare altrettanti tagli che la Finanziaria ha per ora congelato”.
In questo secondo passaggio – almeno noi la leggiamo così – il miliardo e 600 milioni di euro viene considerato ‘spalmato’ in trent’anni e i 190 milioni di euro dovrebbero essere i soldi che la Regione dovrebbe avere a disposizione se il Governo nazionale darà al Governo Musumeci il via libera per ‘spalmare’ in trent’anni altri 500 milioni di euro circa.
I soldi che mancano dal Bilancio regionale – e qui conveniamo con il Giornale di Sicilia – ammontano a 2,1 miliardi di euro.
Ma, a differenza di quanto afferma il presidente Musumeci, non è stato solo il passato Governo regionale di Rosario Crocetta a lasciare in eredità al Governo Musumeci il ‘buco’ di 2,1 miliardi di euro.
E’ stato il Governo Crocetta con la sua maggioranza di centrosinistra. Ma Musumeci dimentica di aggiungere che quando il Governo Crocetta, tra il 2014 e il 2016, creava i presupposti per la crisi finanziaria che oggi attanaglia la Regione, il centrodestra – schieramento politico del quale Musumeci faceva parta nella passata legislatura e del quale fa parte oggi – non batteva ciglio.
Il riferimento è ai due ‘Patti scellerati’ siglati dal Governo Crocetta e dal Governo Renzi (il primo nel giugno 2014, il secondo nel giugno del 2016) e, soprattutto, la frettolosa cancellazione di 10 miliardi di euro di residui attivi, o presunti tale, avvenuta nel 2015.
Noi c’eravamo. E siamo testimoni del fatto che il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle all’Ars, nel dicembre del 2015, contestava la cancellazione troppo sbrigativa di 10 miliardi di euro di crediti dal Bilancio regionale. Contestazione andata a segno: tant’è vero che, dopo un ‘controllo’, poco più di 4 miliardi di euro ‘rientrarono’ nel Bilancio regionale perché si scopriva che, in effetti, non erano crediti inesigibili… (QUI UN NOSTRO ARTICOLO).
Nel gennaio dello scorso anno – ad inizio di legislatura – i 20 deputati regionali del Movimento 5 Stelle presentavano un’interrogazione chiedendo al Governo Musumeci di fare luce sugli strani movimenti dei ‘presunti’ crediti inesigibili della Regione (QUI UN NOSTRO ARTICOLO). Ma a questa interrogazione di 13 mesi addietro l’attuale Governo non ha mai risposto.
Oggi il presidente Musumeci teme i mancati aiuti di Roma. Teme i mancati aiuti o, forse – ma questo non si deve dire – teme la recentissima sentenza della Corte Costituzionale che ha bloccato i ripianamenti dei disavanzi in 30 anni degli Enti locali? (QUI C’E’ UN NOSTRO ARTICOLO).
Questa sentenza dev’essere tabù: oggi, infatti, la televisione ha parlato sì del fatto che sono arrivati i tre commissari che si occuperanno del default del Comune di Catania pari a un miliardo e 600 milioni di euro: ma non è stato fatto il minimo cenno al come – tecnicamente parlando – dovrebbe essere ripianato questo ‘buco’ venuto alla luce all’ombra dell’Etna.
Eh già, perché anche il Comune di Catania, fino a prova contraria, è un Ente locale: e c’è sempre la sentenza della Consulta che in Sicilia è tabù (QUI UN ALTRO NOSTRO ARTICOLO).
Detto questo, non possiamo non cogliere una contraddizione: il ritorno degli accantonamenti negativi nella manovra economica e finanziaria 2019 approvata dal Parlamento siciliano. Tutta la vucciria finanziaria è nata dal fatto che la Corte dei Conti ha ‘sgamato’ 2,1 miliardi di euro tra le entrate della Regione che, in realtà, non c’erano. Erano entrate fittizie e andavano tolte.
Dopo di che il Governo regionale e l’Ars hanno piazzato fra le entrate circa 200 milioni di euro che non ci sono: questi soldi che non ci sono, ma che sono stati messi nei capitoli della Finanziaria a coperture di spese, si chiamano accantonamenti negativi.
In contabilità non dovrebbero esistere: perché un’amministrazione pubblica non può impegnarsi a pagare spese per 200 milioni di euro non avendo a disposizione tale somma: a rigore tale legge andrebbe impugnata, perché non si possono approvare leggi senza copertura finanziaria!
Questi soldi entrerebbero nel caso in cui – come già ricordato – il Governo nazionale concederà alla Regione la possibilità di ‘spalmare’ altri 500 milioni di ‘buco’ in trent’anni.
Ma come può il Governo nazionale dare lo sta bene a tale richiesta se una sentenza della Corte Costituzionale lo vieta?
A nostro modesto avviso, quella che si è determinata per la Sicilia è una strada senza uscita.
Abbiamo citato il Comune di Catania. Ma non va meglio in altri Comuni siciliani che hanno già dichiarato il dissesto e che dichiareranno il dissesto. Chi ha ‘spalmato’ i ‘buchi’ in trent’anni potrà andare avanti o dovrà rivedere ciò che ha fatto?
Sempre a nostro modesto avviso, stanno venendo al pettine i problemi finanziari che I Nuovi Vespri hanno intravisto e stigmatizzato nel 2016
(QUI UN NOSTRO ARTICOLO). Quando il centrodestra di Musumeci taceva.
Ora sta arrivando il conto: per tutti. Per la Regione, per le ex Province, per molti Comuni dell’Isola, per le società e gli enti regionali, comunali e provinciali. La tempesta si avvicina…
I segnali ci sono. Alcuni li avvertono, altri no.
A Palermo, ad esempio, un politico che ha capito quello che sta succedendo è il consigliere comunale Fabrizio Ferrandelli. Che dice:
“Va tutto a scatafascio. Amat e Rap sono sull’orlo del fallimento… C’è da cambiare ricetta ed anche chef, altro che rimpasto!”.
Amat e Rap sono due società del Comune di Palermo che, a dire di Ferrandelli, starebbero ‘affondando’. (QUI IL VIDEO DI FERRANDELLI).
I malutempu sta arrivando: e ce ne sarà per tutti!