Il pronunciamento del Tribunale di Palermo, Sezione lavoro, non sancisce il reintegro dei lavoratori licenziati. Ma gli riconosce 18 mensilità. E stabilisce che tale Opera Pia non è un soggetto pubblico, ma un ente religioso privato. L’avvocato Nadia Spallitta: “La Regione siciliana dovrà recuperare le somme erogate a questa IPAB”. La sentenza vale solo per questa Opera Pia o per tutte quelle a sfondo religioso? Le IPAB dagli anni ’60 ad oggi
Finalmente una boccata di ossigeno per i dipendenti dell’Opera Pia ‘Cardinale Ernesto Ruffini’ di Palermo. Licenziati in buona parte dai vertici di questa istituzione, si sono rivolti alla Giustizia. E stamattina il Tribunale del capoluogo siciliano, Sezione lavoro, gli ha riconosciuto 18 mensilità. Non c’è il reintegro nel posto di lavoro, ma per questi dipendenti, rimasti senza lavoro e senza tutele, quella di oggi è una grande vittoria: soprattutto per chi, tra di loro, potrà andare in pensione.
“E’ sicuramente una vittoria – ci dice Nadia Spallitta, l’avvocato che ha assistito alcuni di questi lavoratori licenziati -. Non c’è, è vero, il reintegro nel posto di lavoro. Ma il pronunciamento dei giudici mette alcuni punti fermi molto importanti a tutela di questi lavoratori. C’è il riconoscimento delle diciotto mensilità. E viene fatta chiarezza sulla natura delle Opere Pie o IPAB. I giudici, infatti, hanno stabilito che si tratta di ente privata in quanto di ispirazione religiosa. A questo punto dobbiamo capire per quale motivo l’INPS non ha riconosciuto a questi lavoratori l’indennità di disoccupazione”.
“Credo, tra l’altro – aggiunge il legale – che la Regione debba rivedere le sue posizioni e valutare il recupero di somme erogate a questa IPAB sull’erroneo presupposto che si trattasse di un soggetto pubblico. E, in particolare, dovrà evitare danni all’Erario, recuperando le somme che tale Opera Pia non poteva né chiedere, né ottenere”.
“In esecuzione di questa decisione dei giudici – precisa ancora Nadia Spallitta – agiremo per il recupero dell’indennità di disoccupazione a questo punto illegittimamente negata”.
I Nuovi Vespri segue da tempo la vertenza dei 42 lavoratori di questa Opera Pia presieduta, per statuto, dall’Arcivescovo di Palermo. E sono stati proprio i vertici della Curia Arcivescovile del capoluogo della Sicilia a licenziare 42 dipendenti (diventati 32, perché dieci sono stati riassunti).
Come già accennato, alcuni di questi dipendenti che verranno risarciti con le diciotto mensilità potranno pagare i versamenti rimasti sospesi e andare in pensione. Una minoranza di loro, però, non ha ancora maturato i contributi per la pensione.
“Per loro – conclude Nadia Spallitta – presenteremo appello, insistendo sulla natura pubblica di questa IPAB”.
Della vicenda si sono occupati anche Le Iene (COME POTETE VEDERE QUI).
NOTA A MARGINE – La domanda è una: questo pronunciamento vale solo per l’Opera Pia ‘Cardinale Ernesto Ruffini’ o per tutte le Opere Pie della Siciliaa sfondo religioso? La domanda non è oziosa, perché se vale per tutte le Opere Pie dell’Isola ciò che sottolinea l’avvocato Nadia Spallitta circa i fondi pubblici vale per tutte.
Per la cronaca, le Opere Pie della Sicilia, dette anche IPAB – sigla che sta per Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficienza – da decenni sono considerate pubbliche, come tradisce, appunto, la citata sigla IPAB. E per decenni sono state sotto l’egida dell’assessorato regionale agli Enti locali, oggi trasformato, grazie a una pessima legge di ‘presunta’ riforma dell’amministrazione regionale, in assessorato regionale alla Famiglia, Lavoro e Attività sociali.
Alla fine degli anni ’60 del secolo passato lo scrittore Michele Pantaleone, grande conoscitore della mafia siciliana, segnalava un particolare: quasi tutti i presidenti della Regione, prima di diventare tali, avevano occupato il posto di assessore degli Enti locali.
L’assessorato agli Enti locali è stato, per decenni, il più importante assessorato della Regione siciliana. Per tre motivi. Primo: perché gestiva il rapporto con il territorio (Province e Comuni). Secondo: perché gestiva le attività sociali (e, in molti casi, i rapporti con la Chiesa cattolica). Terzo: perché l’assessore di turno gestiva – spesso attraverso commissari – le Opere Pie (sempre rapporti con la Chiesa).
Questo spiega perché, nella Prima Repubblica, i democristiani raramente mollavano l’assessorato agli Enti locali.
Oggi che la Regione siciliana è in ‘bolletta’ le Opere Pie sono considerate camurrie. Ma c’è stato un tempo in cui, oltre ad essere foraggiate a piene mani dalla Regione, erano titolari di beni immobili in alcuni casi inimmaginabili.
Solo a metà anni ’80 del secolo passato, forse per porre fine al ‘caos’ che regnava nella gestione di questi beni immobili, la Regione siciliana è intervenuta con una legge che, non a caso, là dove l’Opera Pia veniva estinta, assegnava i beni immobili al Comune nel quale ricavedano…
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