Ieri a Roma una manifestazione popolare totalmente sconnessa non solo con la politica italiana, ma con quello che, con le imminenti elezioni europee, si verificherà in Europa. Un Maurizio Landini, più confuso che persuaso, che aspetta l’elezione di Nicola Zingaretti alla segreteria del PD per ricostruire una sinistra ormai in grande ritardo con l’inevitabile evoluzione antiliberista della UE
Ieri abbiamo seguito almeno quattro Tg, cercando d capire le ragioni della protesta organizzata da CGL, CISL e UIL a Roma. Era la prima uscita pubblica in mezzo al ‘popolo’ di Maurizio Landini, nuovo segretario nazionale della CGIL. Pensavamo che con il suo arrivo, per questa organizzazione sindacale dall’immagine molto appannata, sarebbe arrivata una svolta rispetto a un recente passato disastroso. Invece…
Invece siamo rimasti molto delusi. Perché? Leggiamo un comunicato del parlamentare nazionale eletto in Sicilia, Aldo Penna:
“Nei decenni passati eravamo stati abituati a un sindacato che difendeva i posti di lavoro e invocava misure contro la povertà. Sorprende oggi un sindacato che organizza una manifestazione nazionale per contestare la prima grande misura dopo decenni contro la povertà. Sentire i sindacati giudicare il Reddito di cittadinanza come inefficace, senza attendere neanche il suo decollo denuncia un pericoloso pregiudizio e un forte collateralismo con il PD di cui i lavoratori non hanno certo bisogno”.
Penna coglie un elemento politico importante: il collateralismo con il PD. Con quale PD? Con molta probabilità, l’elezione di Landini alla segreteria della CGIL si configura con il primo passo verso la ricostruzione i una sinistra politica e sindacale che dovrebbe materializzarsi con l’elezione di Nicola Zingaretti alla segreteria nazionale del Partito Democratico.
Questa ricostruzione, però, non è priva di contraddizioni: contraddizioni rispetto alla scenario politico italiano e contraddizioni interne allo stesso PD e alla stessa CGIL. Proviamo a illustrarle per grandi linee.
La prima contraddizione è interna. Landini e Zingaretti debbono ricostruire l’identità smarrita della sinistra italiana. A parte che Zingaretti non è ancora segretario del PD, anche se raggiungerà la meta – cosa molto probabile – avrà comunque a che fare con una parte del partito che di sinistra non ha proprio nulla.
Il riferimento è a Renzi, ma non soltanto a Renzi. Il PD, dopo che l’Europa dell’euro, nel 2011, ha sostanzialmente commissariato l’Italia con Mario Monti, è stato scelto per fare ‘inghiottire’ all’Italia la cura liberista. Le leggi contro il mondo del lavoro proposte dall’allora capo del Governo Renzi e approvate dall’allora Parlamento di ‘nominati’, dall’attacco allo Statuto dei lavoratori al Jobs Act, fino alla ‘Buona scuola’ sono state volute dall’Europa liberista.
Il completamento del ‘lavoro’ avrebbero dovuto essere le riforme costituzionali del Governo Renzi. Che i cittadini italiani hanno ‘bocciato’ nel referendum del dicembre 2016.
La sconfitta di Renzi del dicembre del 2016 è stata anche la sconfitta del PD. Anche perché tutte le brutte riforme approvate dal Parlamento italiano dal 2013 al 2016 sono state sostenute e votate dal PD. Se la CGIL ha organizzato qualche manifestazione di piazza l’ha fatto in modo strumentale, per cercare di tenere unita una base sindacale che si andava sfilacciando.
Ma la verità politica è che tutto il PD e tutta la CGIL – pur con qualche contraddizione interna – hanno sostenuto non Renzi, ma i poteri ‘europeisti-liberisti’ che stavano dietro Renzi: questi erano gli ordini di scuderia e tali ordini andavano seguiti alla lettera.
Chi ha un po’ di memoria ricorderà che i presidenti della Camara e del Senato della passata legislatura – rispettivamente Laura Boldrini e Piero Grasso – non hanno fatto nulla per bloccare le leggi renziane: anzi hanno avallato le forzature al limiti dei rispettivi regolamenti per farle approvare.
Solo dopo la sconfitta del referendum costituzionale del dicembre del 2016, nel PD, si sono aperte le crepe e sono spuntati i dissidenti. E solo dopo la sconfitta del PD alle elezioni politiche nazionali del 4 marzo 2018 Renzi si è dimesso dalla segreteria del PD. E solo dopo la sconfitta del 4 marzo ha preso corpo la candidatura di Landini alla segreteria della CGIL.
Ma questi passaggi non sono stati dettati da una volontà politica, ma dalle ripetute sconfitte di un PD che, come osserva Penna, mantiene un saldo legame con la CGIL.
E oggi? Lo ribadiamo: Zingaretti diventerà magari il segretario del PD, ma rimangono le contraddizioni interne al PD e le contraddizioni esterne alllo stesso PD.
Le contraddizioni interne sono dovute alla presenza di Renzi, che non è uscito dal PD e che si accinge a organizzare un’opposizione interna; e dalla presenza di Carlo Calenda, un ultra liberista-europeista esaltato dalla globalizzazione economica, già dirigente di Confindustria, che è stato Ministro sia con Renzi, sia con Gentiloni.
Calenda non si messo da parte: ha organizzato un gruppo collaterale al PD che raccoglie figure non secondarie di politici e amministratori. Il segno che l’esperienza liberista che ha pervaso il PD renziano è ancora dentro il ‘corpo’ del Partito Democratico.
Ci sono anche le contraddizioni esterne. Che significa, oggi, “ricostruire la sinistra in Italia”? La domanda non è facile, perché la sinistra tradizionale è in crisi in tutta l’Europa. Il PSE – il Partito Socialista Europeo – ormai è tragicomico. Non è in grado di rappresentare le istanze popolari. Anzi, non le rappresenta affatto.
Basti pensare a tutti gli accordi internazionali che ha avallato, dal CETA al glifosato fino al 2023 nell’area UE, per citarne solo due. Il PSE è stato usato e si è fatto usare – supponiamo, politicamente parlando – non ‘gratuitamente’. Il risultato è che, oggi, in tutta l’Europa, chi protesta con l’austerità non lo fa certo votando il PSE, che dell’austerità antikeynesiana è stato un arfiere.
In tutta l’Europa , oggi, chi combatte l’austerità vota per i ‘Populisti’, non certo per i partiti dei vari Stati che danno vita al PSE.
In queste contraddizioni interne ed esterne al PD si ritrova la CGIL di Landini. In questo scenario la manifestazione di ieri è tragicomica quasi quanto il PSE.
Se il PSE, che dovrebbe essere la ‘sinistra’ europea ha votato in favore del CETA e del glifosato, la CGIL di Landini, ieri, si è schierata contro gli ultimi: contro il Reddito di cittadinanza e contro la quota 100, ovvero contro l’avvio dello sbaraccamento della legge Fornero.
Incredibile, poi, che ancora oggi la CGIL si presenti accanto alla CISL e alla UIL, due organizzazioni sindacali fuori dalla storia, che vivono di passato.
Con molta probabilità, nemmeno Landini sa quello che deve fare. Leggendo e ascoltando qua e là quello che ha detto si percepisce solo una grande confusione. Dice che il Reddito di cittadinanza non basta, ma l’appartenenza a uno schieramento politico che non può dissociarsi dall’Unione europea dell’euro gli impedisce di ammettere che è la stessa Europa dell’euro a non volere non solo lo stesso Reddito di cittadinanza, ma anche quel qualcosa in più del Reddito di cittadinanza chiesto in modo confuso da Landini. E lo stesso discorso vale per lo sbaraccamento della legge Fornero.
La verità è che Landini e Zingaretti sono in ritardo con gli appuntamenti di una storia che cambia rapidamente. E tra un po’ – non fra tre anni, ma fra tre mesi – dovranno scegliere se stare con un’Europa liberista e fallimentare che verrà travolta, o se provare a inserirsi nel magmatico e imprevedibile cambiamento destinato a scuotere l’Europa.
Foto TPI