In Sicilia qualcosa si muove. Ma è poco. Tant’è vero che il presidente della Regione, Nello Musumeci, dopo aver promesso di effettuare i controlli sul grano duro che arriva dall’estero e su altre derrate alimentari non sta facendo una mazza. Ma è fresco come un quarto di pollo, perché vive nell’olimpica certezza che gli agricoltori siciliani non scenderanno in piazza a protestare. E fino ad oggi ha avuto ragione: ai Gilet arancioni della Puglia (foto sopra) gli agricoltori siciliani preferiscono le pantofole…
Se gli agricoltori siciliani sembrano rassegnati alla crisi del settore provocata dalla globalizzazione dell’economia, agevolata da un’Unione europea che sembra al servizio delle multinazionali, non altrettanto si può degli agricoltori pugliesi, che invece tra pochi giorni scenderanno in piazza a Roma. Appuntamento il 14 febbraio per difendere la produzione di olio d’oliva extra vergine.
Come questo blog ha scritto più volte, l’annata olearia 2018 è stata disastrosa. E la Puglia, che è la prima Regione italiana per la produzione di olio d’oliva (la seconda è la Calabria e la terza è la Sicilia: tre Regioni del Sud che rappresentano il 90% della produzione di olio d’oliva extra vergine italiano), ha accusato una perdita produttiva di oltre il 60%.
Ma la cosa che dà più fastidio è che, nonostante la riduzione della produzione italiana di olio d’oliva extra vergine, che come già accennato si attesta intorno al 50-60% circa rispetto allo scorso anno, gli scaffali della Grande distribuzione organizzata (Gdo) sono pieni di bottiglie di olio d’oliva extra vergine ‘italiano’ venduto a 7 euro a bottiglia, a 6 euro, a 5 euro, a 4 euro e persino a 3 euro a bottiglia!, quando è matematico che una bottiglia di olio extra vergine italiano non può costare meno di 10 euro in media (questo il prezzo medio in Puglia, qualche euro in meno in Calabria e in Sicilia).
Da dove arriva tutto questo olio d’oliva extra vergine ‘italiano’ se la produzione italiana ha subito, come già ricordato, un tracollo? A questa domanda dovrebbero rispondere le autorità chiamate ad effettuare i controlli.
Ma mentre in Sicilia – diventata la mecca dell’olio d’oliva tunisino – tra gli agricoltori, si registra un clima quasi ‘verghiano’ di arrendevolezza, in Puglia gli agricoltori non ci stanno e danno battaglia.
Il 14 febbraio, giorno di San Valentino, i protagonisti del movimento di protesta che si è formato in Puglia – del quale fanno parte Agci, Associazione frantoiani di Puglia, Cia, Confagricoltura, Confocooperative, Copagri, Italia olivicola, Legacoop, Movimento nazionale agricoltura, Unapol, Liberi Agricoltori – si ritroveranno tutti a Roma in una grande manifestazione di protesta. Ci saranno anche i sindacati degli operai e i Sindaci di tanti Comuni pugliesi.
Una manifestazione contro l’attuale Governo nazionale, che ha dimostrato totale disattenzione verso le richieste degli agricoltori del Sud.
C’è un problema legato al ”contratto di Governo” tra grillini e Lega, con il Ministero delle Politiche agricole che è finito al leghista Gian Marco Centinaio che, neanche a dirlo, sta facendo solo gli interessi dell’agricoltura del Centro Nord Italia.
Ma c’è anche disattenzione da parte del Movimento 5 Stelle, se è vero che, in occasione dell’approvazione della Finanziaria nazionale, il gruppo parlamentare dei grillini ha respinto un pacchetto di proposte presentate dal senatore del Movimento 5 Stelle, Saverio De Bonis, che è stato espulso dal Movimento (COME POTETE LEGGERE IN QUESTO ARTICOLO).
Ufficialmente, De Bonis è stato messo fuori dal Movimento 5 Stelle perché non aveva dichiarato una pendenza, peraltro banale in termini contabili, con la Corte dei Conti. Ma agli osservatori non è sfuggito che a ‘cassare’ l’emendamento di De Bonis in favore del Sud sono stati alcuni parlamentari grillini eletti proprio nel Sud!
Per carità: la Finanziaria 2019 era ‘stretta’, visto gli ostacoli creati dalla Commissione europea, e bisognava privilegiare Reddito di cittadinanza e Quota 100. Ma ci sono stati altri provvedimenti in favore di questo e di quello. Mentre per l’agricoltura del Mezzogiorno d’Italia – con il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, del Sud (è pugliese) e con il vice Luigi di Maio, anche lui meridionale (è campano) non è stato riservato nulla!
Ma la Puglia non ci sta. Da qui la manifestazione. Preceduta presidi fissi in diversi Comuni di questa Regione.
“Siamo una fabbrica a cielo aperto, la più importante in Puglia ed in Italia, non arretriamo nemmeno di un millimetro: è una questione di dignità – ha detto a Bari viva il portavoce dei Gilet arancioni, Onofrio Spagnoletti Zeuli -. La data della manifestazione è simbolica: il giorno di San Valentino rinnoviamo la promessa d’amore alla nostra terra”.
Lunedì scorso sono iniziate le assemblee nelle città olivicole più rilevanti della Puglia, da Cerignola a Leuca. In queste ore sono in corso incontri con gli olivicoltori delle altre Regioni italiane.
“Il 14 febbraio sarà mobilitazione nazionale, bisogna salvare realmente l’olivicoltura italiana – conclude Spagnoletti Zeuli -. Serve un decreto con risorse reali ed una serie di interventi per rilanciare uno dei settori più importanti dell’agricoltura italiana”.
E la Sicilia? Qualcosa si muove. “La battaglia che oggi sta conducendo la Puglia, è la battaglia di tutti noi e di tutta l’Italia dell’olivicoltura – afferma Giosuè Catania Presidente della Soc. Coop. APO -. E’ arrivato il momento che la politica nazionale inserisca tra le sue priorità quella del rilancio del comparto olivicolo/oleario, difendendo l’olio extravergine di oliva 100% italiano, prodotto simbolo dell’Italia e della Dieta Mediterranea nel mondo”.
“E’ necessario un vero e proprio Piano che rafforzi il sistema dei controlli per evitare le contraffazioni e le importazioni di prodotti di pessima qualità che magicamente ci troviamo sugli scaffali a più o meno a 3 euro a danno dei consumatori – prosegue Catania -. Così come siamo preoccupati dall’avanzata della Xlella che sta distruggendo gli ulivi Pugliesi creando un disastro economico per le imprese agricole ed un danno incalcolabile al territorio e al paesaggio”.
Intanto le ultime segnalazioni dell’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo e Alimentare) conferma che la produzione di olio d’oliva extra vergine in Italia è ai minimi storici.
L’ISMEA rileva che la produzione di olio d’oliva italiano, nel 2018 (quindi parliamo della produzione di quest’anno, perché le olive si raccolgo a novembre, mentre l’olio si tra la fine dell’anno e l’anno successivo), è stata pari a 185 mila tonnellate, con una riduzione, rispetto al 2017, del 57 per cento (lo scorso anno la produzione si è attestata intorno alle 428 mila tonnellate).
Ovviamente, siccome, come già accennato, il 90% dell’olio d’oliva si coltiva in Puglia, in Calabria e in Sicilia, sono state queste Regioni ad accusare le perdite maggiori. Le cause? Le gelate, ma anche i problemi fitosanitari che hanno colpito gli uliveti (in puglia la già ricordata Xiliella, ma ci sono stati anche altri problemi).
Nel giornale Il Primato nazionale leggiamo la seguente analisi:
“I riflessi sul mercato della scarsità di prodotto non hanno tardato a manifestarsi. I listini dell’extra vergine hanno raggiunto, infatti, a dicembre i 5,60 euro al kg (+40 per cento rispetto a giugno), con valori superiori ai 7 euro al chilo in Sicilia e vicini ai 6 euro nel Barese”.
“Quella dei prezzi – leggiamo ancora nel Primato nazionale – è una battaglia aperta che sta penalizzando i produttori italiani, la cui qualità è alta. Questo a causa anche dell’elevata campagna produttiva spagnola che viaggia su 1,6 milioni di tonnellate (+24 per cento sul 2017). Picchi di rese che contribuiscono ad abbassare i prezzi del mercato e condizionare anche le produzioni greche e tunisine, previste in calo di oltre il 30 per cento”.
E’ interessante porsi qualche domanda: come mai un calo produttivo così drastico in Italia? Gli olivicoltori italiani sono meno bravi di quelli spagnoli? Non ci sembra proprio. Nel caso della Puglia, ad esempio, sarebbe interessante capire da dov’è spuntata la Xiliella. E sarebbe altrettanto interessante effettuare le analisi sull’olio d’oliva estero che arriva in Italia, per capire se ci sono residui di pesticidi e in che quantità.
Perché per combattere certe fitopatologie – per esempio certi insetti – non è poi così difficile ‘cafuddare’ (cioè abbondare con i pesticidi!). poi, però, bisogna capire cosa arriva sulle nostre tavole…
Foto tratta da l’occidentale
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