Quando c’è ‘scarsezza’ di sarde in Sicilia si prepara la ‘Pasta con le sarde a mare’: la stessa pasta con lo stesso condimento, senza le sarde… E così è la sinistra, con in testa la sinistra di Palermo. In questo articolo vi raccontiamo il parallellismo tra la pasta con le sarde senza sarde e la sinistra senza sinistra…
L’ultima ‘sinistrata’ del glorioso PD si celebra a Palermo, dove l’amministrazione comunale ‘di sinistra’ manda in scena il festival dei centri commerciali. Solo i tedeschi della Lidl possono contare, in città, su sette o otto supermercati, più una serie infinita di espressioni della cosiddetta Grande distribuzione organizzata. E adesso – come se tutti quelli che ci sono non bastassero – sta arrivando l’ennesimo centro commerciale, tra le proteste della Confesercenti e dei grillini (NE ABBIAMO PARLATO IN QUESTO ARTICOLO).
Ma oggi il tema che vogliamo trattare non è la polemica, ma il significato ‘politico’ della Grande distribuzione organizzata, simbolo del capitalismo liberista che, dove mette radici, distrugge il commercio locale e il rapporto tra i cittadini di un luogo e l’agricoltura del proprio territorio.
Perché il ruolo della Grande distribuzione organizzata è proprio questo: fare affari massacrando il tessuto economico e commerciale di un’intera comunità e contribuire a distruggere l’identità agroalimentare degli abitanti di un luogo.
La Grande distribuzione organizzata, nell’agroalimentare, è il mezzo con il quale, piano piano, si abituano i consumatori a portare sulle proprie tavole prodotti che nulla hanno a che spartire con la tradizione di una comunità.
Esempi classici della fine dell’identità sono il grano, l’olio d’oliva extra vergine e il pomodoro.
Già la gente, oggi, è stressata dalla crisi, dalla disoccupazione e da un sistema fiscale sempre più oppressivo. Così si getta in un centro commerciale e… e dov’è il tempo per riflettere sulla pasta fatta con il grano duro canadese, sull’olio d’oliva ‘extra vergine italiano’ che invece arriva da chissà dove e sul pomodoro cinese?
Questo è lo scenario agroalimentare. Ma dietro questa volgare ‘colonizzazione’ c’è la politica: quella politica che ha riempito la Sicilia di centri commerciali dove si commercializzano beni che con la Sicilia non hanno nulla a che vedere!
Come ripetiamo spesso, i siciliani consumano, ogni anno, circa 13 miliardi di euro di beni alimentari, ma di questi beni alimentari solo 2 miliardi di euro sono spesi per l’acquisto di cibi prodotti in Sicilia, il resto – che spesso è di qualità scadente (e usiamo questo termine per carità di patria…) – arriva da chissà dove ed è prodotto chissà come!
Palermo – grazie agli amministratori regionali e comunali – è la ‘Capitale’ della colonizzazione alimentare imposta alla Sicilia. E la responsabilità di quanto è avvenuto e continua ad avvenire è della politica.
La difesa del territorio e delle proprie tradizioni non dovrebbe essere patrimonio della sinistra? Difendere una comunità da chi ti propina cibi che arrivano da chissà dove – fenomeno che colpisce soprattutto i ceti sociali economicamente più deboli, che spesso non hanno un’alternativa alla pasta e al pane prodotti con il grano duro a comegghiè, all’olio d’oliva finto-italiano, al pomodoro che Iddio solo sa cosa contiene – dovrebbe essere o no un valore della sinistra?
E invece che fa la sinistra che governa Palermo? Continua a dare spazio a nuovi centri commerciali, ‘ammazzando’ il commercio artigianale residuo e continuando ad assestare colpi all’agricoltura siciliana. E continuando a impoverire la città, perché Grande distribuzione organizzata significa anche un flusso di denaro che lascia la città in favore di chi ci propina Iddio sa cosa.
Come possono gli agricoltori siciliani competere con un grano duro estero che i trasformatori acquistano a 4-5 euro a quintale, quando il costo di produzione del grano duro siciliano si attesta sui 22-23 euro per quintale?
Come possono competere con un olio d’oliva ‘extra vergine’ estero che ha un costo di produzione dieci volte inferiore al costo di quello siciliano?
Come fa un agricoltore siciliano a coltivare pomodoro se poi la nostra Isola è letteralmente invasa da pomodoro estero acquistato dalla Grande distribuzione organizzata a un prezzo dieci volte inferiore del pomodoro siciliano?
Ma cosa volete che gliene freghi di queste cose all’amministrazione comunale di Palermo e alla sinistra cittadina di questi problemi?
I lettori diranno: ma che c’entra tutto questo con la ‘Pasta con le sarde a mare’? C’entra, perché questo piatto è la metafora della sinistra italiana in generale e della sinistra di Palermo in particolare.
Quando non si trovano le sarde, ma c’è comunque tanta voglia di ‘Pasta con sarde’ si prepara la ‘Pasta con le sarde a mare’. Come?
I condimenti sono gli stessi, meno le sarde:
bucatini, cipolle, granella di mandorle, uvetta, acciughe sotto sale, finocchietto selvatico, pinoli, olio extra vergine di oliva, zafferano, acqua, pepe nero, pangrattato: ma niente sarde, perché non ce n’è…
Ecco: la sarda dovrebbe essere il vero significato della sinistra, ma…
… ma le sarde non ci sono: c’è il partito (il PD e, a Palermo, anche Sinistra Comune), ci sono gli uomini, ci sono le donne, ci sono le poltrone da spartire (di questo a Palermo si occupa solo il sindaco Leoluca Orlando, che ha anche aderito al PD di Renzi), c’è la solidarietà verso i migranti tanto a chilo, ma…
Ma manca la sinistra.
E dov’è finita la sinistra? A mare, con le sarde…
Foto tratta da insorgenze.net