Ecco a voi un paio di esempi delle due Sicilie: quella officiale raccontata dalle ‘autorità’ (Regione e Comuni) e quella osservata e descritta nella realtà. Sono due Sicilie diverse che riguardano sanità, munnizza, fondi europei e scuola. Scegliete voi quella che vi ‘piace’ di più…
Per scrivere questo articolo siamo partiti da un ‘complimento’ che Alessandro Di Battista ha indirizzato ai giornalisti, allorquando li ha definiti “puttane”. Noi non ci siamo offesi, anzi abbiamo preso questa parola come un complimento. Perché, alla fine, nel mestiere di giornalista, stare in mezzo alla strada, tra le gente, per capire cosa succede realmente nella società, è un dovere.
Così siamo tornati a quarant’anni fa e, abitando a Palermo, abbiamo fatto un giro per Palermo, tutto sommato paradigma della Sicilia di oggi. E così abbiamo scoperto la presenza, quasi costante, di due Sicilie.
La prima Sicilia è quella officiale, raccontata nei comunicati stampa della Regione siciliana, nelle perfomance del sindaco della città, Leoluca Orlando, dai burocrati e via continuando: questa è una Sicilia dove tutto funziona, solidale, ‘perfettina’.
Poi c’è la seconda Sicilia: quella che viene fuori dall’osservazione dei fatti, dalla realtà.
Il contrasto tra le due Sicilie è stridente.
La sanità. Quarant’anni fa i ‘biondini’ venivano catapultati nei Pronto Soccorso a “cercare notizie”. Così abbiamo dedicato una mattina del nostro tempo ad un Pronto Soccorso, mescolati tra gli infelici che gli eventi catapultano, loro malgrado, in queste bolgie dantesche.
“Sono qui da dodici ore. Sto male ma alcuni signori mi hanno detto che sono un codice verde. Non so che significa ‘sta cosa del colore. Una signora, dopo che aspettavo quattro ore, mi ha detto che prima di me vengono i codici rossi e i codici gialli. E io aspetto. Un signore mi ha detto: ‘Lei è un verde’? E che ci fa qui? Se ne vada dal suo medico di famiglia, perché qui i codici verdi fanno i filini’. I filini sono quelle cose che si trovano nei locali abbandonati. Quasi quasi me ne volevo andare. Poi mia moglie che è con me mi ha detto: ‘Ma che ci dai retta? E’ tre giorni che stai male e te ne vuoi andare? Ma come qui ci ha mandato il nostro medico e vuoi tornare da lui? Sei rincretinito?’. Così sono qui ad aspettare. Gli ho detto a quelli del triagge di cambiarmi colore, ma non ne vogliono sapere”.
Informandoci qua e là abbiamo saputo che ci sono pazienti che sono stati visitati tra il 12 e il 14 dicembre e che ancora aspettano di essere ricoverati nei reparti. Nel Pronto Soccorso ci sono pazienti dappertutto. Come fanno i medici e gli infermieri a reggere ritmi di lavoro così stressanti e così usuranti è un mistero.
Negli ospedali pubblici mancano i posti letto, mancano i medici e mancano gli infermieri. La ‘cura dimagrante’ è iniziata nel 2009 e non si è mai fermata. I tagli sono stati fatti perché, in cambio, sarebbe arrivata la medicina del territorio: i Punti territoriali di emergenza (Pte), i Punti territoriali di assistenza (Pta) e via continuando. Presidi sanitari diffusi nel territorio (da qui la definizione di medicina del territorio) che dovrebbero ‘filtrare’ i pazienti e alleggerire la pressione dell’utenza nei Pronto Soccorso.
I tagli nei servizi degli ospedali pubblici ci sono stati e sono stati pesanti, mentre la medicina del territorio ancora l’aspettano… E nei Pronto Soccorso è il caos.
Nei Pronto Soccorso non ci sono concorsi (non siamo all’Ars…): si chiamano medici a contratto per ‘risparmiare’; se resistono diventano precari e dopo sei o sette anni di trafila massacrante, forse, vengono stabilizzati. Molti – soprattutto i giovani medici che impattano con i Pronto Soccorso – scappano via dopo qualche mese.
Quella che vi abbiamo descritto, ovviamente per sommi capi, è un pezzo di Sicilia vera: una parte non certo secondaria della sanità pubblica.
Poi c’è la Sicilia raccontata. Se nella sanità pubblica mancano i soldi per tutto, all’ISMETT – il Centro trapianti degli americani di Pittsburg che lavorano con i soldi dei siciliani – c’è invece tutto. oltre al Centro trapianti reparti di qua e reparti di là. Poca confusione (pazienti selezionati, ci mancherebbe!) e tanti soldi: 100 milioni di euro all’anno, paga la Regione siciliana: olè!
E dovete vedere come ‘leccano’ i politici quando parlano dell’ISMETT: centro trapianti di qua, centro trapianti di là, come sono bravi, come sono belli. E gli americani ammuccano…
Munnizza. Invece di ascoltare le chiacchiere del Comune di Palermo e del dipartimento dei rifiuti della Regione siciliana, per capire qual è la vera situazione dei rifiuti a Palermo, al di là dell’emergenza natalizia, dovete fare quello che abbiamo fatto noi negli ultimi due mesi: scegliere un quartiere e segnarvi i punti – non meno di dieci – dove l’immondizia si accumula. Scoprirete quanto segue.
Noi abbiamo scelto il quartiere della Zisa. Dopo che il cumulo di immondizia viene raccolto vi accorgerete che non viene effettuata alcuna sanificazione: né acqua, né disinfettanti: niente di niente. La sporcizia trionfa. Sovrana. Il giorno dopo la raccolta dell’immondizia il cumulo comincia a formarsi. Il primo giorno è sempre modesto, il secondo giorno inizia la crescita che prosegue ininterrottamente fino alla rimozione dei rifiuti.
In certi casi la rimozione avviene dopo quattro-cinque giorni. In altri casi dopo una settimana e forse più. A Natale i rifiuti si sono accumulati per quindici giorni: da qui il caos.
Non è vero che gli operai della RAP non lavorano. Il problema è a monte: forse nella carenza di personale e, come denunciano i sindacati, nella mancanza di mezzi sfasciati che non vengono riparati.
Al di là del Natale – dove l’emergenza è stata provocata da vari fattori: aumento dei rifiuti, malcontento perché ai lavoratori non sono stati pagati, mezzi guasti – non funziona l’organizzazione. Ma la responsabilità non è dei lavoratori, che forse sono pochi. Della RAP bisognerebbe approfondire tutto il capitolo degli sprechi: per esempio, i soldi che vengono utilizzati per foraggiare soggetti esterni (COME POTETE LEGGERE QUI). I lavoratori della RAP non hanno alcuna responsabilità.
Quella che abbiamo descritto è la realtà che è sotto i nostri occhi. Poi c’è il racconto del sindaco che se la prende con i dirigenti della RAP (ma sono i dirigenti della RAP i responsabili degli sprechi? ne dubitiamo). E ci sono i mirabolanti risultati diffusi dagli uffici della Regione siciliana: raccolta differenziata al 33%, successi di qua, successi di là, bla bla bla…
Palermo e la sua munnizza sono il paradigma della Sicilia. Perché in Sicilia la munnizza per le strade, le discariche private, le speculazioni sulla gestione dei rifiuti sono presenti in quasi tutte le province.
Cittadinanzattiva ha diffuso i dati sulla raccolta dei rifiuti in Sicilia. ‘Numeri’ che stridono con quelli diffusi dalla Regione siciliana (QUI TROVATE UN APPROFONDIMENTO). Il dato che salta agli occhi è che in Sicilia si paga la TARI (Tassa per l’immondizia) tra le più care d’Italia per avere un servizio pessimo!
Al di là delle notizie ‘tranquillizanti’ diffuse dagli uffici della Regione siciliana a munnizza, in Sicilia, è unnegghiè. A Trapani i cittadini pagano la TARI più cara d’Italia (qualcuno li ha informati?). A Siracusa la raccolta differenziata non esiste. A Palermo è un delirio.
La cosa incredibile, nella vicenda dei rifiuti in Sicilia, è che i dati ‘ufficiali’ vengono diffusi da coloro i quali dovrebbero essere controllati: dalla Regione e dai Comuni. E, infatti, dalla Regione fanno sapere che tutto va bene, che la raccolta differenziata è al 33% e bla bla bla.
Poi arriva Cittadinanzattiva, fornisce ‘numeri’ completamente diversi. E che si fa? Niente Cittadinanzattiva e avanti con i dati officiali di Regione e Comune. E pazienza se la munnizza è unnegghiè, se Palermo è sommersa dai rifiuti, se le strade sono sporche e se non vengono pulite. L’importante è nascondere la realtà.
Anche in questo caso, due Sicilie: quella officiale di Regione siciliana e Comuni, dove la farsa sconfina nel ridicolo, e quella vera che va nascosta (del resto, la Sicilia non è la Roma di Virginia Raggi…).
In compenso il sindaco di Palermo, Orlando, fa la ‘grande politica’: non parla dei palermitani che pagano una delle TARI più ‘salate’ d’Italia per avere una città piena di munnuzza: parla dei diritti dei migranti lesi da una legge dello Stato controfirmata dalle massime autorità dello stesso Stato. Forse interverrà anche l’Unione europea. E magari l’ONU. E a munnizza? Può aspettare. Volete mettere?
Fondi europei. Se la munnizza made in Sicily è una farsa, la gestione dei fondi europei è una recita a soggetto. Di questo argomento, allegati, trovate un paio di articoli. Qui riassumiamo. Anche in questo caso, la Sicilia finta e la Sicilia vera si confrontano in un gioco degli specchi.
La Sicilia finta ci racconta che in un anno sono stati spesi oltre 700 milioni di euro. La Sicilia vera ci dimostra che sono stati spesi, sì e no, dieci milioni di euro: tutti gli altri sono fondi rendicontati su opere realizzate nel passato che nulla, ma proprio nulla hanno a che vedere con la Programmazione dei fondi europei 2020!
Invece di dire: per non perdere questi soldi ci siamo inventati il solito stratagemma in voga dal 2001 ad oggi dicono:
“Abbiamo speso di qua e abbiamo speso di là”. Bugie.
Ma la notizia non è questa: questa è storia nota. La notizia è che la Ministra per il Sud, la grillina Barbara Lezzi, appena insediata avrebbe dovuto denunciare i ritardi incredibili e forse voluti nella spesa nei fondi europei. Invece ha preferito indossare i panni della vecchia politicante e, per non perdere i fondi europei, ha iniziato pure lei la recita.
In Sicilia, addirittura, ha smentito un europarlamentare, Ignazio Corrao, e un parlamentare regionale, Luigi Sunseri, che hanno giustamente denunciato la rendicontazione-farsa del Governo Musumeci. Ma la Ministra grillina si è schierata con il Governo Musumeci.
Dovevate vederli: la Ministra grillina Barbara Lezzi che ringrazia il presidente Musumeci; il presidente Munumeci che ringrazia la Ministra grillina: abbracci & baci. E severi rimproveri per Corrao e Sunseri che hanno svelato il gioco. C’è da ridere!
La scuola. Notizia che abbiamo dato e commentato ieri sera: a Caltanissetta l’ex Provincia non ha i soldi per pagare l’energia elettrica nelle scuole (QUI L’ARTICOLO). L’assessore regionale Roberto Lagalla che, come dicono a Catania, “si cassaria tutto” e convoca tavoli & tavolini. Il tema? Quello che non svolgeranno gli studenti nisseni se, dopo l’Epifania, le scuole resteranno chiuse per bollette non pagate…
Poco male: già a casa sono rimasti tanti studenti disabili perché non ci sono i soldi per pagare il servizio di trasporto a scuola….
In compenso facciamo alta politica sui migranti. Con la Sicilia finta, ovviamente. In quella vera si fa altro.
Foto tratta da viaggi.nanopress.it