Sta facendo giustamente discutere il maldestro tentativo del Governo giallo-verde di colpire il terzo settore con il raddoppio dell’IRES. Lo stesso Governo, con il vice premier Luigi Di Maio, ha fatto marcia indietro. Per carità, i furbi ci sono, ma vanno allontanati, salvaguardando un settore che è diventato fondamentale in un’Italia dove crescono povertà e diseguaglianze. la dichiarazione di Steni Di Piazza
Sta facendo discutere il tentativo un po’ maldestro del Governo nazionale di colpire il terzo settore. La storia è su tutti i giornali: l’aumento dell’IRES dal 12 al 24% contenuta nella manovra economica e finanziaria 2019 già approvata dal Senato e che dovrebbe essere approvata entro la fine dell’anno dalla Camera dei deputati per scongiurare il ricorso all’esercizio provvisorio.
Una mossa (che avrebbe dato allo Stato un gettito in più di 120 milioni di euro) che ha scatenato le ire del terzo settore, a cominciare dalla Cei, la Conferenza episcopale italiana. Sulla vicenda è intervenuto il vice premier, Luigi Di Maio, che si è impegnato ad eliminare l’aumento con un provvedimento ad ho a gennaio prossimo.
Ma cos’è il Terzo settore? E perché l’aumento dell’IRES al mondo del volontariato è sbagliato?
Cominciamo con la definizione: il terzo settore, o privato sociale, è costituito dalle organizzazioni di volontariato, ovvero le ONLUS, signa che sta per Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale), o associazioni di promozione sociale. Per dirla in breve, il Terzo settore identifica quegli enti che operano e si collocano in determinati settori della società che non riconducibili né al mercato né allo Stato. Ciò posto, è una realtà sociale, economica e culturale oggi complessa e in continua evoluzione.
Chi opera nel terzo settore non realizza guadagni. Paga, questo sì, i lavoratori. Svolge, a conti fatti, un’azione meritevole nella società. Anche se non mancano i furbi.
Prendiamo come esempio i centri che assistono i migranti. C’è chi svolge questo lavoro correttamente. Ma c’è chi lucra una barca di soldi, come ha dimostrato l’inchiesta su ‘Mafia Capitale’ a Roma. Dove uno dei protagonisti parla di un affare più lucroso dello spaccio di droga!
Insomma, con il No profit c’è chi ne ha approfittato arricchendosi. Ma questo non significa che bisogna generalizzare. Andrebbero effettuati i controlli: ed è quello che si sta facendo da qualche tempo a questa parte con chi gestisce i centri di accoglienza.
Proprio in queste ore, a Prato, come leggiamo in un lancio dell’ANSA, è stata scoperta una gestione poco corretta dell’assistenza ai migranti:
“Nessun servizio di pulizia, un pasto al giorno al posto dei tre previsti dalla convenzione e altre irregolarità. Queste le accuse che hanno fatto scattare gli arresti domiciliari per la presidente del consorzio che gestisce 8 centri di accoglienza straordinaria (Cas) per richiedenti asilo, a Prato e provincia, e l’interdizione per 9 mesi dalla professione per i due legali rappresentanti di una coop che fa capo allo stesso consorzio. Frode nelle pubbliche forniture l’ipotesi di reato al centro dell’inchiesta condotta dalla Digos di Prato e che ha portato all’emissione delle misure cautelari. Alla presidente del consorzio contestata anche l’accusa di minacce nei confronti di tre dipendenti del consorzio”.
Quello che avete letto non ha nulla a che vedere con il vero terzo settore che si occupa seriamente degli ultimi e lo fa, nella stragrande maggioranza dei casi, con grande abnegazione e grande professionalità, nell’interesse delle fasce deboli della società.
In questo senso ha fatto bene il senatore del Movimento 5 Stelle eletto in Sicilia, Steni Di Piazza, già al vertice di Banca Etica in Sicilia, a rilasciare al Corriere della Sera la seguente dichiarazione:
“Dobbiamo andare verso un sistema di incentivi fiscali che premiano solo chi fa attività veramente sociali e stiamo già lavorando in questa direzione per una riforma condivisa con le associazioni di settore. Noi vogliamo che il settore del non profit e del volontariato sia sostenuto da agevolazioni fiscali, ma soltanto per quelle attività che hanno un effettivo ritorno sul territorio, senza furbizie. In tal senso stiamo già lavorando in sede di riforma del Codice del terzo settore e a gennaio incontreremo il Forum del terzo settore, la Caritas e le principali organizzazioni di categoria”.
I furbi ci sono e vanno allontanati. Salvaguardando un settore che è diventato fondamentale in un’Italia dove crescono povertà e diseguaglianze.