I “rivoluzionari” non ci sono perché i Siciliani sapevano già che lo sbarco dei Mille a Marsala era una sceneggiata orchestrata dagli Inglesi. Anzi, per evitare rapine, violenze e stupri da parte dei garibaldini in cerca di ‘refurtiva’ ‘femmine’, in tantissime abitazioni di Marsala campeggia la scritta a caratteri cubitali: “ABITAZIONE INGLESE”. I garibaldini sapevano che non dovevano toccare le proprietà inglesi. E lo sapevano anche i marsalesi…
di Giuseppe Scianò
La prima giornata di Garibaldi a Marsala – Le porte sono sbarrate e le finestre sono chiuse. Parliamo un po’ più dettagliatamente della prima storica giornata di Garibaldi e dei suoi eroi a Marsala (11 maggio 1860), tenendo conto di ciò che realmente avvenne allora. E non di ciò che sarebbe stato inventato successivamente o che si continua ad immaginare ancora ai nostri giorni.
Dopo il fortunato sbarco, l’ungherese Türr, in avanscoperta con 50 volontari, esplora le adiacenze del porto. Così scrive il Fusco:
«La città sembra abbandonata. Non s’incontra un’anima. Finestre chiuse, porte sbarrate. Dove sono gli insorti di cui Crispi raccontava le prodezze? Marsala è un blocco di silenzio e di timore. Sulla banchina, schierati lungo il muraglione bigio della Ditta Ingham, gli uomini in camicia rossa sembrano zenzeri. Garibaldi li passa in rivista. Li elogia. Li accarezza con lo sguardo azzurro».(4)
Soltanto una bandiera italiana: quella di Giorgio Manin – A questo punto, Giorgio Manin, figlio dell’ultimo discusso doge di Venezia, Daniele (5) tira fuori dalla custodia di velluto nero il tricolore italiano e lo fa sventolare con un gesto teatrale. I volontari gridano in coro:
«Viva l’Italia».
Sono soltanto loro che si sgolano. L’importante è, però, che gli equipaggi Inglesi dell’Intrepid e dell’Argus li possano sentire. Cosa, questa, che avviene regolarmente.
Scopo raggiunto, quindi. Ne parleranno quasi tutti i giornali d’Europa. Intanto le navi Duosiciliane possono sparare qualche altro colpo di cannone. È una brutta sorpresa. Molta paura per i Garibaldini che temono che il gioco delle parti sia terminato. Ma tutto torna a funzionare. Gli Inglesi faranno smettere dopo poco.
Qualche attimo di sgomento, quindi, nient’altro. Garibaldi, fra Bixio e Sirtori, può così avanzare verso il centro della cittadina lilibetana.
«Non un’ombra, non un rumore», sottolineano ancora il Fusco e tanti altri autori che si sono occupati di questa vicenda.
Le porte di casa vengono chiuse e le finestre altrettanto. Sulle une e le altre sono ben visibili cartelli sui quali è scritta a caratteri ben visibili:
«DOMICILIO INGLESE».
Nino Bixio indignato… – Bixio è indignato. Si lamenta del fatto che non s’incontri neppure un Siciliano. Il Generale Garibaldi, in vena di ironia, gli indica due bambini, fratello e sorella, che guardano con gli occhi spalancati la scena di quegli stranieri che si avvicinano.
«Ecco due rappresentanti del Popolo Siciliano che ci danno il benvenuto», dice. I bambini sono apparsi neri neri agli occhi di quanti descriveranno quella scena. Ma Bixio non li ha in simpatia, li guarda di traverso e borbotta qualcosa nei loro confronti in dialetto genovese.
«Non deve essere stato un complimento», commenta il Fusco.
La frase «DOMICILIO INGLESE», scritta sui cartelli nelle abitazioni private delle città della Sicilia e collocati alle porte e alle finestre serviva ad evitare violenze, soprusi, stupri, rapine ed altro da parte delle truppe garibaldine. E anche di quei combattenti che di volta in volta si aggregavano.
Da questi cartelli si evince che i Siciliani conoscevano bene come stessero le cose e che avevano compreso perfettamente che i Garibaldini e gli Inglesi sostenevano in perfetta combutta l’occupazione e l’intera operazione Unità d’Italia.
I primi a capirlo ovviamente furono i Marsalesi.
Fra le cinque e le sei del pomeriggio, i Garibaldini entrano in municipio. Svuotano le casse comunali. Si impadroniscono del Palazzo del Municipio. Garibaldi scrive un proclama al «generoso popolo Siciliano».
Il Sindaco e gli assessori fanno buon viso a cattiva sorte.
«Alcuni cittadini (solo uomini) cominciano a riunirsi, cautamente, davanti al palazzo comunale», scrive ancora il Fusco. Nessun bagno di folla, dunque.
Eppure lo sbarco è già avvenuto da un pezzo.
A questo punto è necessario parlare di un episodio secondario e del tutto marginale, ma che tuttavia, nel suo piccolo, è utile per comprendere meglio l’aria che tira in quel di Marsala.
I carcerati liberati e assoldati dai garibaldini – Nel modesto carcere mandamentale, rimasto pressoché in balìa di se stesso, ma con qualche pacifico custode di turno, i detenuti in attesa di giudizio sono in tutto quattordici persone, accusate di piccoli reati. I poveracci vengono subito liberati dai Garibaldini e spacciati per detenuti politici e per rivoluzionari. È un’occasione da non perdere per i liberatori.
I quattordici non fanno in tempo a riprendersi dalla meraviglia che vengono pure vestiti in camicia rossa ed armati di schioppo. Ed ovviamente vengono pure arruolati, come volontari, nell’Armata Garibaldina. Anzi, nel glorioso Corpo dei «Cacciatori delle Alpi». Vedremo fra non molto come andrà a finire.
Intanto, però, la piccola messa in scena diventa la migliore risposta che Garibaldi pensa di dare a quanti si sono accorti che i cittadini di Marsala, dimostrando una grande dose di coraggio, gli hanno praticamente chiuso la porta in faccia (6). E che, addirittura, lo hanno sbeffeggiato quando hanno posto sulle porte di casa le tabelle domicilio inglese o le bandiere britanniche, facendogli capire che sanno bene chi realmente comandi. Non sono affatto fessi i Marsalesi ed i Siciliani in genere, né selvaggi, né beduini, come pensano Bixio e tanti altri ancora.
Il Console Inglese si fa in quattro… – Ed è soprattutto, quella dell’11 maggio, una giornata caratterizzata da un continuo via vai di ufficiali, di agenti e di emissari Inglesi. Il loro Console si fa letteralmente in quattro. Alla potente e prestigiosa Comunità Britannica di Marsala rimane sempre il merito di essere l’unica a festeggiare Garibaldi e, talvolta, ad applaudirlo.
A margine degli avvenimenti storici, qualche piccolo problema di tentate molestie da parte di alcuni Garibaldini nei confronti di ragazze marsalesi comincia a sorgere, ma viene risolto sul nascere. Bixio, infatti, agisce energicamente. E ripete il sermone che ha già fatto prima dello sbarco. Ed è più che chiaro quando urla parolacce feroci e razziste contro i Siciliani. Fa comprendere ai Garibaldini più intraprendenti che «Qui non siamo in Continente». Si comportino bene, dunque, se non vogliono rimetterci la testa. E non solo quella…
Avviene così che i Garibaldini si comporteranno bene, almeno sotto questo aspetto, per i primi giorni della loro impresa.
Il Governo di Torino continua a recitare e a far finta di niente. Mentre tutto ciò avviene a Marsala, le autorità del Regno Sabaudo, da Torino a Firenze, diramano finti ordini di bloccare Garibaldi e di impedire eventuali spedizioni di sostegno. Fingono, cioè, di non essere a conoscenza di ciò che esse stesse hanno organizzato e continueranno ad organizzare. Sono, infatti, già in fase di mobilitazione altre spedizioni, via mare, di truppe volontarie.
E non soltanto dalla Liguria e dalla Toscana, ma anche da Malta. Sono stati, altresì, ingaggiati alcuni battaglioni di mercenari stranieri ben addestrati e di provata ferocia.
È notte, intanto. Soprattutto a Marsala. Il Duce dei Mille può, a sua volta, fare sogni tranquilli nel Palazzo Fici-Sarzana. Chi ben comincia…
Fine della sesta puntata/Continua
(4) G. Fusco, op. cit., pag. 29.
(5) Daniele Manin, dopo i fatti del 1848, aveva deciso di rinunziare all’ipotesi di rinascita della gloriosa Repubblica di Venezia, alla quale per la verità aveva sempre creduto ben poco e che aveva usato strumentalmente in funzione antiasburgica, per poi «servire» Vittorio Emanue- le di Savoia ed i suoi discendenti. Anche il Manin è un «politico» che agisce sostanzialmente nell’ambito del grosso progetto unitario inglese.
(6) Della presenza a Marsala di Garibaldi e del contesto siciliano, nel quale la Spedizione dei Mille si muove, ci parla ancora in termini abbastanza chiari Cesare Cantù che così descrive i fatti:
«…da Marsala Garibaldi proclamò: “chi non brandisce un’arma è un codardo ed un traditore della patria; qualunque arma è buona purché impugnata da un valoroso; all’armi tutti; la Sicilia insegnerà come si libera un paese dagli oppressori per la volontà di un popolo unito!” ma vi trovò scarsa accoglienza; dovè pagare tutto a soldo e quattrini e fin dieci soldi l’uno le uova. Benché decretasse la formazione di un esercito siculo, non d’un sol uomo s’accrebbe il suo immortale drappello; sicché appariva un’invasione, una conquista estranea al paese! Bisogna dare, dunque, importanza a quelle poche squadre che duravano in armi nell’interno dell’isola, e vi mandò ordine che li raggiungessero mentr’egli s’avviava verso Milazzo. Fino a Calatafimi non ebbe né cibo né aiuti, né cure e le poche squadre trovatesi a fronte della truppa regolare, ricusarono combattere».
Il grande storico italiano Cantù, come si vede, evidenzia che la Spedizione dei Mille appariva ai Siciliani come una «conquista esterna» alla Sicilia e al Regno delle Due Sicilie (vedi in proposito Vittorino Cosentino di Rondè, Il fondamento storico dell’attuale agitazione siciliana, Ed. La Capitale, Roma, 1946, pag. 185).
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