Chi ha vissuto negli anni ’80 del secolo passato sa qual è stato il ruolo svolto in Sicilia, nel mondo dei grandi appalti, dalla Gas spa. Una società che, per oltre vent’anni, fino ai primi anni del 2000, non è mai stata sfiorata. Era il vero potere, all’ombra di alcuni politici di quegli anni che, in quegli anni, nella nostra Isola, facevano il bello e il cattivo tempo. Ricostruiamo la storia di questa società, per grandi linee, partendo da un articolo di ‘Live Sicilia’ firmato da Riccardo Lo Verso
Certe volte la storia ritorna. Non sempre, sia chiaro. Ma quando ritorna – soprattutto se a riportarla a galla sono i magistrati – l’effetto è spesso dirompente. Così, in queste ore, torna in auge una storia siculo-spagnola che affonda le radici alla fine degli anni ’70, quando si comincia a parlare di soldi della mafia finiti in parte a Milano e, in parte, in Spagna. In questo articolo noi ci occupiamo della parte ‘spagnola’. E’ la storia della Gas spa (Gas sta per Gasdotti azienda siciliana) che negli anni ’80 del secolo passato, in Sicilia, significava tante cose.
Partiamo dal titolo dell’articolo di Live Sicilia:
“Brancato, i boss e l’affare del gas, confisca da 50 milioni di euro”.
Brancato era Ezio Brancato, un funzionario della Regione siciliana che, alla fine degli anni ’70 del secolo passato, lavorava negli uffici dell’assessorato all’Agricoltura. Brancato è stato uno dei due soci storici della Gas spa (l secondo era il professore Gianni Lapis, avvocato tributarista e docente universitario), una società che ha portato il metano nei Comuni di mezza Sicilia.
Questa è già la prima anomalia di questa storia. Perché la metanizzazione, in Sicilia, avrebbe dovuto essere effettuata dalla Siciliana Gas, società che faceva capo per il 50% all’ENI e per il 50% all’Ente Minerario Siciliano. Solo che i partiti politici dell’epoca – tutti ad eccezione del Movimento Sociale Italiano, forza politica che non verrà mai coinvolta in questa storia – decisero che una parte della metanizzazione dei Comuni siciliani doveva passare per un’altra società che sarebbe stata – e infatti così è stato – ‘a disposizione’ di tutti.
Per la cronaca, la Gas spa ha operato in Sicilia – indisturbata – fino ai primi anni del 2000, quando sono cominciati i guai: indagini giudiziarie, sequestri e oggi la confisca.
“La stragrande maggioranza dei beni viene confiscata. Solo una parte torna agli eredi di Ezio Brancato, socio di Vito Ciancimino negli affari del Gas. Il provvedimento emesso due giorni fa dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo (composta dal presidente Raffaele Malizia e dai giudici Luigi Petrucci e Giovanni Francolini) riguarda la moglie di Brancato, Maria D’Anna, e le figlie Monia e Antonella. Le prime due sono considerate ‘socialmente pericolose’, mentre non lo è Antonella Brancato ‘poiché non risulta avere svolto alcun ruolo gestorio nelle imprese del gruppo Gas’, non si è ‘relazionata con esponenti mafiosi’ e non le si può ‘imputare alcuna condotta funzionale agli scopi di Cosa nostra’. Circostanze che vengono, al contrario, contestate alla madre e alla sorella”.
Maria D’Anna, moglie di Ezio Brancato, e la figlia Monia entrano in scena nel 2000, quando muore improvvisamente Ezio Brancato. Ereditano la parte della società che faceva capo al marito. E da lì cominciano i problemi.
Live Sicilia fa un preciso richiamo a Vito Ciancimino, corleonese, classe 1924, che non ancora ventenne faceva da interprete agli ufficiali dell’AMGOT (Allied Military Government of Occupied Territories, l’Amministrazione militare alleata che nel 1943 occupava la Sicilia durante la seconda guerra mondiale. Ciancimino farà carriera nella DC, intrattenendo rapporti con i più noti esponenti della Democrazia Cristiana del secondo dopoguerra, a cominciare dall’allora Ministro siciliano Bernardo Mattarella.
Più volte assessore comunale negli anni ’60 quando sindaco della città era Salvo Lima, Ciancimino è stato il protagonista del ‘Sacco’ di Palermo: abbandono del Centro storico ed espansione del cemento in quella che era allora la Conca d’oro di Palermo.
Nonostante le ripetute segnalazioni nella prima Commissione Antimafia del Parlamento nazionale (prima Commissione Antimafia che lavorerà ininterrottamente dal 1962 al 1976) circa i rapporti tra Ciancimino e la mafia (segnalazioni che portano soprattutto la firma di Cesare Terranova e Pio la Torre, entrambi assassinati), lo stesso Ciancimino rimarrà ai vertici della Dc di Palermo, dove, per anni, occuperà il ruolo di responsabile degli enti locali del partito.
Live Sicilia scrive che Ezio Brancato era “socio di Ciancimino negli affari del Gas”. In effetti, nei primi anni ’80 si diceva che la Gas spa fosse il frutto di un’intuizione politica di alcuni democristiani e socialdemocratici dell’epoca: il già citato Ciancimino, Salvo Lima e il professore Gianni Lapis, che era un autorevole rappresentante del PSDI.
Come già ricordato, la Gas spa ha iniziato a lavorare nei primi anni ’80, in un periodo in cui Cosa Nostra dettava legge nei lavori pubblici della Sicilia. Nel corso degli anni ha portato il metano in oltre 70 Comuni dell’Isola. E ha lavorato anche in Abruzzo.
Per ciò che riguarda la Sicilia erano gli anni dei “tavoli e tavolini”, vicende ricostruite da Angelo Siino, uomo di spicco dell’onorata società che le cronache di fine anni ’80 definivano il “Ministro dei lavori pubblici di Totò Riina”, per la sua grande conoscenza del mondo degli appalti (che ovviamente venivano in buna parte ‘pilotati’: oggi invece è tutto a posto…).
Di quegli anni si ricorda una formula linguistica piuttosto efficace: “La messa a posto dei cantieri”. Ovvero: se gli imprenditori pagano il ‘pizzo’ alla mafia i cantieri erano “a posto”, se non pagavano i cantieri “non erano a posto” e succedevano cosa spiacevoli…
Non ci chiedete se i cantieri della Gas spa erano “a posto” o “fuori posto”: siamo certi che alla risposta arriverete da soli…
Avendo lavorato per oltre due decenni i titolari della società debbono aver accumulato un discreto patrimonio.
“Il cuore delle indagini patrimoniali – scrive sempre Live Sicilia – riguarda la Gasdotti azienda siciliana. La cassaforte dei mafiosi l’avevano definita i giudici della Corte di Cassazione nella sentenza sul tesoro di don Vito Ciancimino, interfaccia di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Dopo i soldi dell’ex sindaco e del tributarista Gianni Lapis, la Procura di Palermo nel 2013 ottenne il sequestro del tesoro dei Brancato. Un patrimonio costituito da società, attività commerciali, immobili di lusso e disponibilità finanziarie del valore stimato in poco meno di 50 milioni di euro”.
Nel 2004, quando l’atmosfera, in Sicilia, era diventata pesante, la società è stata venduta agli spagnoli della Gas Natural.
E poi? E poi è storia di questi anni:
“Il figlio di don Vito, Massimo Ciancimino – scrive sempre Live Sicilia – negli anni trascorsi fra processi e interrogatori, prima di essere arrestato e prima di vedere la sua credibilità picconata, raccontò che parte del patrimonio della società del gas era riconducibile a Brancato, funzionario regionale morto nel 2000 e a cui subentrarono gli eredi. Un nome pesante, visto che si tratta dell’ex consuocero dell’ex procuratore nazionale antimafia Giusto Sciacchitano”.
Qui non siamo molto d’accordo con Live Sicilia, perché le dichiarazioni rese da Massimo Ciancimino nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia sono state importanti. Superfluo ricordare che il processo sulla trattativa tra Stato e mafia si è concluso con le condanne per alcuni dei protagonisti di questa non esaltante stagione politica: condanne inflitte a politici, uomini dello Stato e boss mafiosi (COME POTETE LEGGERE QUI).
“Secondo l’accusa, la vendita agli spagnoli (della Gas spa ndr) avrebbe permesso agli eredi dell’imprenditore di ‘ripulire’ gli ingenti proventi acquisiti grazie all’appoggio di Cosa Nostra nella creazione di una galassia societaria e nell’acquisto di immobili. L’inchiesta si è avvalsa delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia come Giovanni Brusca, Vincenzo Ferro, Antonino Giuffrè”.
Il riferimento alla “galassia societaria” è corretto: i titolari della Gas spa, infatti, quando prendevano una commessa in un paese della Sicilia erano soliti costituire una società apposita. Mossa che consentiva alla holding (cioè alla gas spa) di ‘interfacciarsi’ direttamente con le realtà locali, sia nei rapporti con eventuali imprese del luogo, sia nei rapporti con i politici del luogo.
Nel 2016 un filone investigativo ha portato gli inquirenti nel principato di Andorra dove sono stati sequestrati circa 6 milioni di euro.
Live Sicilia riporta l’elenco dei beni che sono stati confiscati e dei beni che sono stati restituiti.
QUI L’ARTICOLO DI LIVE SICILIA SULLA VICENDA GAS SPA
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