Prendiamone atto: al di là delle parole, il Movimento 5 Stelle ha mollato il Sud: niente battaglia contro la TAP, niente battaglia contro l’ILVA, niente battaglia contro il Muos, niente battaglia in difesa degli agricoltori, grano duro in testa. E non è da escludere che, spinti dalla Lega di Salvini, che difende i grandi appalti del Nord, ceda anche sulla TAV. Serve una nuova alleanza politica tra Nord e Sud che vada oltre Gramsci
Antonio Gramsci teorizzava un’alleanza tra i contadini del Sud e gli operai del Nord. Oggi – anche alla luce di quanto sta avvenendo in Francia, dove il movimento dei ‘Gilet Gialli’ è in lotta non solo contro il ‘Pupazzo’ di banche e finanza, ma contro l’Europa del rigore economico demenziale – bisognerebbe aggiornare una possibile alleanza, provando a mettere insieme un fronte unico per una nuova proposta di governo.
L’esempio viene da due manifestazioni celebrate ieri: la piazza dei NO TAV a Torino e la sfilata dei NO Muos a Niscemi, qui in Sicilia. Due situazioni diverse, legate da un denominatore comune: la lotta per libertà e per un governo del territorio che metta al centro gli interessi reali della popolazione e non gli appalti miliardari della TAV e le armi americane in Sicilia.
E poiché, alla fine, si tratta di tutelare il territorio, altre due importanti battaglie sociali non possono non entrare in questa alleanza: la lotta per chiudere definitivamente l’acciaieria dell’ILVA a Taranto e il no secco al gasdotto della TAP che dovrebbe sventrare il Salento.
Riflettendoci, sono battaglie che il Movimento 5 Stelle ha iniziato e poi abbandonato. Ieri, a Torino, c’erano esponenti grillini. Ma non sappiamo se l’attuale Governo nazionale riuscirà a mantenere l’impegno sul No alla TAV, perché la Lega di Matteo Salvini, sull’alta velocità – o meglio, sugli appalti miliardari dell’alta velocità, perché di ‘picciuli’ alla fine si tratta – ha stessa posizione di PD e Forza Italia.
Insomma: tutto lascia pensare che il Movimento 5 Stelle mollerà anche i NO TAV, così come ha mollato gli abitanti di Taranto che chiedono la chiusura dell’ILVA, così come ha mollato i pugliesi che lottano per salvare gli uliveti del Salento, così come ha mollato i NO Muos, così come ha mollato gli agricoltori del Sud Italia massacrati dalla globalizzazione dell’economia e, in particolare, i produttori di grano duro, lasciati alla mercé degli speculatori del prezzo al ribasso.
Certo, il Movimento 5 Stelle si ritrova contro l’Europa dell’euro. E con una Lega che controlla il Ministero delle Politiche agricole contro il Sud. Ma avere abbandonato il Mezzogiorno – dove peraltro ha preso la maggior parte dei voti – non ci sembra una trovata geniale da parte dei grillini. E non si tratta di mera tattica politica, se è vero che in una delle più importanti Regioni del Sud – la Sicilia – i grillini hanno proposto un ‘Patto di governo’ con un governo che è stato eletto con i voti degli “impresentabili”.
La verità è che i grillini sono sempre meno credibili, dalle Alpi alla Sicilia. E allora bisogna pensare a un’alternativa. E un’alternativa, vista dal Sud, non può che partire dal rilancio della questione meridionale. Cominciando a riflettere sui danni che il ‘mito’ che la grande industria ha prodotto nel Mezzogiorno, dalla già citata acciaieria dell’ILVA a Taranto ai disastri ambientali, sociali ed economici di Priolo, Melilli, Milazzo, Gela e della Valle del Mela in Sicilia.
Ci sono varie realtà che, in Italia, bisogna cercare di mettere assieme. La difesa dell’ambiente al Nord, da parte dei valorosi NO TAV, è una battaglia simile a chi vuole liberare Taranto dall’inquinamento dell’acciaieria dell’ILVA e da chi, in Sicilia, si batte contro gli effetti deleteri della chimica ‘pesante’ che ha distrutto l’ambiente.
In questa battaglia di civiltà trova spazio l’agricoltura. Salvare il grano duro, gli oliveti, gli agrumeti e, in generale, l’ortofrutta, significa salvare l’Italia – tutta l’agricoltura italiana – da chi oggi sta provando a distruggerla facendo arrivare nel nostro Paese il grano duro canadese ‘tossico’, il grano tenero (che arriva soprattutto nel Centro Nord) di pessima qualità, la passata di pomodoro cinese, l’olio d’oliva tunisino spacciato per italiano e via continuando con l’ortofrutta prodotta chissà dove e chissà come.
La banda di pescecani della finanza globale, dopo aver ‘finanziarizzato’ l’economia mondiale, ha capito che le uniche cose che contano davvero sono legate alla terra. E siccome l’agricoltura italiana – legata al paesaggio italiano – fa gola a molti, ecco l’assalto agli agricoltori del nostro Paese.
In questo senso il CETA – l’accordo commerciale tra UE e Canada – dal punto di vista di chi deve fare a ‘pezzi’ l’Italia è geniale. Favorire, ad esempio, chi produce certi formaggi del Nord, creando corsie di mercato preferenziali verso il Canada, dà momentanei benefici economici agli industriali del formaggio, ma – contemporaneamente – ammazza gli allevatori.
Tra l’altro, i presunti ‘benefici’ del CETA favoriscono solo gli industriali legati all’agricoltura del Centro Nord e finiscono di uccidere, in prima battuta, gli agricoltori del Sud.
Per chi non l’avesse ancora chiaro, il progetto dei pescecani della finanza è quello di distruggere prima l’agricoltura del Sud: questo spiega il prezzo bloccato del grano duro a 18 euro al quintale da due anni e il contestuale, martellante arrivo di grano duro estero.
I segnali ci sono tutti, se è vero che 600 mila ettari di seminati del Sud sono stati abbandonati e se, piano piano, sono cominciate, già dai tempi del Forconi, le aggressioni alle abitazioni e ai terreni degli agricoltori siciliani.
I pescecani della finanza globale sono convinti che in Sicilia gli agricoltori non reagiranno, perché sono divisi e perché i Forconi del gennaio del 2012 sono solo un ricordo. Non è il caso di cominciare a deluderli?
Foto tratta da romasette.it