Questa è la regola generale che vale ovunque. Nel Sud Italia e in Sicilia la Grande distribuzione organizzata ha contribuito a marginalizzare i prodotti agricoli freschi e trasformati del nostro territorio per imporre produzioni estere e del Centro Nord Italia. Cosa fare per difendersi e per difendere la nostra salute, la nostra agricoltura e, in generale, la nostra economia. L’esempio del ‘Gilet Gialli’ in Francia che combattono anche contro i grandi centri commerciali, Il disastro-Palermo
Dicono che il Sud Italia, piano piano, cominci a ribellarsi, provando a contrastare la ‘colonizzazione’ agroalimentare in corso nel nostro Paese. Su questo fronte non sappiamo molto, se non i primi segnali di una tendenza positiva della quale ci racconterà alcune cose tra qualche giorno Domenico Iannantuoni. Noi, oggi, cercheremo di illustrare il perché la Grande distribuzione organizzata è il mezzo attraverso il quale il liberismo economico oggi imperante nell’Unione Europa dell’euro ‘colonizza’ i Paesi più fragili, distruggendone l’agricoltura e il commercio locali e imponendo prodotti che arrivano da chissà dove di qualità scadente.
Tra i punti qualificanti che i ‘Gilet Gialli’ intendono realizzare le loro programma di governo ce n’è uno che riguarda proprio il rapporto tra economia e territorio:
“Promuovere le piccole imprese nei villaggi e nei centri urbani. Fermare la costruzione di grandi aree commerciali intorno alle principali città che uccidono le piccole imprese. Più parcheggi gratuiti nei centri urbani”.
QUI UN ARTICOLO CON TUTTE LE RICHIESTE DEI ‘GILET GIALLI’
Detto per inciso, la rivolta dei ‘Gilet Gialli’, in Francia, non è una rivolta contro il caro-carburante, come hanno cercato di farci credere: è una lotta contro le follie della globalizzazione dell’economia per cacciare chi la impersona: ovvero Macron, messo a capo di questo Paesi dalla finanza globale.
Abbiamo citato i ‘Gilet Gialli’ perché quella in corso è una protesta importante, che tocca i temi sociali veri del nostro tempo. E uno di questi temi è la lotta alla Grande distribuzione organizzata che ‘strozza’ l’economia dei Paesi per fare posto alla follia del profitto globale.
La Grande distribuzione organizzata si muove in un’ottica globale. E’ una continua ‘guerra’ tra gruppi diversi, di nazionalità diverse, che si combattono presentando al pubblico prodotti a prezzi sempre più competitivi.
Apparentemente questo dovrebbe favorire i consumatori, che nella ‘guerra’ tra le tante sigle della Grande distribuzione organizzata dovrebbero guadagnarci, perché avranno a disposizione prodotti a prezzi sempre più bassi. In realtà, questo è vero solo in parte. E, soprattutto, non tiene conto di un elemento fondamentale: la qualità.
Proviamo a illustrare cosa succede nell’agroalimentare.
QUADRO GENERALE – La Grande distribuzione organizzata nell’agroalimentare gode di un grande vantaggio iniziale: consente ai consumatori di acquistare tutti i prodotti in un solo luogo. Invece di recarsi nelle carnezzerie, nei negozi che vendono frutta e verdura, nei panifici (gli unici che resistono) e via continuando, il grande centro commerciali offre tutti questi prodotti in un solo luogo.
Ma che prodotti offre? Siccome, là dove arriva la Grande distribuzione organizzata, la prima cosa che avviene è la crisi del commercio locale, chi vende i prodotti agroalimentari deve passare per la Grande distribuzione organizzata. Che impone ai produttori – siano essi agricoltori o piccole e grandi industrie di trasformazione dei prodotti agricoli – prezzi sempre più bassi.
Gli agricoltori non sempre si possono difendere. Anche perché l’Unione Europea dell’euro, che è al servizio del commercio globale, ha praticamente abolito in buona parte il ‘Principio delle preferenza comunitaria’ (cioè la tutela dei prodotti europei), consentendo una sorta di ‘invasione’ di prodotti agricoli freschi e trasformati dal resto del mondo.
Stiamo illustrando il fenomeno che i lettori dei I Nuovi Vespri conoscono bene: la scientifica distruzione dell’agricoltura siciliana. La Grande distribuzione organizzata non svolge alcuna funzione sociale: deve fare soldi e basta. Da qui il ‘festival del disastro’.
ARANCE – Se le arance del Marocco – dove il costo del lavoro in agricoltura è molto più basso che in Italia – e le stesse arance costano molto meno che nel nostro Paese (cioè in Sicilia e Calabria, dove si concentra oltre l’80% della produzione di arance italiane), la Grande distribuzione organizzata acquista e impone ai consumatori le arance marocchine.
POMODORI FRESCHI E TRASFORMATI – La Grande distribuzione organizzata ci propone pomodori ‘splendenti’ e polpa e passata di pomodoro per tutti i gusti. In realtà, in Italia – a parte il Centro Italia – il pomodoro è in crisi. Il pomodoro è una coltura del Sud ed è in crisi perché siamo letteralmente invasi da pomodori freschi e passata e polpa di pomodoro che arriva per lo più dalla Cina.
Giornali e Tv ci propongono ‘scandalizzati’ il lavoro nero e il ‘caporalato’. Dimenticando di aggiungere che, senza il lavoro nero il pomodoro nel Sud sarebbe già scomparso. E infatti va scomparendo. Resiste, là dove si organizza, il pomodoro in serra (Pomodorino Ciliegino e Datterino di Pachino e dintorni). Ma il pomodoro di pieno campo va scomparendo. Perché il costo del lavoro nel Sud Italia è molto più alto rispetto alla Cina e al Nord Africa.
INVASIONE DELL’OLIO D’OLIVA – La stessa cosa per l’olio d’oliva extra vergine. Assistiamo, in questi giorni che annunciano il Natale a scene paradossali. L’olio d’oliva extra vergine italiano che, a causa della basse produzioni, non può costare meno di 8-10 euro a bottiglia di un litro (più 10 euro che 8).
Ma la Grande distribuzione organizzata propone olio d’oliva extra vergine ‘italiano’ a 5 euro, a 4 euro, anche a 3 euro a bottiglia. E’ una presa in giro, in rimo luogo perché, quest’anno, la produzione ha subito perdite del 50-60%!
Lo stesso discorso vale per l’ortofrutta siciliana, per i legumi, per la frutta secca e per tanto altro ancora.
Gli agricoltori locali non possono competere con i prodotti agricoli che arrivano dalla Cina, dall’Asia, dal Nord Africa. Non a caso, come già ricordato, i ‘Gilet Gialli’ vogliono promuovere le “piccole imprese nei centri urbani e nei villagi”, proponendo, in pratica, il cosiddetto ‘Km zero’, che è fumo negli occhi per la Grande distribuzione organizzata.
IL TRAMONTO DELL’AGRICOLTURA SICILIANA – Tornando alla nostra illustrazione, l’agricoltura locale – cosa che sta avvenendo in Sicilia – non regge: perché non può vendere le arance, la verdura e le frutta sotto costo. Così gli agricoltori entrano in crisi, non riescono a pagare i debiti con le banche e vengono ‘aggrediti’ dai creditori: quello che sta succedendo nel Siracusano e nel Ragusano.
Nel frattempo, avendo ridotto alla fame gli agricoltori locali, la Grande distribuzione organizzata acquista i prodotti a prezzi stracciati dai Sud del mondo, dalla Cina e dall’Asia e li impone ai consumatori.
Così sulle nostre tavole arrivano prodotti sempre più scadenti. Come la pasta industriale prodotta con i grani duri esteri, spesso di pessima qualità, e persino il pane prodotto con grano che arriva da chissà dove (IERI VI ABBIAMO RACCONTATO COME IN ABRUZZO AUTORITA’, AGRICOLTORI E COMMERCIANTI STANNO INTERVENENDO PER VALORIZZARE I GRANI LOCALI NELLA PRODUZIONE DEL PANE).
Ieri, a Palermo, il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, ha ‘magnificato’ la sua azione in un anno di Governo. Ma ha dimenticato di spiegare perché si è rimangiato l’impegno che aveva preso con gli elettori siciliani in campagna elettorale: controllare la salubrità del grano estero che arriva nella nostra Isola, per lo più con le navi cariche di grani ammuffiti. Al resto pensa la disinformazione. E’ vero, presidente Musumeci?
Ma non ci sono solo pane e pasta prodotti chissà come: è così per l’olio d’oliva extra vergine ‘italiano’ (ma dove sono andati a prenderlo se la produzione di quest’anno è minima?), per i pomodori freschi, per la passata di pomodoro, per la polpa di pomodoro, per gli ortaggi, per le arance, per i mandarini e via continuando.
E’ un disastro pressoché totale: prezzi di solito bassi e prodotti scadenti. Agricoltori alla fame, distruzione sistematica dei piccoli negozi artigianali. trionfo dell’incultura alimentare.
In Sicilia il paradigma di questo disastro sociale, economico, commerciale e alimentare è Palermo.
A Palermo, nel silenzio generale, è scomparso il mercato storico della Vucciria, che era, tradizionalmente, il mercato del pesce locale, ma anche della frutta, della verdura, delle carni e dei formaggi locali.
A pochi metri dove un tempo sorgeva la Vucciria si ‘staglia’ oggi un grande centro commerciale tedesco. Nulla contro i tedeschi, però questo è il segno dei tempi. Andate a verificare di persona quanti sono i prodotti siciliani in vendita in questi centri commerciali.
Ed è solo l’inizio. Nel Centro storico di Palermo, dopo aver eliminato, in un modo o nell’altro, i negozi storici, arriveranno i grandi centri commerciali e il Tram… Alla faccia dell’agricoltura locale! Il tutto con la ‘sinistra’ al Governo della città di Palermo…
Cosa fare per difendersi? Acquistare prodotti locali. Sostenere la nostra agricoltura con i mercati locali. Acquistando prodotti delle nostre zone. frequentando sempre meno i grandi centri commerciali. Qualche novità, nel Sud Italia, si comincia a registrare. Ma di questo ne parleremo in un prossimo articolo.
Foto tratta da erpitaliaservizi.it
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