Dopo la visita al Museo Mineralogico, oggi Domenico Iannantuoni ci porta in giro per i sotterranei di Napoli. Una storia che comincia circa 5 mila anni fa e che arriva fino ai nostri giorni
di Domenico Iannantuoni
Anche questo venerdì il maestro Riggio ci portò a fare una gita
altrettanto stupenda rispetto a quella del Mineralogico.
Facemmo un percorso all’indietro nel tempo…agli albori della
nostra Civiltà.
L’incontro tra tutti noi fu stabilito per le ore 9 in Piazza San
Gaetano, che è una piazzetta prospiciente Via dei Tribunali.
In questa occasione venne anche il nostro Direttore che si
mischiò fra noi ragazzi e stette anche lui attentissimo alla lezione
di Riggio.
– Sig. Direttore…- Proferì Riggio – venga pure vicino a
me!-
– Neanche per idea…- Rispose il Direttore. – Voglio stare
in mezzo ai miei ragazzi, mi sento meglio…più a mio
agio.- Detto questo mi vide che eravamo vicini e si
attaccò al mio braccio, chiedendomi:
– Tu come ti chiami?-
– Francesco…- Risposi
– Ottimo disse lui, vuoi essere mio compagno in questa
visita?-
– Certamente sì!- Gli risposi…e credo diventammo anche
amici dopo quella giornata.
Il personale che ci accompagnava era dotato di torce e lucerne
protette ed erano sei persone. A noi ragazzi, a quelli più alti,
distribuirono una torcia ogni cinque ragazzi già accesa e ci
organizzarono in doppia fila indiana per iniziare l’esplorazione
di queste meravigliose vetustà.
Prima di scendere il maestro Riggio ci diede alcune spiegazioni:
– Cari ragazzi, Sig. Direttore, oggi visiterete un luogo che
nemmeno la più fervida immaginazione vi avrebbe fatto
pensare: Napoli Sotterranea. Voi dovete pensare che
gran parte della nostra Città è costruita con il materiale
ricavato nel sottosuolo della medesima e pertanto
possiamo affermare che le caverne, gli anfratti ed i
percorsi che tra poco percorreremo insieme
rappresentano di fatto il “negativo” di ciò che all’esterno
la nostra città mostra agli occhi di tutti. Il “tufo” è questo
materiale, questa roccia piroclastica magmatica. Da noi,
qui a Napoli, è particolarmente diffuso il “tufo giallo”
formatosi dalla cenere vulcanica di colore biancastro,
detta pozzolana. Essa si formò tra i 35.000 e 10.000 anni
fa, nel secondo periodo Flegreo. Il cratere da cui emerse
questo “tufo”, con centro in Pozzuoli, è compreso tra
Posillipo, Camaldoli, Quarto, San Severino, Cuma e il
Monte Procida.
– Ora con silenzio iniziamo ordinatamente la nostra
discesa.
Mentre scendevamo pian piano il silenzio ebbe il sopravvento,
e si udivano solamente i rumori dei passi ed il nostro respiro
rimbombava nelle orecchie. Il direttore scendeva accanto a me
e portava lui la torcia. Le luci dei nostri lumi creavano fasci
ondeggianti che venivano riflessi diversamente dalle pareti a
seconda della loro costituzione e del loro taglio.
Trovato un anfratto abbastanza vasto da contenere tutta la nostra
scolaresca, il maestro Riggio si fermò ed alzò la sua torcia sopra
di noi e poi disse:
– Ragazzi, dovete sapere che i primi manufatti di scavi
sotterranei risalgono a circa 5.000 anni fa, quasi alla fine
dell’era preistorica.-
– Uohhhhhh…!- Esclamammo in molti nel sentire questa
notizia.
– Successivamente, nel terzo secolo a.C., i Greci aprirono
le prime cave sotterranee per ricavare i blocchi di tufo
necessari alla costruzione delle mura e dei templi della
loro Neapolis e scavarono numerosi ambienti per creare
una serie di ipogei funerari. Tra questi, vi cito le
famosissime Catacombe di San Gennaro per le quali,
con il permesso del Direttore, vorrei organizzarvi una
visita insieme a quella del cimitero delle Fontanelle…se
Iddio vorrà.
Io guardai la faccia del direttore che mi sembrava simile ad un
“belzebù” avendo egli la torcia che lo illuminava un po’ dal
basso, e vidi che assentiva alle parole del maestro. Ne fui felice.
Il maestro riprese:
– Però ragazzi, lo sviluppo imponente del reticolo dei
sotterranei iniziò in epoca romana; in epoca Augustea
dotarono la Città di gallerie viarie e soprattutto di una
rete di acquedotti complessa, alimentata da condotti
sotterranei provenienti dalle sorgenti del Serino, a 50
miglia dal centro di Napoli. Altri rami dell’acquedotto
di età augustea arrivarono fino a Miseno, per alimentare
la Piscina Mirabilis, che fu la riserva d’acqua della flotta
romana.
Riprendemmo il cammino nei cunicoli osservando con
attenzione le finiture delle pareti spesso contraffortate con
mattoni. Ci sembrava di scendere verso l’inferno per via dei
bagliori delle torce. Anche Maraglino, sempre allegro e
scherzoso, si era fatto cupo e truce.
Il maestro si fermò in un secondo androne e ci chiamò a raccolta.
– Come avete visto, ragazzi, i cunicoli sono larghi per la
necessità di transito dell’uomo, ed essi si diramano in
tutte le direzioni, con lo scopo di alimentare fontane ed
abitazioni situate in diverse aree della Città superiore. A
tratti, sulle pareti, avrete notato le tracce dell’intonaco
idraulico, utilizzato dagli ingegneri dell’antichità per
impermeabilizzare le gallerie. Agli inizi del XVI secolo
il vecchio acquedotto e le moltissime cisterne pluviali
non riuscirono più a soddisfare il bisogno d’acqua della
Città che intanto si era estesa a macchia d’olio e fu così
che il facoltoso nobile napoletano Cesare Carmignano
costruì un nuovo acquedotto.
Camminammo ancora un’ora abbondante e ciò che vedemmo fu
spettacolare. Quando risalimmo ci fermarono nell’ultimo
androne semi illuminato dall’esterno e ci dissero di stare
qualche minuto lì per riabilitare la vista alla luce solare. Le
guide ritirarono le torce che ormai erano quasi esaurite e le
spensero in vasi colmi di sabbia.
Quando fummo fuori, il sole di Napoli ci accecò, ed il rumore
della Città si impossessò nuovamente di noi. Salutammo il
maestro Riggio ed il Direttore che se ne tornavano verso scuola
confabulando tra di loro, mentre noi tornammo a casa nostra
ciascuno per proprio conto.
Grazie maestro Riggio!
Foto tratta da gazzettadinapoli.it
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